Letteratura

‘Storia d’amore e macchine da scrivere’, un grande romanzo olivettiano di Giuseppe Lupo

Recensione del romanzo ‘Storie d’amore e macchine da scrivere’ di Giuseppe Lupo, edizioni Marsilio

13 Maggio 2025

‘Storie d’amore e macchine da scrivere’ di Giuseppe Lupo, edito da Marsilio, è un romanzo che si colloca benissimo accanto a due maestri delle letteratura del Novecento. Uno è Ahmet Hamdi Tampinar, con ‘L’istituto di regolazione degli orologi’. L’altro è Jorge Louis Borge, con quella sua epica delle biblioteca di Babele che torna costantemente in tutta la sua opera. Questa collocazione alta è pienamente rispettata per tutto il corso della narrazione. Il romanzo vede due protagonisti principali: Salante Fossi, inviato del Modern Times, e il Vecchio Cibernetico, un quasi centenario dalle esistenze plurime, tante quante saranno i nomi a lui attribuiti nel corso della sua vicenda terrena. Sullo sfondo c’è un’altra figura epica, quella di Adriano Olivetti, imprenditore, industriale, editore, intellettuale e politico, innovatore sociale e precursore dell’urbanistica, una delle figure più singolari e straordinarie del Novecento italiano.

Salante Fossi è stato inviato dal suo giornale a intervistare il Vecchio Cibernetico, autore di numerose invenzione, ma soprattutto inventore di una macchina stupenda, Qwerty. Un’invenzione in grado di consentire a chiunque, come disse Galileo Galilei, di comunicare i suoi più reconditi pensieri a qualsivoglia altra persona benché distante nel tempo e nello spazio. E’ il solstizio d’estate, il Vecchio Cibernetico sta per compiere gli anni e approfitta dell’intervista per ripercorrere tutta la sua vita. Il Vecchio Cibernetico ha quasi cent’anni, è nato in Ungheria, è fuggito da Budapest con una donna mentre i carri armati sovietici invadevano la città, ha vissuto e studiato in tutta Europa e, da qualche anno, si è stabilito in Portogallo. Va in giro con la custodia di una Olivetti Lettera 22 per ricordarsi che, dopo anni passati sulle macchine da scrivere e sulle macchine calcolatrici, su vocabolari in ogni lingua, ha inventato Qwerty, un sistema di scrittura senza scrittura.

Salante Fossi seguirà il Vecchio Cibernetico da Skagen fino al Portogallo, passando grazie al racconto del vecchio per Bástya utca, Budapest, Praga, il cimitero ebraico, Katalin, donna che non si ricorda nemmeno di avere sposato, il viaggio di nozze sulla Moldava, l’onniscenza di Qwerty e la giustificazione. Il Vecchio Cibernetico nel suo racconto divaga, ricorda e non ricorda, e Salante Fossi lo inseguirà per tutto il libro alla ricerca delle informazioni che gli mancano per portare a termine la sua intervista. Il Vecchio Cibernetico cambierà nome ogni volta che cambierà paese. Stessa sorte toccherà alla donna che sposerà misteriosamente, una femmina che morirà senza morire. Sono questi continui passaggi della memoria che riportano a Tampinar e al suo istituto di regolazione degli orologi, un’organizzazione, un’entità che entra nella vita delle persone facendo pagare multe a tutti coloro che non sono in regola con il tempo.

E’ pura metafisica quella che sta dietro l’invenzione di Qwerty. Come è pura metafisica buona parte della scrittura di Borges, autore che svolge una riflessione sulla realtà, il tempo, il significato e il confine tra l’effettivo e il possibile. Borges esplora questi temi attraverso la finzione, utilizzando la letteratura per porre domande esistenziali, come il rapporto tra l’individuo e il cosmo, la natura del tempo e la possibilità di vivere in mondi paralleli. A tutto questo si avvicina in maniera molto interessante Giuseppe Lupo con ‘Storie d’amore e macchine da scrivere’. Il punto d’approdo delle vicende del Vecchio Cibernetico è Ivrea, quel mondo magico che è stata la Olivetti e tutte le intuizioni del suo fondatore Adriano Olivetti. D’altronde tutte le macchine, quegli oggetti attorno a cui abbiamo costruito il mistero laico del nostro tempo, sono frutto di invenzione, e il destino cerca sempre oggetti necessari al suo compimento.

Giuseppe Lupo riversa in ‘Storie d’amore e macchine da scrivere’ buona parte della sua passione per tutte quelle suggestioni di cui è piena la modernità. E apre una riflessione molto interessante sul tema dell’intelligenza artificiale. D’altronde, al centro dei suoi scritti moltissimo spazio è riservato al racconto delle trasformazioni antropologiche del Novecento, all’indagine sulla civiltà industriale e post-industriale. Definisce, nella nota di chiusura, il suo romanzo neolivettiano, non occultando il suo interesse per la filosofia aziendale e il modello di gestione promosso nella fabbrica di Ivrea, modello all’interno del quale aveva un ruolo centrale l’individuo. Ciascun capitolo del romanzo è impreziosito con le illustrazioni dei tasti di una macchina da scrivere, prendendo come riferimento la testiera organizzata in base alla lingua ungherese e la testiera con lo schema qwerty. Di ciascuna illustrazione, così come del tempo da dedicare alla lettura di questo libro, sarà il lettore a doverne intuire il valore.

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