Cinema
Essenza o assenza? Quando le allitterazioni non sono minuzie
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“Credo nel rumore di chi sa tacere
Credo a quel tale
Che dice in giro
Che l’amore porta amore credo”
Quando si parla di costituzione, mi piacerebbe sapere se si riferisce a quella corporea, brevilinea o longinlinea, o al corpus iuris cvilis.
Tale locuzione indica la raccolta ufficiale dei testi normativi fondamentali, fatta eseguire dall’imperatore Giustiniano I, e condotta a termine da Triboniano e da altri sedici collaboratori dal 528 al 533. Il (—) è un’imponente compendio di tutte le leggi emanate prima di Giustiniano, di tutti i materiali legislativi e giurisprudenziali circolanti da tempo, nonchè delle leggi promulgate dallo stesso imperatore. È distribuito i cinque volumi, di cui i primi tre contengono il Digesto (Digesta seu Pandectae), il quarto contiene il codice giustinianeo (Novus Iustinianus Codex e poi Codex repetitae praelectionis) ed il quinto contiene le Istituzioni (Institutiones Iustiniani sive Elementa) e le Novelle (Novellae).
Il Digesto, iniziato nel 530 ed entrato in vigore il 30 dicembre 533, è diviso in cinquanta libri e riassume gli scritti più importanti dei giuristi classici, opportunamente manipolati per essere adeguati all’evoluzione del diritto ed essere emendati del loro contenuto contraddittorio o ripetitivo.
Chi è abituato a lavorare modellando forme su un tornio, sa come creare un vaso, che sia un complemento d’arredo, o una tazza da notte. Sa che può riempire spazi ampi o piccoli spazi. Nell’immaginario cinematografico è rimasta storica la scena abbastanza sensuale in cui Demi Moore e Patrick Swazy lavorano l’argilla al tornio. Si trattava di Ghost, il fantasma che continuerà a ritornare nei suoi sogni anche dopo la morte. Capisco che una tale forma fisica sia indimenticabile, se penso poi a come quel corpo si muoveva sinuosamente in Dirty Dancing, comprendo i turbamenti creati nelle attrici con cui recitava.
Il mio lavoro non prevede i piccoli spazi tanto meno la pubblicità, diversamente avrei fatto la pornostar, né tanto meno faccio un lavoro che si svolge nei campi, così come facevano le mondine nelle risaie.
I tetti non li ho mai frequentati, capisco che per i fans di Liz Taylor sia un film indimenticabile.
Ricordo invece, di Dirty Dancing, la battuta: “Nessuno può mettere Baby in un angolo” e di “La gatta sul tetto che scotta”, la scena bellissima in cui Paul Newman, disgustato da un fratello che pensa all’eredità del padre malato di cancro, affronta il padre che si è circondato durante l’intera vita di oggetti preziosi e gli rinfaccia di avergli sottratto l’unico bene di cui aveva bisogno: l’amore.
Nelle mie associazioni mentali, il cavallo di Troia è una macchina da guerra che, secondo la leggenda, fu usata dai greci per espugnare la città di Troia. Questo termine è entrato nell’uso letterario, ma anche nel linguaggio comune, per indicare uno stratagemma con cui penetrare le difese.
Nell’opera di scavo, riappare alla mia memoria “Only connect”, il libro che mio fratello usava alle superiori. Francesco Rodorigo era il suo insegnante, e anche il mio all’università. Di lui ne ammiravo l’intelletto, l’elegante simpatia e la cordialità.
Per quelli attenti all’uso del linguaggio, un “accidente” non è solo un avvenimento fortuito, ma nella filosofia aristotelico-scolastica indica una determinazione o qualità che non appartiene all’essenza di un oggetto. La scuola non è fatta di vetrine per pubblicizzare un prodotto; la serietà, la capacità di cogliere l’umano, di sapersi raccontare senza finzione sono presupposti imprescindibili da ogni forma di insegnamento.
In foto: Joan Mirò
Personnages et oiseau
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