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Letteratura

In debito con il caso

di Filippo Cusumano
12 Ottobre 2018

(1992) L’aereo è atterrato in ritardo. E anche la restituzione dei bagagli é stata lentissima e laboriosa.
Il piazzale di fronte all’aereoporto è vuoto, neanche l’ombra di un taxi.
“Per fortuna ho questo” penso, pescando dalla tasca del soprabito il cellulare, pesante come un mattone e quasi altrettanto grande, che pochi giorni prima ho avuto in dotazione dall’azienda.
Un po’ ancora mi vergogno. Lo abbiamo in pochissimi, quel “mattone” e usarlo mi sembra un segno di ostentazione.
Ma non ho scelta.
Faccio il numero del radiotaxi.
“Arriva Palermo 51 tra dieci minuti” mi risponde l’operatore.
All’arrivo di Palermo 51, avvicinandomi al taxi per prendervi posto, vengo apostrofato con furore da un signore di una sessantina d’anni: “Guardi che ero qui da molto tempo prima di lei!”
Metto a fuoco l’interlocutore, riconoscendolo immediatamente. E’ uno degli uomini politici più in vista della città, responsabile in Parlamento di un’importante Commissione.
“Senatore, guardi che si sbaglia, ho chiamato io il radio taxi, dando nome e cognome e questo non è un taxi qualsiasi, ma quello che mi è stato assegnato. Se vuole ne chieda conferma al conducente…”
“Sì, sì!, Volete sempre avere ragione voi!”
“Noi chi, senatore?”
In quel momento mi si avvicina una signora.
“Mi dica che sta andando a piazzale Roma”, dice con tono supplichevole.
“Sto andando proprio là!”.
“Mi dia un passaggio, allora, facciamo a metà del prezzo della corsa!”
“Si accomodi”.
Per qualche minuto rimaniamo in silenzio.
Appoggiata allo schienale del sedile, lei ha il cappotto appoggiato sulle spalle, le maniche vuote.
Ad un certo punto si gira verso di me e sbuffa: “Dio, come mi stressano i viaggi!”
Mi limito ad annuire.
“Quelli in aereo, poi”, aggiunge lei, “mi mettono angoscia più di tutti. Mi sembra sempre che l’aereo possa schiantarsi da qualche parte da un momento all’altro!”
“L’aereo è il mezzo statisticamente più sicuro”, rispondo, cercando di tagliar corto.
“Sarà anche così, ma a me è successa una cosa tremenda, una cosa che non riesco a non pensare tutte le volte che prendo un volo…”
“Cioè?”
“Ero di passaggio a Roma, diretta a Palermo. Avevo prenotato un aereo che partiva da Fiumicino quella sera. Passo la giornata con un vecchio amico, uno con il quale, ai tempi dell’università avevo pure avuto una mezza storia. Tra una cosa e l’altra rientro in albergo alle sei del pomeriggio. Sarei ancora in tempo per recuperare il mio bagaglio e farmi portare a Fiumicino, ma sono molto stanca e non ne ho affatto voglia. Così chiedo al portiere se posso restare una notte in più e lo prego di cambiarmi la prenotazione dell’aereo. Alle nove del giorno dopo, quando scendo nella hall, il portiere mi accoglie agitando una mano in aria e mi dice: “Lei sa, signora, la fortuna che ha avuto?”. Io, ovviamente, casco dal pero. Lui allora mi informa che il volo che avrei dovuto prendere la notte prima si è schiantato contro una montagna nei pressi dell’aereoporto di Punta Raisi. Mi indica anche un televisore acceso, nella saletta a fianco, con in onda un servizio  sull’incidente”
“Beh, in effetti è stata molto fortunata”
“Sì, ma da allora mi sento in debito con il caso. Penso sempre che, prima o poi, prenderà meglio la mira…”
“Beh, magari s’è stufato, sono passati vent’anni…”

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