Catania. Chiunque segua il lavoro di Roberto Latini sa bene che questo artista, nella ricchezza e complessità della sua produzione, sarebbe in grado di intrigare, affascinare ed emozionare il pubblico anche solo recitando l’elenco telefonico. Riferimento da boomer certo, però reale: parliamo di un protagonista centrale della scena teatrale italiana e di un artista che gioca in tutti i ruoli (attore, regista, performer, dramaturg, direttore artistico). Raccontiamo questa volta di “Romeo e Giulietta” che, prodotto nel 2023, si è visto a Catania sulla scena di Zo, centro culture contemporanee, il 5 dicembre 2025. In scena, oltre allo stesso Latini, Federica Carra; la musica e la struttura sonora sono curate da Gianluca Misiti; le luci e la tecnica complessiva dell’allestimento da Max Mugnai; l’apporto video (particolarmente rilevante e intrinseco alla drammaturgia complessiva) è curato dal Collettivo Treppenwitz. In questo caso – come lui stesso prova a spiegare – si tratta di uno spettacolo/concerto in cui, in cinque quadri, si prova a cogliere non tanto il lineare dispiegarsi della tragedia shakespeariana, quanto la vibrazione profonda che consente a questo classico della drammaturgia occidentale di varcare la soglia dei secoli e colpire – immancabilmente colpire – il pubblico. Formalmente si tratta di uno spettacolo tipico del linguaggio teatrale di questo artista, che segue per altro la scia di altri suoi lavori come “Il cantico dei cantici” e lo shakespeariano “Venere e Adone”: un’intensificazione ironica e pop della struttura poetica profonda del testo che viene attraversato e risolto sulla scena. Latini la racconta facile: «Cinque quadri, cinque istanti d’amore: l’incontro, il balcone, il matrimonio, l’alba, la cripta. Non solo una tragedia d’amore, ma la memoria di ciò che poteva essere: un tempo mancato, una possibilità rimasta sospesa. Una storia eterna di nostalgia, promessa e disincanto in concerto scenico». Nulla da eccepire in questa sintesi: ma è appunto una sintesi, laddove lo spettacolo, rileggendo, decostruendo e rimontando nell’oggi (nella dimensione pop della cultura artistica e musicale contemporanea e novecentesca, nonché nel vissuto amoroso basico e quotidiano di persone colte in diversi contesti sociali e geografici) il capolavoro del bardo, riposa sostanzialmente su una riflessione, nient’affatto superficiale ma piuttosto sapienziale, sul rapporto tra amore e tempo, tra l’urgenza insopprimibile e straripante del desiderio amoroso (…«solo chi ne ha poca può contare la sua ricchezza»), la metafisica leggerezza di questo stato di grazia e la disciplina imposta (spesso duramente) dalla consapevolezza della fragilità dell’essere e della morte: «…abbiamo deciso che qui, stasera, non muore nessuno». Due dimensioni che non necessariamente sono consecutive nel percorso biografico di una persona. In che cosa consiste dunque o, meglio, in che cosa può consistere, quella vibrazione profonda che rende vivo e potente questo (anche questo) lavoro di Latini? Nello sguardo sapiente su queste due dimensioni dell’amore e ancor più sulla loro vitalissima (ma anche tormentata e stimolante, sorprendente e mai, mai del tutto, pacificata e pacificabile) compresenza nel nostro vissuto.
Giulietta e Romeo – Stai leggero nel salto. A Zo, centro culture contemporanee, il 5 dicembre 2025. Drammaturgia e regia: Roberto Latini. Interpreti: Roberto Latini e Federica Carra. Musiche e suono: Gianluca Misiti. Luci e direzione tecnica: Max Mugnai. Costumi: Daria Latini. Video: Collettivo Treppenwitz. Produzione: Compagnia Lombardi-Tiezzi. Crediti fotografici di Sai Šķubure.
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