Vita e morte di un allegro folletto triste

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1 Novembre 2021

È la notte del 20 aprile del 1991. In un paesino dell’Essex chiamato Arkesden, un gioiello medievale con solo 360 abitanti, una delle case più antiche brucia. Se ne accorge un motociclista che sta facendo un giro in campagna, ma la casa è già una torcia rovente.

I pompieri sono lontani quasi 50 chilometri, ed arrivano quando è troppo tardi. Nelle macerie fumanti i resti di un ragazzo di 44 anni, Steve Marriott, che troppo tardi si era accorto del pericolo ed aveva cercato di raggiungere la finestra, dal suo letto, ed era caduto. Era a casa solo, come sempre, dopo cena, una bottiglia di bourbon ed una sigaretta – per potersi addormentare e ricordare. Ed è la sigaretta, in quella meravigliosa casa di legno, ad aver provocato la tragedia.

Il cottage di Arkasden la mattina dopo l’incendio (1991)

La vita di Steve è bruciata come una candela annegata dalla cocaina e dall’alcool, come molte delle vite dei ragazzi di quegli anni. Il suo tastierista, Ian McLagan, scrive nella propria autobiografia: “Io sono un piccoletto. Ero in sala di incisione quando Steve entrò dalla porta perché voleva un pianista e mi aveva sentito suonare dal corridoio. Mi abbracciò come un turbine, sollevandomi da terra e disse: da oggi in poi saremo fratelli. Un ragazzo solare, straordinario, che purtroppo era travolto da ciò che oggi chiamiamo disturbo bipolare, e che lui peggiorava con gli eccessi – ma è sempre stato affettuoso e leale, ed ha pagato caro per questo”.

Uno dei suoi sette figli, Molly, conferma: “Era sempre triste e stava sempre da solo. Era irraggiungibile per tutti, ed è per questo che, nonostante avesse un successo incredibile con le ragazze, dopo un po’ tutte lo abbandonavano”. Anche perché Steve, come John Lennon, ha usato il proprio successo musicale per sgraffignare quanto sesso possibile, senza badare a spese o ai sentimenti altrui.

Gli Small Faces nel 1967. Steve è il primo da sinistra

È la voglia irrefrenabile di un ragazzino nato malaticcio in una famiglia poverissima di operai che, con gli anni, era riuscita a comprare la licenza per un chiosco ambulante che vendeva anguille in gelatina e torte di riso – cibi che, secondo me, al difuori dell’Inghilterra vengono giustamente considerate violazioni dei diritti umani. Le anguille le ho mangiate a Grimsby, una volta. C’ero andato perché Elton John magnificava quel porto in una sua canzone del disco “Caribou”. Non avevo capito bene il testo: il suo era sarcasmo.

Con il chiosco, la famiglia Marriott si trasferisce in campagna, nell’Essex, e suo padre Bill arrotonda suonando il piano nei pub e, con gli anni, portando con sé suo figlio. Steve, già nell’adolescenza, oltre a lavorare nel chiosco e fare turni sostitutivi in diverse fabbriche, campava come artista di strada e, a volte, ubriaco, invece di tornare a casa dormiva per strada. È il 1959, ed insieme a dei compagni di scuola fonda una band che suona le cover di Buddy Holly, ogni sabato mattina, begli oratori delle chiese del circondario.

Un anno dopo, suo padre legge un annuncio su un giornale: a Londra cercano un ragazzino bravo nel canto che rimpiazzi il protagonista teatrale di “Oliver”, il musical su Oliver Twist. Steve vince il provino e si trasferisce a Londra, e guadagna da solo quanto suo padre non era mai riuscito a guadagnare. Da lì in poi la strada è in discesa: gli incontri giusti, alcune canzoncine in un periodo in cui il rock è ancora giovane e ce la puoi fare con solo tre accordi e la voce giusta, il primo contratto discografico e, grazie a questo, i soldi per mettere insieme una band di professionisti: gli Small Faces.

Steve non ha ancora 18 anni (come i suoi compagni di avventura) e, insieme, scrivono canzoni bellissime, che tra il 1964 ed il 1965 scalano le classifiche inglesi avendo come avversari solo i Beatles degli inizi ed i Kinks. Tra i vari musicisti che provano come apertura ci sono musicisti come David Bowie (lui e Steve avevano un duo di cover chiamato David e Goliath) Robert Plant dei Led Zeppelin e decine di altri, che in quel momento non hanno nemmeno cominciato una vera carriera. Gli Small Faces insegnano a tutti un nuovo rock, indipendente dal blues che, in quegli anni, spadroneggiava a Londra, diverso dallo skiffle della concorrenza di Liverpool, e che, tecnicamente, è un passo avanti a tutti.

Rod Stewart e Jenny Rylance prima che Jenny sposasse Steve Marriott (1966)

Nel 1967 Steve sposa Jenny Rylance. Lei bellissima, era una top model che usciva con il calciatore Rod Stewart. Rod e Steve diventano amici e concorrenti, finché Jenny decide per Steve “perché era un raggio di sole e non avevo ancora visto la sua parte oscura, che poi distruggerà il nostro amore”. Gli eccessi di Steve aumentano con il crescere del successo. Non è un ragazzo litigioso, ma uno che scompare per giorni. In una delle prove per il tour del 1969, mentre lo aspettano e lui non arriva, Rod prova per scherzo a cantare al suo posto: la frittata è fatta. I discografici decidono che Rod Stewart sia migliore e più affidabile, cambiano il nome della band in Faces ed “acquistano” Ron Wood, che poi passerà secoli suonando per i Rolling Stones, ed estromettono Steve Marriott.

Lui ha 23 anni, già una carriera ed alcuni disastri alle spalle, ma incontra Peter Frampton e fonda una nuova band, gli Humble Pie, che partono alla grande, perché il pubblico inglese adora Steve, che nelle interviste è una farfalla, è spiritoso, ed al contrario di molti musicisti dell’epoca sembra il bravo ragazzo che speri che tua figlia possa incontrare. Ma il destino ha già preso la sua piega. Nel 1973 Jenny getta la spugna. Da lì in poi le cose andranno sempre peggio, anche perché Marriott viene ripetutamente fregato dai discografici e, lentamente, smette di scrivere canzoni e di suonare.

Gli Small Faces vengono nominati per la Rock’n’Roll Hall of Fame: in alto a sinistra una piccola foto di Steve. Sul palco la figlia Mollie, Ron Wood e Ian McLagan

Da lì in poi vive con le royalties delle canzoni, che continuano ad essere suonate dalle radio di tutto il mondo e cantando in sala di incisione brani scritti per delle musiche da film, oppure per dei musical teatrali – Steve addestra gli attori che, poi, saliranno sul palco. Ed è il ragazzino di sempre: gentile, mai sbruffone, paziente – finché non gli cresce quell’ombra negli occhi che oramai tutti conoscono, e le prove vengono sospese finché lui non  sta meglio.

Solo nel 1988, 15 anni dopo, quando oramai si è ritirato ad Arkasden con la sua terza moglie, “quasi” smette di bere e riprende a suonare nei baretti di campagna con musicisti incontrati per caso. Jenny, che non lo ha dimenticato, racconta: “Andavo a vederlo suonare di nascosto, ed era tornato il ragazzino di cui tutti ci eravamo innamorati, ma sua moglie mi raccontava che le sue crisi continuavano a peggiorare, per cui lei, spesso, passava del tempo a Londra con le figlie per dargli lo spazio per calmarsi”. Lo ha fatto una volta di troppo, malauguratamente.

TAG:
CAT: costumi sociali, Londra

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