Teatro

“Kind of Human”, danzando con la Vita

3 Maggio 2025

CAGLIARI _ Danzare l’Intelligenza artificiale. Cioè l’AI, artificial intelligence, che in tedesco si dice KI. Da qui fare il gioco di parole, quasi un calembour, il passo è breve: in inglese diventa “KInd of Human” scritto così per esigenze di copione: KI.nd of human”. Cioè il diavolo e l’acquasanta insieme. Il lato cyber e quello umano. I due si toccano, si confrontano e si incastrano in un gioco di relazioni dove però il primato appartiene sempre a chi, al posto di fili e led ha il sangue che scorre nelle vene. Così è, e sempre sarà, fino alla notte dei tempi. Forse… Ma senza ipotizzare scenari troppo distopici di mondi governati da robot e gli umani ridotti a schiavi, perché non cercare di stabilire proficui rapporti? D’altro canto entrambi hanno bisogno di imparare: l’uomo, l’artista e la ChatGpt cioè l’app che, forgiando il nostro alias, ci avvicina con i suoi calcoli al cielo. A stabilire con i piedi per terra questa basilare equazione nello spettacolo “Kind of human” presentato giorni fa in prima nazionale nella Stagione Danza del Cedac e la rassegna “Pezzi unici” a Cagliari è Roberta Pisu, coreografa di stanza da oltre dieci anni in Germania a Monaco. Formazione classica (laurea all’Accademia di Danza di Roma reparto contemporaneo).Studi e permanenze in Francia e Canada. Ha fatto parte della Compagnia di Roma supervisionata da Pina Bausch e diretta artisticamente da Ismael Ivo, Cristiana Morganti, Alessandra Borriello (Rosas) e Margherita Parrilla.

Arcis-Collective e i Sax Monacense in una scena della coreografia “Kind of Human” di Roberta Pisu in prima nazionale al Massimo di Cagliari (Foto di Luca Di Bartolo)

Collabora singolarmente con coreografi come Iacopo Godani, Robin Orlin e l’attuale direttore della Biennale Danza di Venezia, l’inglese Wayne Mc Gregor. A partire dal 2012 è danzatrice solista allo “Staatstheater am Gärtnerplatz” di Monaco di Baviera diretto da Karl Alfred Schreiner dove dal 2016 lavora come coreografa, nonché come libera professionista. “Kind of Human” è prodotta dal collettivo Arcis-Collective che la coreografa Roberta Pisu guida artisticamente assieme allo straordinario quartetto di musica da camera i Sax Monacense Arcis Saxophon Quartet. Qui c’è la chiave per capire ed entrare nella dimensione creativa di questa talentuosa coreografa che ha coraggio di compiere scelte anche radicali, sostenuta da una eccellente qualità dei danzatori stessi e, soprattutto, una formidabile intesa con il gruppo musicale. I Sax Monacense, non sono solo degli splendidi strumentisti apprezzati al livello internazionale, dotati di rigore e tecnica, conoscenza raffinata della musica contemporanea, dall’avanguardia al jazz, ma in questo caso, nell’opera di Roberta Pisu, sono anche attori in primo piano nella singolare veste di musici e interpreti. Lo spettacolo è infatti un esempio di teatro danza contemporaneo fatto di fluidità della danza, coscienza del corpo ed energia.

“Kind of human” di Roberta Pisu presentato dalla compagnia Arcis-Collective e i Sax Monacense al teatro “Massimo” di Cagliari (Foto di Luca Di Bartolo)

Una modalità particolarmente apprezzata al Nord dove vive l’eredità di grandi maestri. Nel caso di Pisu ad esempio, sembra di leggersi a tratti l’influenza di un genio della danza contemporanea qual’è lo svedese Mats Ek, insignito nel 2016 del Premio Europa del Teatro a Craiova. Un maestro che ha raccolto l’insegnamento di Bausch e altri evolvendo verso uno stile fortemente connotato nella espressività corporea ma lontano da accademismi. E, giusto per decodificare altri possibili -e nobili- riferimenti, non si può non leggere nel preambolo dello spettacolo, o se vogliamo anteprima, prima parte dell’opera una influenza artistica di un cenacolo d’artisti particolarmente attivi tra i Sessanta e Settanta quale fu il gruppo Fluxus. Al suo interno figure di primo piano pure assai differenti: da Joseph Beuys a John Cage, da Dick Higgins a June Paik, da La Monte Young a Wolf Vostell. Artisti che hanno sperimentato in modo avanzato media e nuove forme di espressione artistica concettuale.

Un elemento questo che risalta evidente soprattutto nell’opening di “Kind of human”. Dopo aver avuto accesso al foyer il pubblico è raggiunto da una lettiga guidata da quattro musicisti che con i loro strumenti giocano con l’acqua ricavando suoni distorti. Una danzatrice, dentro la lettiga, si muove con gesti sinuosi simulando dentro l’acqua, il liquido amniotico, la nascita di un cyborg.

“Opening” dello spettacolo “Kind of Human” nel foyer del teatro con una danzatrice che simula la nascita di un cyborg (Foto Alessandro Vitali)

Esaurita così la performance si accede in sala dove lo spettacolo sul palco prende forma di visioni che, come in un caleidoscopio, incrociano e sovrappongono le immagini. Piccole citazioni, pose plastiche e movimenti lunghi ed elaborati sembrano dare forma a riflessioni intime sull’esistenza umana. E’ quasi un gioco a perdersi dove il contrasto si fa evidente tra chi è guidato da un algoritmo e chi segue una traiettoria come una cometa, inconsapevole di avanzare, scoprendo orizzonti inediti ma anche di bruciare lentamente. Così è il corpo che con il passare degli anni invecchia, giorno dopo giorno.

La musica assume spazi più ampi sino a dominare la scena. Entrando a gamba tesa tra memoria e presente dà un ritmo accelerato ai movimenti dei danzatori. La musica è potente. Un muro di suono sollevato dai diversi strumenti (Claus Hierluksch, sassofono soprano, Ricarda Fuss, sax alto, Anna-Marie Schäfer, sax tenore, Jure Knez, sax baritono) evoca ilr icordo di una formazione fiamminga, quella dei Maximalist!, attiva sul finire degli anni 80, un’eccezionale live band che ha collaborato con coreografi come Wim Vandekeybus.

Primo piano della danzatrice che nell”Opening” dello spettacolo “Kind of Human” nel foyer del teatro simula la nascita di un cyborg (Foto Luca Di Bartolo)

Tutto si tiene. La musica avantgarde, la fantascienza e i ruggenti anni Ottanta. I danzatori (Fabio Calvisi, Vittoria Franchina, Elisabet Morera Nadal, Cristian Cucco), a tratti marionette senza fili, ritrovano la scossa sonora per ripartire con ritmo sostenuto. Un po’ automi, un po’ energia allo stato libero. E’ la musica in diretta sul palco il filo nervoso ed attivo a sostenere una danza che da urgente assume progressivamente il movimento della fluidità. Il quadro musicisti-danzatori si mescola: si unisce e si scompone come un groviglio di elettroni finché la scena cede il passo alla danza. La percezione dello spazio si fa più dilatata mentre il sax tenore disegna un fraseggio struggente, dall’aria solenne. Torna la lettiga in un angolo del palco a raccogliere una esistenza e chiudere il cerchio della vita: è una sorta di “regressione ad uterum”, il ritorno alla Madre, la fine e l’inizio di un’altra vita.

Una scena plastica da “Kind of Human” della coreografa Roberta Pisu in scena a cura della compagnia Arcis Collective e i Sax Monacense  (Foto di Robert Fischer)
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