Forse il Coronavirus aiuterà gli Italiani a guarire dall’egocentrismo. Forse

:
2 Marzo 2020

È diventato evidente con quei “Muoiono solo gli anziani”. Qualcuno ha capito che era un po’ troppo liquidarla così. E si è messo con pazienza a spiegare che magari quegli anziani erano i nonni o i genitori di qualcuno, o più semplicemente persone, con nessuna voglia di morire. E poi il discorso immunodepressi: sì, per noi (sempre che sia vero) il Coronavirus sarà anche “una semplice influenza”, ma per loro no. Non ammalarci noi, evitare di essere veicolo del virus, significa proteggere gli anziani, gli immunodepressi e, in generale, le fasce deboli. E infine il discorso ospedali: contenere il contagio di COVID-19 serve a non intasare le strutture ospedaliere, a non soffocare i reparti rianimazione. Preoccuparsi sempre, preoccuparci tutti, di questa “semplice influenza” non è inutile allarmismo ma senso di responsabilità. Anche e soprattutto verso gli altri. Ma è sempre difficile spiegare agli Italiani che, se non si è coinvolti in prima persona, non deve scattare automaticamente il disinteresse.

Siamo il popolo dell’individualismo sfrenato, del “Non mi riguarda”, del “Tanto non mi vedono” e del “Finché non mi beccano”. Battutone sull’Amuchina e gare a chi la spara più grossa con i meme. Accuse diffuse alla stampa, secondo molti rea di “seminare il panico”, e ancor più diffusa ignoranza su come si gestiscono le emergenze. Che tanto, a quelle, ci pensano gli altri. E a chi dice che la difficoltà a guardare oltre il proprio naso, a curarsi degli altri, è figlia di capitalismo e neoliberismo, insomma figlia dell’oggi (che tempi, signora mia), tocca ricordare che Guicciardini parlava della nostra ossessione per il particulare già parecchi secoli fa.

Prendiamo le mascherine. «Servono a proteggere gli altri, mica te!» spiega quello che la sa lunga: come se proteggere gli altri fosse una sciocchezza, una cosa inutile, una precauzione un po’ da fessi. In Paesi con un più forte senso della comunità, come il Giappone, le mascherine si usano proprio per senso di responsabilità verso il prossimo, per esempio da parte di chi è influenzato ma va a lavorare ugualmente (a sua volta un grande errore e una forma di “eroismo” che, specie di questi tempi, sarebbe intelligente risparmiarsi). Noi invece abbiamo bisogno degli appelli sui social di chi ci chiede di lasciargliene qualcuna, ci esorta a ricordarci di loro, e indirettamente ci ricorda anche che siamo parte di una società. Teoricamente civile. Lavarsi le mani: forse è la volta buona che si impara a farlo per proteggere se stessi dai germi altrui, ma anche gli altri dai propri. E se proprio degli altri non frega niente, ricordarsi del discorsetto sulla necessità di non intasare, per colpa della propria noncuranza, gli ospedali e i pronto soccorso. Che quelli, prima o poi, servono a tutti: non solo agli altri.

TAG: comunità, coronavirus, egocentrismo, Individualismo, mascherine
CAT: costumi sociali, salute e benessere

7 Commenti

Devi fare per commentare, è semplice e veloce.

