Adozioni, parlano i protagonisti: Starita, VicePresidente CAI

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16 Novembre 2021

Continua il nostro viaggio nel mondo delle adozioni. Dopo aver intervistato Chiara Valleggi, Presidente di Genitori si Diventa, associazione di genitori adottivi, ho avuto il piacere di fare una lunga chiacchierata con il Dottor Vincenzo Starita, VicePresidente CAI, Commissione Adozioni Internazionale, ovvero l’autorità centrale per la convenzione dell’Aja del 1993, che ha il compito di collaborare con le autorità centrali degli altri Paesi e vigila sugli enti che si occupano di adozioni internazionali.

I dati forniti dalla Commissione Adozioni Internazionali (CAI) indicano che dal 2000 al 2019, i minorenni adottati internazionalmente (AI) sono stati 51,335 e che, se nel 2019 erano 969 le coppie che avevano concluso il processo adottivo, nel 2020 sono state 526. Si tratta di numeri che parlano da soli.

Come lo stesso VicePresidente dice nel recente Rapporto CAI: “Nel corso dell’anno 2020 si attesta il trend di diminuzione osservato negli ultimi anni facendo registrare nuovi minimi storici sia per il contingente delle coppie adottive che per quello dei minori stranieri entrati in Italia a scopo adottivo. Sono dati da mettere in relazione allo scenario regressivo internazionale che caratterizza l’adozione oramai da oltre un decennio, che saranno specificate all’interno del lavoro svolto.” E anche “Il mondo dell’adozione internazionale muta in continuazione e non di meno nel corso dell’anno in esame; infatti i dati subiscono l’interferenza globale della pandemia Covid 19, che di fatto ha bloccato gli spostamenti tra i singoli Paesi, generando nuovi sistemi di comunicazione e la messa in campo di sforzi diplomatici complessi in grado di garantire sempre l’interesse superiore del minore.”

Alla luce di tutto questo, non sorprende dunque leggere che i tempi medi dell’iter, dall’offerta di disponibilità al ritorno in Italia con il figlio, sia di 46,7 mesi. Non sorprende, ma crea preoccupazione.

Abbiamo posto quindi le seguenti domande al VicePresidente Starita:

Cosa sta succedendo all’Adozione Internazionale? Come mai questo trend decrescente negli anni? Esistono ancora tanti bambini che crescono negli istituti del mondo, l’Adozione Internazionale non è più una risorsa per loro?

Il trend in diminuzione è un fenomeno degli ultimi 10 anni. Un fenomeno complesso per il quale vanno considerati molteplici fattori. La Convenzione dell’AIA si basa sul principio di sussidiarietà, ovvero si procede all’adozione internazionale solamente quando è impossibile garantire il diritto del minore a vivere in una famiglia all’interno del Paese di origine. Negli ultimi anni il miglioramento delle condizioni economiche e sociali di alcuni Paesi ha ridotto il numero dei bambini destinati all’adozione internazionale. Altri Paesi, tra cui l’est europeo, in attuazione di politiche nazionalistiche, se non addirittura impregnate di sovranismo, hanno ridotto o in alcuni casi interrotto l’adozione internazionale, impedendo a molti bambini che vivono in strutture di accoglienza di trovare una famiglia. In tal modo tali Paesi forniscono un’interpretazione del principio di sussidiarietà che ne comporta il rispetto soltanto formale e non sostanziale. L’adozione internazionale, invece, ha un senso profondo proprio perché svolge un’attività di supplenza rispetto al diritto del minore di vivere all’interno di un nucleo familiare, non all’interno di una struttura di accoglienza o di case famiglia in cui, in nessun caso, si creano relazioni paragonabili a quelle familiari. A questi fattori, che possiamo chiamare esterni, si aggiungono fattori interni. Il sistema italiano, negli ultimi anni, ha vissuto una crisi per motivazioni eterogenee e profonde. La procedura di adozione internazionale prevede l’intervento di diversi soggetti istituzionali. Una fase iniziale di competenza esclusiva dei servizi socio assistenziali territoriali e dei Tribunali per i minorenni, che termina con il conferimento del decreto di idoneità, una sorta di abilitazione della coppia per l’adozione all’estero. Una fase successiva di carattere amministrativo, caratterizzata dall’intervento degli Enti intermediari nei Paesi esteri, a cui la coppia conferisce l’incarico di seguire le procedure adottive, i quali svolgono la loro attività sotto la vigilanza della Commissione adozioni internazionali, che autorizza l’ingresso del minore in Italia. La competenza dei Tribunali per i minorenni rivive successivamente a tale ingresso, essendo l’organo giurisdizionale a cui è demandato il compito di ordinare la trascrizione del provvedimento di adozione, essenziale affinché il minore divenga cittadino italiano. È necessario, quindi, che lungo tutto l’iter procedurale venga assicurato uno stretto coordinamento nell’azione di tutti i soggetti coinvolti. Negli ultimi anni questo lavoro sinergico non è stato sempre adeguatamente realizzato, soprattutto in alcune zone del territorio nazionale. La Commissione sta svolgendo un lavoro costante volto ad evidenziare l’importanza della creazione di reti a maglie strette, per recuperare il tempo perduto.

