La città verrà distrutta all’alba (Resa dei conti ad Ascoli Piceno)

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4 Giugno 2019

«Quanto pesa l’Unione Sovietica?». 
Stalin lo chiedeva spesso ai suoi, che dovevano rispondere in coro: «Più di tutti». Il terrore è la cifra dei regimi totalitari, quindi, capirete, una domanda del genere era una roba da far gelare il sangue, non si poteva sbagliare risposta.
Quanto pesa Ascoli Piceno? Certo non quanto l’Unione Sovietica, però stiamo parlando di una città di travertino, che pure è bello pesante. Almeno a seconda delle contingenze: a volte pesa di meno, altre pesa di più.
È così che in questo angolo di provincia, troppo a nord per essere sud e troppo a sud per essere nord, domenica si giocherà una partita da osservare con molta attenzione, perché il risultato potrebbe davvero pesare parecchio nel futuro di questo strano paese a forma di scarpa: un ballottaggio tra la destra e il centrodestra. Non è un caso, né uno scherzo del destino, ma un esperimento che servirà a capire se c’è davvero vita senza Berlusconi.
Attenzione, questa non è una considerazione oziosa o un esercizio di stile: vanno bene le europee e i sondaggi, ma adesso qui si vedrà davvero cosa si può fare e cosa no, contando le teste e quindi i voti. Un dato finalmente reale, una battaglia in piccolo su un campione di quasi quarantamila potenziale elettori.

Dieci giorni fa il cav. ha dimostrato quantomeno di avere ancora un considerevole consenso personale (560mila preferenze), anche se poi il resto di Forza Italia non ha ottenuto risultati così entusiasmanti, e quasi è stata superata da Fratelli d’Italia. Certo, Silvio è «larger than life» e questo dovremmo averlo imparato negli ultimi due decenni, ma gli altri sono davvero senza speranza?
Ad Ascoli Piceno il primo turno ha visto arrivare in testa con il 37% Marco Fioravanti, sostenuto da Lega, Fratelli d’Italia, il pezzo meno berlusconiano di Forza Italia e diverse liste civiche più o meno fittizie. Dietro di lui c’è Piero Celani (21%) con il suo esercito di civici, centristi, vecchi lupi di provincia, oltre che il pezzo più berlusconiano di Forza Italia, quelli che praticamente ancora si commuovono cantando «Meno male che Silvio c’è».
Per la cronaca: il centrosinistra è andato malissimo, la coalizione a guida Pd si è fermata al 14% e il centrosinistra senza Pd ha preso il 10%. Insieme sarebbero andati al ballottaggio, è vero, ma facciamola breve: le due anime erano inconciliabili e i voti non si sarebbero mai e poi mai sommati. Colpa di vecchi rancori e di ruggini incrostate da decenni. Nullo, per il resto, il Movimento Cinque Stelle (13%). Non arrivati tutti gli altri, ben al di sotto della soglia di sbarramento.

Fioravanti (al centro) con Giorgia Meloni e Guido Castelli nel 2014

Dicevamo, è possibile un centrodestra senza Forza Italia? Salvini ha annunciato il suo arrivo in città a sostegno di Fioravanti, con cui si farà un giro al mercato (e la Digos ha blindato il centro storico per l’occasione, diffondendo tra l’altro notizie vagamente inquietanti) dopo aver riempito piazza del Popolo qualche settimana fa (con qualche problemino di Siae allegato). Verrà anche Giorgia Meloni, sempre per Fioravanti, che è un esponente di Fratelli d’Italia e che, negli ultimi tempi, pare essere una delle persone più baciate dalla fortuna di questo mondo, uno dei rari politici che riescono a perderle tutte e ai quali, nonostante tutto, viene sempre data un’altra possibilità: 36 anni, sconfitto clamorosamente alle politiche del 2018, riciclato come candidato sindaco e «avatar» di Guido Castelli, che primo cittadino lo è stato nell’ultimo decennio e che l’anno prossimo si appresta a strappare al centrosinistra la vittoria alle regionali. Castelli è una figura centrale in questa fase: Fioravanti è sì stato scelto dal mitologico «tavolo romano» del centrodestra, ma è soprattutto una sua creatura, un erede politico o, come dicono i soliti maligni, un nessuno facile da manipolare. Girano voci gustosamente crudeli, in questo senso: si dice che in quest’ultima settimana Castelli abbia sostanzialmente commissariato la campagna elettorale di Fioravanti, impedendogli di partecipare a confronti pubblici con l’altro candidato e seguendolo passo dopo passo nei vari appuntamenti in giro per la città. Il sospetto, non del tutto infondato, è che più Fioravanti parla e più perde voti.