  1. massimo-crispi 4 anni fa

    Quindi, leggendo il suo intervento, il comportamento altruista sarebbe da avere per qualsiasi cosa. Anche per la semplice influenza, il semplice raffreddore, la semplice tosse, qualsiasi cosa fosse contagiosa. Quindi, coronavirus o altro virus, la mascherina mettiamola sempre, non abbracciamoci più, non stringiamoci più la mano, meno che mai baciamoci affettuosamente, perché alla fine, per rispetto agli altri potremmo in qualsiasi momento contagiarli di qualcosa che noi potremmo anche non sapere di avere. Sconvolgiamo completamente i nostri costumi sociali, soprattutto quelli empatici, perché sono una mancanza di responsabilità. Il coronavirus ci dovrebbe salvare da questo supposto egocentrismo. Fermiamoci quindi analogamente a pensare se, avendo coscienza di quanto inquina un’automobile, tutte le persone che la usano o che sono costrette a usarla e che hanno, ahimè, solamente quella a benzina o diesel o comunque a combustibile fossile, dovrebbero smettere di usarla e di andare a piedi o in bicicletta anche sotto la pioggia battente o la tormenta di neve, perché questo è rispettare gli altri e non egocentrismo. Così non si inquina ed è per il bene comune. Però si inquina anche andando in autobus, in treno e in aereo. Solo a piedi o con mezzi a propulsione muscolare ma nemmeno, perché si deve considerare il ciclo vitale dell’oggetto e ciò significa l’estrazione del materiale di costruzione per quell’oggetto, la costruzione (che significa fabbriche, con energia per produrre le biciclette o i monopattini, per esempio, ma anche i vagoni e le motrici dei treni, i sedili, i vetri dei finestrini, tutti i cavi elettrici, eccetera) per non parlare dell’elettricità – che viene prodotta con combustibili fossili – che serve per farli muovere. Quindi smettiamo di esistere perché è la soluzione migliore per il pianeta. Smettiamo di respirare perché anche questo produce CO2, e questo è un gesto irresponsabile, perché produce danni enormi all’ambiente. E guai a mettere il brik del latte insieme alle lattine se nel comune dove viene fatta la differenziata non è previsto (ma nessuno lo sa) ma poi non ci sono abbastanza discariche attrezzate per smaltire realmente ciò che viene differenziato, mettendo l’azienda, alla fine, ogni rifiuto insieme. Guai, perché si danneggia l’ambiente. È egocentrismo. Ovviamente è sintomo di egocentrismo anche sedersi al cinema o a teatro davanti a una persona più bassa che non vede niente perché tu sei magari una montagna. Meglio rinunciare ad andare a teatro, solo per non manifestare l’egocentrismo. Leggo che intasare i pronto soccorso è una forma di egocentrismo per la propria noncuranza. Non è che magari il numero di presidi di pronto soccorso è inferiore alla necessità reale di un paese civile, no, la colpa è sempre dell’utente e della sua negligenza, come se uno andasse a fare una gita in massa al pronto soccorso solo perché è un luogo ameno e dove si possono passare piacevolmente tre o quattro ore, se va bene. Un luogo per socializzare. Io credo che sia un egocentrismo quest’eccessivo attaccamento al sé e a considerarsi responsabile e quindi “migliore” solo adottando dei comportamenti che, soprattutto in momenti come questo, sono al limite dello psicotico. C’è un limite, credo. Il sentirsi costantemente in colpa per qualcosa è una patologia ed è un atteggiamento indotto da messaggi continui da parte dei media e da un’educazione bigotta che del senso di colpa ha fatto la sua cifra per millenni, per controllare l’individuo fin dall’infanzia. Una cosa è la responsabilità, altra cosa è la fatalità. Io sono un soggetto a rischio per molte cose, perché ho patologie polmonari, ma non mi verrebbe mai in mente di dare la colpa a un’altra persona se mi ha contagiato con un virus (a meno che non sia a causa di una guerra batteriologica, e lì il responsabile non sarebbe una persona ma un sistema di potere). Fa parte della vita, e se dovessi iniziare a pensare che se mi ammalassi la causa sarebbe l’egocentrismo degli altri perché irresponsabili considererei me stesso un imbecille. Io non posso farci nulla se ho queste patologie, le ho e basta. E non vivo sotto una campana di vetro perché non sarebbe vivere, sarebbe vegetare in una serra. Ma questo è come la vedo io. Per analogia allora dovremmo tutti sentirci in colpa per aver foraggiato governi su governi che non fanno altro che sfruttare altri continenti e i loro sistemi produttivi, lasciando nell’indigenza miliardi di persone. Questo che cos’è? Altruismo? Allora, se volessimo essere coerenti e responsabili dovremmo presentarci in parlamento e usare una mitraglietta per estinguerlo, visto che le leggi, nazionali e comunitarie vengono fatte lì, e queste leggi prevedono anche la posizione dei nostri stati rispetto agli altri continenti colonizzati. La responsabilità di ciò che il nostro paese è dipende anche dal nostro voto, secondo un ragionamento approfondito sulle responsabilità. Vogliamo concentrarci adesso solo sulla mascherina o sull’amuchina e colpevolizzare chi ci scherza su? Come lei giustamente ha notato i giapponesi usano la mascherina anche quando vanno al lavoro coll’influenza, anziché starsene a casa, ma lei li mette tra i responsabili. Ma può darsi che siano obbligati ad andare a lavorare lo stesso e non andandoci rischierebbero il licenziamento (conosce il karoshi? Conosce come si concepisce il lavoro in Giappone? Conosce quante ore di straordinario non pagato al mese sono costretti a fare gli impiegati?)? O che semplicemente usino la mascherina come alibi? O che semplicemente la usino perché la loro aria urbana è talmente carica di polveri sottili che è meglio usarla? Oppure per nascondere la propria faccia e mantenere l’anonimato? Oppure semplicemente perché vien detto di usare la mascherina e i giapponesi che non sono polemici (né analitici) come noi la usano e basta? Qual è l’interpretazione che si può dare all’uso di una mascherina? Il Giappone, che secondo molti è un paese che ha un forte senso della comunità, è quello che, per esempio, ha costruito delle centrali nucleari in luoghi strasismici senza adeguata manutenzione e il risultato disastroso per tutti si è visto coll’ultimo devastante terremoto corredato di tsunami. Tutto questo per l’egocentrismo dei giapponesi che vogliono energia, energia, energia per consumare, consumare, consumare. Nessuno ha protestato per chiuderle, quelle centrali, che sono ancora lì. Quindi sono tutti irresponsabili, o complici. Guardi com’è stata gestita la nave da crociera a Yokoama… Dove sta il confine tra responsabilità e coscienza dell’egocentrismo? Tornando al coronavirus, un atteggiamento “responsabile”, secondo il comune criterio di “responsabilità”, sarebbe quindi chiudersi in casa per un anno ed evitare qualsiasi tipo di contatto con chicchessia, perché uno potrebbe infettare una persona non sapendolo e poi continuare la reclusione qualora arrivasse un altro virus, influenzale o d’altra natura, in un eremitaggio volontario all’infinito. L’egocentrismo, forse, può anche essere quello di chi giudica egocentrici sempre gli altri, unicamente perché vede solo la propria realtà che ha un raggio di pochi metri. Io proporrei di essere un po’ meno rigidi e di rilassarsi, senza lasciarsi andare alle psicosi, che è proprio ciò che il potere brama e fomenta. Inoltre, se proprio il potere volesse fare informazione corretta, codeste mascherine monouso o anche quelle leggermente più sofisticate, non servono a un bel niente, perché i virus passano lo stesso, proprio per la dimensione dei virus: tra 20 e 300 nanometri. I batteri invece sono un po’ più grandi e in parte vengono fermati. E non lo dico io che non sono nessuno ma l’OMS. Qualsiasi medico lo direbbe. Anche la dottoressa Gismondo, del Sacco, a domanda specifica ha risposto che non servono a nulla. Per fermare i virus ci vogliono delle maschere assai più sofisticate e con filtri speciali che non sono quelle esaurite ovunque, quelle che usano i giapponesi per andare in metrò. Anche il metodo analitico viene bloccato dalle mascherine perché viene tutto filtrato attraverso l’emotività. Ecco cosa succede quando sfugge dal controllo ciò che si voleva controllare con le mascherine le quali, semanticamente, portano nel nome il significato di mascherare soprattutto la mancanza di analisi e un’ipocrisia, quest’ultima particolarmente egocentrica.

