Letteratura
L’incontro
Non mi sento vecchio, sia chiaro.
È la carta d’identità che insiste, con una certa arroganza, sul contrario.
Ma io ci sento, ci vedo, e cammino a lungo ogni mattina.
Oggi sono uscito presto, come mi accade quando inizia la bella stagione. Ho camminato per un po’ e poi, proprio quando stavo per sedermi al solito caffè sulla Fondamenta delle Zattere, ho visto lei.
All’inizio non l’ho riconosciuta.
Aveva quegli occhiali grandi da diva anni Sessanta, e un cappello a tesa larga.
Poi mi ha guardato. E in un attimo ho rivisto il banco in fondo all’aula.
“Sandro? Ma sei tu o sei il fantasma del liceo?”
Ho riso, perché cosa puoi fare quando la donna che hai segretamente adorato a diciassette anni ti si para davanti cinquanta anni dopo, con lo stesso sorriso e gli stessi occhi di allora?
“Non mi dire che sei Silvia! Lo sai che mi tremano le ginocchia?”
“Non preoccuparti, sarà sicuramente l’artrosi!”, ha risposto lei ridendo.
Abbiamo camminato insieme. Senza una meta precisa, Venezia è fatta per perdersi, soprattutto quando ritrovi qualcuno.
Mi ha raccontato che aveva vissuto a Torino, poi Milano, poi perfino a Bruxelles, e che ora era tornata a casa.
“A due ponti da qui,” ha aggiunto.
“Due ponti? Ma allora siamo quasi vicini di casa. Sei sicura di non essere entrata nel mio campo visivo solo oggi?”
“Ti evitavo con maestria. Ho fatto un master in ‘mimetismo urbano avanzato’. Ma oggi ho abbassato la guardia.”
Quando ci siamo seduti per bere il caffè , mi ha detto una cosa inaspettata: che pure lei, al liceo, mi guardava di nascosto, aspettava solo che facessi io il primo passo.
“Peccato che tu, al massimo, facessi solo il primo sbadiglio!”, ha aggiunto.
“Non ci credo manco morto a ‘sta storia che anche tu mi guardavi di nascosto” ho detto.
“Ti giuro che è vero. Avevi quella maglietta a righe blu…parevi un giovane Jean-Paul Belmondo. Meno coraggioso e più imbranato”
Abbiamo sospirato, quasi in sincronia.
“Sai, è curioso,” ho detto “Se ci fossimo dichiarati allora… chissà.”
“Chissà,” ha detto lei. “Anche se… ora ho un marito a casa. Affezionato come un cagnolino.”
“Io, invece, è un bel po’ che sto da solo”
Poi ci siamo salutati.
Un bacio sulla guancia, una carezza sulle dita.
E la promessa che ci rivedremo.
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