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Benessere

La grattarola dei perdenti

di Maurizio Baruffaldi
1 Settembre 2017

Entro in un autogrill. Mi metto in fila per fare lo scontrino e bere finalmente il caffè che alza la palpebra. Osservo la cassiera perché ho fretta, e noto che dopo aver battuto le ordinazioni resta con la mano sospesa sulla cassa e spalanca gli occhioni. – Lo prendiamo un bel grattaevinci fortunato? – Pure quello fortunato, ti garantisce. Quando è il mio turno si ripete precisa e io le rispondo ruvido: – Manco morto! -. Non vuol dire nulla, da morto smetti di pagare, ma così mi è uscito. Lei non fa una piega e sposta l’attenzione al prossimo che incalza. Lo stesso mi è successo in un tabaccaio di un centro commerciale, e pure allo sportello delle Poste, dove l’invito è più discreto ma costante. Forse imposto per contratto, forse con piccola percentuale. In pratica, ovunque tu metta mano al portafoglio qualcuno ti spingerà a ‘fare una grattatina’. Qualcuno, oppure qualcosa: i tagliandi del prurito sono in vetrina anche nei distributori automatici, ammiccano di fianco alle bionde, si sfidano sul chi nuoce di più, e cadono come foglie rigide tra le tue mani. Visto che però hai sempre in mano uno smartphone puoi anche grattare con un delicato touch, spalmato sul divano o seduto sulla tazza del water. Insomma, non puoi sfuggire alla tentazione fatalista. Nemmeno staccandoti dalle miserie terrene. Su un volo molto lowcost per la Grecia, per tutta la durata della passerella mercatino (preferiamo così, piuttosto che pagare il triplo il biglietto) i due in divisa, un lui e una lei distaccati e appiccicosi allo stesso tempo, dopo aver proposto qualcosa da mangiare e bere, la grande rassegna di profumi scontatissimi con tanto di volantino e una specie di olio naturale miracoloso si sono giocati il jolly in fase di atterraggio: dieci grattaevinci al prezzo di cinque; oppure uno a metà prezzo, più o meno. E lì le vendite hanno ripreso il volo.
La tanto sbandierata legge 21 ottobre 2013 n.8 per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico soffia contro un tornado, poverina. Scoreggina dello stesso Stato schizofrenico: da una parte i suoi monopoli e dall’altra spinto a partorire strutture per guarire dalla ludopatia: quella dipendenza che dilaga, soprattutto tra i pensionati, e che distrugge vite e famiglie, silenziosa come solo le droghe migliori sanno fare. Ma non è solo questione economica, e medica di conseguenza. Dietro questo ostinato aumento del gioco d’azzardo basico e infame c’è una modo d’essere che vince, più dei montepremi. Irresistibile per l’italiota la speranza passiva, la svolta senza far nulla, sorta di tensione religiosa verso il miracolo, in quel gesto da lebbroso che pompa un’adrenalina lampo, subito sconfitta. Liquidare la pratica come un gioco innocuo, quasi un passatempo, significa ignorare che sia diventato per troppi (Stato compreso) il grattare di una rogna. – Fai grattare al bambino, che ha la mano innocente -, ho sentito dire dalla madre del piccolo a quella che doveva essere la nonna, che aveva appena acquistato un pezzo da 10 euro. Si tramanda una nuova tradizione che umilia il futuro. Futuro che vive sì della scommessa, ma quella vera comprende una scelta e un rischio. Mentre in ogni grattaevinci c’è solo il seme di una cultura da perdenti.

 

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