    Rispondi 0 1
  2. marinanasi 4 anni fa

    Gentile Massimo, grazie per il contributo (sintetico, costruttivo e di agile lettura). Al di là delle provocazioni fini a sé stesse, trovo in realtà che comprenda anche spunti interessanti. Mi sento solo di rispedire al mittente la poco velata (e poco elegante) accusa di psicosi: se davvero, al di là del desiderio di fare esercizio retorico, non riesce a intravedere le tante sfumature intermedie che intercorrono tra il fregarsene degli altri e la preoccupazione ossessiva, temo che qualche problemino lo abbia lei. Detto questo, il mio era solo un invito alla riflessione, non certo un editto: mai mi sognerei di toglierle il suo sacrosanto diritto di starnutire in faccia al prossimo.

    Rispondi 0 0
  3. xxnews 4 anni fa

    non ci scommetterei neppure un centesimo … sarebbe perduto
    basta pensare che alcuni , non ti rispondono neppure al citofono , pur sapendo chi sei , che altri continuano a fare incetta di alcool amuchina disinfettanti vari e tentano di rivenderli a prezzi moltiplicati … se vedono un orientale da lontano URLANO “DALLI AL CINESE” anche se è un polinesiano …. O SUDAMERICANO
    LA DEMENZa SENILE è UN MORBO MOLTO DIFFUSO IN ITALIA

    Rispondi 0 0
  4. xxnews 4 anni fa

    aggiungo . pur essendo protetto , a me è successo anche in famiglia

    Rispondi 0 0
  5. massimo-crispi 4 anni fa

    A marinanasi
    Evidentemente il mio contributo sintetico, costruttivo e di agile lettura non lo ha letto abbastanza approfonditamente perché potrebbe trovarvi molti altri interessanti spunti di riflessione. Io non ho mai espresso il desiderio di starnutire in faccia a nessuno, ma se vuole, la prossima volta che ci incontreremo, lo farò.

    Rispondi 0 1
  6. Marina Nasi 4 anni fa

    Che cosa triste perseverare con questo atteggiamento, adesso. Che replica inutile e volgare.

    Rispondi 0 0
  7. massimo-crispi 4 anni fa

    vede signora Marina Nasi, la volgarità è stata la sua, che mi ha attribuito un preciso desiderio di libertà di starnutire addosso al prossimo, non mia. Ci rifletta nelle sue meditazioni yoga. Può darsi che se ne renderà conto. O forse no, perché tanto quelli volgari sono sempre gli altri, quelli egocentrici sono sempre gli altri, sempre gli altri. Lo sa che anche questo modo di pensare è una forma di egocentrismo? Se volessimo analizzarlo potrebbe essere proficuo.

    Rispondi 0 0
CARICAMENTO...