L’ assessore, la legalità e il fancazzismo in Campidoglio

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25 Marzo 2016

“Quando mi hanno chiesto di fare l’ assessore ‘alla legalità’ mi sono detto: ‘ma che incarico è?’ Poi ho capito. Appena arrivato, mi sono reso subito conto di quanto fosse complessa la situazione.”

A parlare è Alfonso Sabella, magistrato impegnato per anni nell’ antimafia che, a seguito dell’ inchiesta ‘Mondo di mezzo’ che ha scoperchiato la pentolaccia di Mafia Capitale, è stato chiamato a fine 2014 dall’ allora sindaco di Roma Ignazio Marino, a capo del neonato ‘Assessorato alla Legalità’ del Comune. Un’ esperienza terminata a ottobre scorso con la caduta della giunta, che l’ ex ‘cacciatore di mafiosi’ racconta nel libro “Capitale Infetta”, edito da Rizzoli.

“A mio avviso il governo ha fatto bene a non sciogliere il Comune di Roma per mafia, perché le infiltrazioni a Roma possono definirsi solo parzialmente mafiose. Certo è che, per quello che ho visto, problemi ce ne erano tanti. Innanzitutto il fatto che in Campidoglio dominava il ‘fancazzismo’ e la filosofia dell’ ‘ad culum parandum’ cioè, non fare niente per non prendersi responsabilità e non correre alcun rischio.” spiega Sabella in occasione della presentazione del suo libro al festival “Libri Come”, iniziando così il racconto sconfortante, a tratti grottesco, di chi è entrato nei meandri della macchina burocratica che governa la città più’ grande e complessa d’ Italia, con i suoi tre milioni di abitanti e un’ estensione territoriale che è sette volte quella di Milano.

“Sono entrato in carica il 23 dicembre 2014. Il 28 dicembre mi sono ritrovato nel mio ufficio un dirigente che mi annunciava che il 31 sarebbero scaduti i contratti dei residence usati dal comune per fronteggiare l’ emergenza abitativa. Mi disse ‘Lo sappiamo che è illegale prorogare il contratto, ma a questo punto, cosa dobbiamo fare? Mica possiamo lasciare tutte quelle famiglie in mezzo a una strada?! Ci vogliono 7-8 mesi per un bando..’ E io, ovviamente mi sono chiesto, ‘ma come è possibile che se ne accorgano adesso? Che hanno fatto in proposito in questi mesi?’. Mi sono praticamente reso conto da subito che in Campidoglio imperava il metodo dell’ ‘emergenza programmata’.” Secondo l’ ex assessore, ‘emergenza’ è stata la parola magica che ha consentito per anni di saltare le procedure legali, creando le condizioni per gli affidi diretti, l’ humus in cui ha proliferato il malaffare di Mafia Capitale.

“E’ un sistema”, prosegue il magistrato, “abbiamo decine di esempi: l’ emergenza buche, l’ emergenza caditoie, l’ emergenza rifiuti, e vogliamo parlare dell’ emergenza guano, per la quale ci siamo fatti ridere dietro da tutta Italia? Se ogni anno si ripresenta il problema, perché non predisporsi per tempo? Non si può dire che non si sapeva, perché già alle scuole elementari ci insegnano che d’ inverno gli uccelli migrano a sud. E l’ inverno arriva tutti gli anni, e tutti gli anni, puntuali, gli uccelli che migrano fanno tappa sugli alberi del lungotevere.  Ma ogni volta scopriamo l’ emergenza. E, nelle logiche dell’ emergenza, le mafie ci sguazzano.”

La fotografia del Campidoglio che ha scattato la relazione dell’ Anac (autorità nazionale anticorruzione) di Raffaele Cantone lo scorso 10 marzo è “impietosa, cruda, ma addirittura quasi benevola rispetto a quello che trovai io”, dice  Sabella.  “In Campidoglio ho riscontrato una proporzione di dieci appalti assegnati ad evidenza pubblica contro diecimila tramite affido diretto, questo era il livello di illegalità diffusa in cui dovevamo muoverci. Da subito ho tentato di metter mano alla situazione tramite una direttiva. Un giorno mi chiama un Capo Dipartimento, cioè il funzionario più’ alto a capo del settore di competenza, e mi chiede ‘Ma, assessore scusi, la gara ad evidenza pubblica, va pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale?’ Una domanda che mi ha lasciato sbigottito: era evidente che questo signore, una gara ad evidenza pubblica, non l’ aveva fatta mai, eppure era arrivato ad essere Capo Dipartimento.”

E qui arriviamo a un altro punto debole dell’ amministrazione capitolina secondo Sabella: la preparazione. “C’era un problema di professionalità; ho trovato chi gestisce la cosa pubblica di questa città, in linea di massima, impreparato. Io credo che bisogna sempre partire dalle persone per affrontare i problemi. La peggiore norma di questo mondo, applicata da una persona preparata, dà risultati migliori di quella migliore messa nelle mani di persone che nel migliore dei casi sono impreparate, nel peggiore condizionate da interessi esterni. E’ per questo che è pericoloso ignorare il merito e avere nella pubblica amministrazione persone entrate solo sulla base di segnalazioni politiche o, ancora peggio, di organizzazioni criminali. In quel caso, anche la legge migliore del mondo non serve. Rimanendo sulla professionalità, al Comune di Roma ho trovato un diffuso problema di formazione, qualcosa che viene sempre sottovalutato. Non avendo fondi mi sono industriato, ho chiesto ad amici magistrati che si sono prestati a tenere corsi gratuiti per il personale.  La cultura e l’ irrobustimento delle competenze però, dovrebbero sempre essere considerate quello che sono: importanti misure anticorruzione.  Sapete dove prolifera la mafia? Nelle zone dove manca la conoscenza, la preparazione, la cultura in senso lato che fa il cittadino, perché gli dà la consapevolezza delle sue capacità e dei suoi diritti che poi, certo, devono essere garantiti dallo stato. Dove queste condizioni  si realizzano appieno, le mafie non ci mettono il naso, perché non ci sono persone che si lasciano intimidire facilmente.”

La preparazione e l’ impegno di chi si occupa di far funzionare la macchina pubblica, si rispecchiano nel modo in cui si vive in città, sottolinea l’ ex assessore: “Avere più qualità in Campidoglio, vuol dire avere più qualità nei servizi ai cittadini. Ma a me è sembrato che i dipendenti di qualità raramente arrivano alle stanze dei bottoni. Ci tengo infatti anche a dire che ci sono tanti funzionari capaci e preparati, ma la maggior parte di queste persone, purtroppo, l’ ho trovata relegata nei sottoscala. Gente che segue alla lettera l’ articolo 54, comma II della nostra Costituzione, in cui si usano due importanti parole: ‘disciplina’ e ‘onore’ ( “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.” ndr). ‘Disciplina’ vuol dire ‘rigoroso rispetto delle leggi’,  ‘onore’ vuol dire ‘prestigio e dignità dell’ istituzione’. Ecco, se chi si trova ad amministrare lo fa seguendo sempre questi principi, non ci sono Carminati che tengano.”

 

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CAT: Criminalità, Roma

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