La vittoria di Celani alle comunali di Ascoli del 1999

Celani, dal canto suo, è uno dei pochi esponenti di Forza Italia che ha consenso personale e che politicamente esisterebbe anche senza Berlusconi. Per questo la sua posizione è interessante per rispondere alla nostra domanda sulla possibilità di un futuro postberlusconiano per i berlusconiani.
Certo, il primo turno è andato benino ma non benissimo: il 21% è un risultato decoroso ma non clamoroso, abbastanza per raggiungere il ballottaggio ma per vincere bisognerà correre molto più forte. Come? Al netto delle frasi e delle smentite di circostanza, sembra che il centrosinistra sia pronto a votare in massa per lui, anche perché una sua vittoria potrebbe azzoppare fatalmente la candidatura di Castelli alle regionali, con il centrosinistra in crisi che tornerebbe a sorpresa in corsa.
D’altra parte, se la distanza da Fioravanti è consistente, anche la distanza di Fioravanti dal quorum lo è. Al centrodestra della Lega e di Fratelli d’Italia non basterà confermare i voti del primo turno per vincere, ne serviranno di altri e non è chiarissimo dove li andrebbero a prendere. Insomma, la partita è aperta, e come si dice sempre in questi casi, si riparte dallo zero a zero.
I temi locali – al netto di qualche noiosa discussione sui parcheggi a pagamento e di qualche frase di troppo sulla sopravvivenza dell’ospedale – non sono molto importanti e tutti pensano più in grande, perché, con una punta di megalomania, la convinzione che il risultato di Ascoli peserà parecchio è diffusa. Si sentono tutti Bismarck e Richelieu nei bar: è persino divertente, tutto sommato.
Il nervosismo in città è palpabile: gli scambi di accuse sono continui, e anche qualcosina di più.

Una storia indicativa, perché se c’è una cosa che ci hanno insegnato i lirici greci è che nella tragedia non può mai mancare un tocco di grottesco. Qualche tempo fa un candidato di Celani ha dichiarato di essere stato aggredito da un candidato di Fioravanti. Foto su Facebook dell’attesa al pronto soccorso, denunce, presunte immagini immortalate dalle telecamere di sorveglianza del centro. In realtà il brutale agguato pare sia stato un banale calcione nel sedere, sferrato da un ragazzo di buona famiglia, già stella non molto luminosa del calcio dilettantistico locale soprannominato Bobo (come Vieri, ma lasciamo perdere) inserito nella lista dei non berlusconiani di Forza Italia, «Scelta responsabile», nome che rimanda fatalmente al fu movimento di Scilipoti (ve lo ricordate?). Sarebbe un capolavoro di situazionismo se non fosse che il battesimo è stato probabilmente involontario, e d’altra parte, quasi per definizione, il tragico grottesco ascolano evoca a sé anche la fondamentale categoria della farsa.
Comunque, l’aggredito dopo la visita al pronto soccorso e la segnalazione alle forze dell’ordine, ha fatto sapere di non essere più in grado di proseguire la sua campagna. A suggello di una situazione che avrebbe molto divertito Beckett e Ionesco bisogna aggiungere che il doloroso annuncio è stato fatto a meno di un’ora dall’inizio del silenzio elettorale.

Ma torniamo alla megalomania e al pensiero che le elezioni ascolane abbiano davvero un peso per il mondo come l’Unione Sovietica di Stalin. Il discorso non è campato in aria, e se come pare la crisi del governo si farà irreversibile, ad Ascoli si potrà capire se è davvero possibile un’affermazione della destra-destra, senza quei tediosi liberali, un po’ affaristi e un po’ furbacchioni, convinti del fatto che il cav. sia immortale e che alla fine tutti quanti torneranno all’ovile. Non serve uno scienziato per capire che probabilmente il vento a destra è cambiato per sempre, ma è sempre meglio fugare ogni dubbio. Oppure no?
Intendiamoci: né Salvini, né Meloni, né Berlusconi perderanno il sonno per quello che accadrà all’ombra delle Cento Torri, ma di certo i risultati saranno letti come un termometro per il futuro.
Le incertezze del calcolo politico, a breve, andranno a sbattere con le sicurezze dell’aritmetica. Alla fine, come monsieur de Lapalisse che cinque minuti prima di morire era ancora vivo, domenica vincerà chi prende un voto in più dell’avversario. La distanza di Fioravanti dal quorum è uguale alla distanza tra Celani e Fioravanti. Risolvere l’equazione vuol dire scoprire il nome del nuovo sindaco di Ascoli.

Che poi, va be’, «nuovo» è una parola grossa.

[Illustrazione in copertina di Mimì Giovannozzi]

TAG: Ascoli Piceno, ballottaggio, berlusconi, centrodestra, comunali ascoli, destra, lega
CAT: costumi sociali, Partiti e politici

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