Governo, per controllare i lavoratori perché non il braccialetto elettronico?

18 Giugno 2015

Negli anni ’60 paròn Rocco affidava il lavoro “sporco” a tale Eugenio Conti detto «Fulmine», sintesi mirabile tra l’ignoranza del medesimo, una travolgente simpatia, la sua mole pachidermica e una sveltissima capacità di identificare una soluzione, anche la peggiore, a qualunque  problema. Insostituibile factotum rossonero, Fulmine Conti era uno Wolf ante litteram forse un filo meno elegante e conturbante di Hervey Keitel ma dalla resa sicura, al punto che il grande Nereo consegnò al nostro la responsabilità di controllare la vita notturna dei giocatori del Milan. Ogni sera Fulmine faceva il classico «giro», come il cronista di nera che la notte telefonava a questura e ospedali, passando di casa in casa e osservando che le luci giuste fossero accese, ma poi, naturalmente, conoscendo i suoi polli, adottava per i casi speciali opportune attenzioni «ad personam». Perché il gioco era chiaro, sapendo della ronda, i giocatori si calavano da ogni dove meno che uscire regolarmente dal portone. Generalmente la meta era un night – allora Milano era veramente il top – o una donna dai meravigliosi facili costumi, con cui passare momenti di trascurabile felicità.

Tutto questo ci è venuto in mente scoprendo la comica (ma qualcuno, come i  sindacati già stanno facendo, potrebbe definirla drammatica, noi per ora ci limitiamo a valutarne i non-sense) iniziativa del governo che all’interno del Jobs Act ha sostanzialmente rivoluzionato l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, laddove si stabilisce che “tutte le informazioni raccolte dalle aziende – scrive Repubblica che ha scoperto la faccenduola – tramite cellulari, smartphone, tablet, portatili badge in dotazione al lavoratore, ma anche telecamere di sorveglianza, «sono utilizzabili a tutti i fini»”. In soldoni: tutti questi intrugli tecnologici serviranno a monitorare il lavoratore, a controllarne movimenti e produttività, senza più la necessità di un accordo sindacale “nè del permesso delle Direzioni territoriali del lavoro”. Naturalmente, c’è anche l’inutile postilla sulle garanzie personali, quando si specifica che al lavoratore verrà data «adeguata informazione circa le modalità d’uso degli strumenti e l’effettuazione dei controlli, sempre comunque nel rispetto del Codie della Privacy». Ma certo, come no.

Due cose si possono dire su questa norma che un gruppo di scienziati del lavoro prestati al governo ha messo a punto. La prima è che vive su un paradosso strano ma molto evidente, clomorosamente evidente: si uniscono due strumenti così antitetici da rasentare la follia e cioè la massima estensione degli strumenti tecnologici con la volontà/necessità di controllare militarmente il lavoratore, un concetto che, appunto, apparteneva agli anni di Nereo Rocco, in cui il Paròn utilizzava Fulmine Conti come telecamera umana, ma poi psicologicamente rielaborava tutti quei dati per inserirli nel cervellone della sua sapienza umana, gestendoli con estrema sensibilità e intelligenza. In questo caso, invece, gli scienziati del lavoro prestati al governo hanno ragionato all’opposto, rovesciando tavolo e metodo, e attribuendo all’elemento tecnologico non solo valore di prova, ma questo ca va sans dire, ma anche mettendo in carico a un microchip la sensibilità che invece toccherebbe al datore di lavoro, al titolare, al padrone o come diavolo vogliamo chiamarlo, il quale non ha davvero rivali nella conoscenza e nell’indagine psicologica delle persone che collaborano con lui in azienda. O almeno così dovrebbe essere.

Sportare questo equilibrio, sbilanciandolo in favore di un controllo militare, è un errore strategico. È qualcosa in più di una mancanza di fiducia, proprio perchè investe in un unico abbraccio mortale entrambe le categorie, a cui il governo sembra dire: non ci fidiamo nè dei lavoratori nè degli imprenditori, sospettando che gli uni cercheranno di fregare gli altri, e che gli altri non avranno una capacità di conoscenza dei propri dipendenti tale da evitare lo spiacevole supporto tecnologico, per cui ogni sera, invece di buon film, cibarsi delle scene molto, molto, hard registrate dalle telecamere aziendali. A questo punto, per una regia intelligente, perchè non affidarsi direttamente a Ken Loach?

Questi scienziati del lavoro prestati al governo, al fondo non hanno avuto coraggio. Avrebbero potuto lanciare davvero il cuore oltre l’ostacolo, proponendo direttamente per tutti i lavoratori il braccialetto elettronico. Forse inizialmente un po’ forte, ma assai meno dispendioso di tutto quell’ambaradan tecnologico.

TAG: braccialetto elettronico, Lavoro
CAT: lavoro dipendente

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