Lettera sul mettere a Regime

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11 Giugno 2020

Cara fb

dici che le guerre, le catastrofi e le epidemie fanno emergere, sì, il peggio ma anche il meglio dell’umanità?

Può darsi.

Tuttavia in occasione dell’unica pandemia planetaria che mi è toccato di vivere, se per caso quel meglio è venuto fuori io non me ne sono accorto. Ciò che ho visto, e vedo ancora, galleggiare in superficie è invece il peggio. In ogni sua forma e dimensione. Mi dirai che sono il solito brontolone ipercritico ma mi sembra che la straordinaria elasticità del copione mediatico abbia reso possibile, grazie al fil rouge del canovaccio epidemico, la creazione di un’opera a tema composta da episodi autonomi ma disposti, tutti, in direzione del botteghino.

L’evolversi degli eventi mi ha ricordato quei film a episodi che furono, se ben ricordo, proprio un’invenzione italiana degli anni ‘60: I mostri, Amore in città, Un giorno in pretura, Accadde al commissariato, Carosello napoletano, Capriccio all’italiana, I complessi…non so, insomma, se hai presente il genere. Ottima regia, attori di prim’ordine, ma anche comparse occasionali e oscuri caratteristi, scritturati a buon prezzo.

L’insieme era esilarante ma istruttivo perché forniva un quadro della società italiana che nessun trattato di sociologia si è rivelato in grado di eguagliare.

Anche stavolta non mancava nulla.

Sentimentalismo appiccicoso spacciato per empatia.

Fiumi di ipocrita cinismo camuffato con gli stracci vecchi della filantropia.

Disponibilità caporalesca a rendersi complici e a farsi delatori.

L’oceanica presunzione con cui qualsiasi imbecille s’è sentito autorizzato a proclamare divieti in nome dell’autorità costituita.

Narcisismo individuale e di gruppo.

E non c’è ragione di credere che il divertimento sia finito.

Il peggio continuerà, credo, a dilagare e a provvedere al nostro svago.

A compensare tutto questo? Quasi nulla.

Anzi quello che poteva apparire come un’ombra di reazione alla pratica del dominio è subito confluito nello scarico del risaputo e della decorazione scenografica.

L’assassinio di George Floyd, crimine di classe quanto le migliaia di morti bianche che ogni giorno avvengono nel mondo (ogni anno 2,2 milioni di lavoratori perdono la vita a causa di infortuni sul lavoro o di malattie professionali…il coronavirus, al confronto, al massimo fa ridere) è stato subito canalizzato dagli argini della chiacchiera interclassista e inoffensiva sui “diritti umani” e sul “siamo tutti fratelli” che ha immediatamente tirato a lucido il libero mercato rimettendolo a nuovo.

Cinematograficamente tuo

ur

p.s.

Tra gli episodi più gustosi segnalo quello in cui il gazzettiere strapagato proprio dal sistema che ha scannato Floyd – e che ogni giorno lavora a maggior gloria di quel sistema – si inginocchia, a beneficio della telecamera, in nome di un logo messo a “Regime” (letteralmente e metaforicamente) : “Black lives matter”.

Proporrei un Oscar al montaggio (joined).

 

TAG: Black Lives Matter, coronavirus, Cultura, giornalismo, italia
CAT: costumi sociali, Media

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