Letteratura

Un diverso lontano

Versi tratti da “Tre libri”, Il Convivio Editore, 2025

27 Maggio 2025

È nel tuo silenzio che mi ascolto,

nel tuo raccolto tacere; voce di allora

ricomposta a memoria. È nel tuo non esserci

che io ci sono; e sfogo i miei minuti,

i mesi, e prego che tu sia – ancora,

e ancora – in qualche luogo, e sappia

pronunciare il mio nome, ripeta a chissà chi

la nostra storia, e chissà come.

*

Dove saremo, caro, dove saremo

quando non ci saremo

più?

In qualche pensiero che abbiamo pensato

di noi, in una carezza sospesa

a mezza mano:

e in questa attesa

di un poi, di un diverso lontano.

*

Liberi dalla terra e da Dio,

dove non c’è nuvola o vapore

e l’aria è aria solo perché vuota

e la tua voce è quella di mia madre

morta, ed è la mia: dove saremo

per sempre, mi hai promesso, senza

riconoscerci e sapere di noi; senza toccarci

le mani che non avremo più. Privi di memoria

delle nostre parole, privi di storia, in una ruota

di tempo non tempo; l’adesso

sarà ieri: sarà dopodomani.

*

Vedi, dal tuo non esserci,

come vivono di te le tue figlie.

Ti cercano nei libri, nelle foto,

per portarti poi in giro,

padre senza più passi,

a godere genti e cose diverse.

Sono te giovani, leggere, terse.

*

Almeno una volta fermati a cena

con noi: fermati a cena. E sgridale,

se lasciano qualcosa nel piatto,

se rovesciano l’acqua, come quando

erano piccole; perché a me

non mi ascoltano.

Presta loro una voce di padre

in questa casa zitta: la tua baritonale

e antica come deve essere

la voce dei padri.

*

Proteggile

dal mio essere via

–  persa in un pensiero lontano,

nella mia mano aperta

e non stretta alle loro:

a reggerle, a difenderle.

Allontanale dalla malinconia

che respiro e loro accolgono

in un sorriso che le fa più grandi.

Aiutale nei loro pochi anni

a restare come sono, trasparenti,

straniere agli inganni, agli sgomenti.

*

Sei venuto ieri notte a trovare le bambine

e le hai viste così tanto cresciute,

senza te così tanto cresciute che una

è quasi donna. E allora cerca nei loro sonni

di riscoprirle, recuperando compleanni

e natali, le canzoni che non hai ascoltato.

Assomigliano sempre di più ai loro nomi,

che insieme abbiamo scelto

(la prima fatta d’aria, l’altra di selva):

hanno il tuo modo di sbattere gli occhi

di corrugare la fronte. Guardale

dalla porta come facevamo prima,

attenti a non svegliarle. Entra nei sogni

che hanno, e poi rimani lì,

nel loro respiro che non se ne accorge.

 

 

Adesso in Tre libri, Il Convivio, 2025

 

 

 

1 Commento
  1. Conosco bene questa esperienza. Ma qui sta il dono della poesia: che l’esperienza personale diventa, è, l’esperienza di tutti. Nulla è più doloroso nella vita che l’assenza di chi si è amato. Perché magari fosse un’assenza: è una continua, ossessiva, inevitabile presenza dell’assente. E gli si vorrebbe parlare, si muore dal desiderio di baciarlo, stringerselo al petto. “Nessun maggior dolore / che ricordarsi del tempo felice / ne la miseria”. Chi ha fede può sperare in una sopravvivenza, in un nuovo incontro. Ma chi l’ha persa ha solo la sconsolata, inconsolabile, disperata certezza che l’assente non tornerà mai più. Si può desiderare di non sentire più niente, di sparire: e succederà. Ma fino a quel momento non resta che accettare la realtà di una inconsolabile disperazione.

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