È vero che alcuni Paesi hanno limitato l’apertura delle adozioni dall’Italia in seguito al clima dovuto ad una riduzione della capacità di accoglienza?

Nel nostro Paese sicuramente si deve realizzare una capillare diffusione della cultura dell’adozione, che è innanzitutto un fenomeno sociale. A volte si sottovaluta questo aspetto e si tende a considerarla un fatto che interessa le singole famiglie. In realtà non è cosí. L’adozione richiede la capacità di un Paese ad accogliere la parte più debole dell’umanità, ovvero i bambini. È evidente quindi che lo sforzo deve essere collettivo. C’è un’immagine, con la quale mi piace raccontare l’adozione, ed è quella del ponte. Noi attraverso l’adozione stiamo creando un collegamento importante tra Paesi, sensibilità e culture diverse e tutto quello che è differenza è arricchimento. Un Paese progredisce e si migliora se è capace di accogliere le differenze. Negli ultimi anni, questa cultura di saper accogliere le differenze ha subito una regressione importante e l’adozione internazionale ne ha subito le conseguenze.

Guardando al futuro, cosa pensa si debba fare per reinvestire sull’Adozione Internazionale come risorsa per i bambini? Ritiene che ci siano dei pregiudizi da smantellare? Azioni da intraprendere?

Il pregiudizio è un meccanismo cognitivo attraverso il quale si evita un approfondimento rispetto a fenomeni complessi, preferendo opinioni preconcette che si fondano su voci correnti indimostrate. L’adozione è un fenomeno complesso e difficile, il cui percorso è ricco di pregiudizi, di cui sono portatori tutti i soggetti coinvolti, ivi comprese le coppie adottive. Uno dei pregiudizi di fondo legato all’adozione internazionale è quello di considerarla una sorta di deportazione forzata dei minori adottati, senza tener conto del fatto che in attuazione di principi convenzionali l’adozione costituisce una extrema ratio. Lo sforzo primario della Comunità Internazionale è quello di garantire le condizioni affinché i bambini possano rimanere all’interno dei Paesi di origine. L’Italia sta facendo la propria parte nella realizzazione di attività di cooperazione. Negli ultimi due anni la Ministra Bonetti ha fortemente spinto per una ripresa, dopo circa un decennio di sospensione, del finanziamento dei progetti di cooperazione. Uscirà a breve, infatti, un nuovo bando, già approvato in Commissione, che raddoppierà le somme stanziate: quasi 10 milioni per finanziare i progetti di cooperazione degli Enti che si occupano di adozioni, in collaborazione con associazioni locali e internazionali. Il nostro Paese investe molto per cercare di creare le condizioni migliori affinché nei Paesi di origine si garantiscano i diritti dell’infanzia. Fino a quando, però, questo non verrà realizzato, guardare con sfavore all’adozione internazionale significa avere una posizione preconcetta di negatività verso l’adozione stessa. La Convenzione dell’AIA sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale fu stipulata con il compito specifico di evitare che attraverso le adozioni si verificasse la vendita e la tratta dei minori. Compito della Commissione e del sistema Italia è quello di vigilare in modo serrato per evitare che si verifichino episodi di questo tipo.

Ritiene che il “modello Italia” abbia qualcosa da raccontare al mondo in campo adottivo? In cosa ritiene che il nostro modo di fare adozione abbia da “dare” e in cosa invece abbia bisogno di “imparare”?

L’Italia è il Paese al mondo dove, in percentuale rispetto al numero di abitanti, avvengono più adozioni. In termini assoluti, invece, siamo secondi solamente agli Stati Uniti, che hanno però una popolazione molto più ampia. L’aspetto più importante da evidenziare è che noi siamo il primo Paese al mondo come numero di adozioni di bambini portatori di special needs, categoria in cui rientrano sia bambini che vivono situazioni di particolari disagi, come handicap fisici, spesso molto gravi, sia minori già in età scolare, sia fratrie. L’età media di coloro che entrano in Italia si è attestata intorno ai sette anni. Le coppie italiane dimostrano una grande disponibilità rispetto al fenomeno adottivo. Non va dimenticato che con l’adozione si creano famiglie nuove. Questo messaggio va diffuso e veicolato. Alle famiglie adottive bisogna assicurare il più ampio sostegno. Sul punto, in Italia, negli ultimi anni si stanno facendo rilevanti sforzi, anche se resta ancora molto da fare.

Lei arriva alla vicepresidenza del CAI dopo essere stato a lungo Giudice minorile. Ha parlato spesso di vicepresidenza “partecipata”, cosa intende? Quali pensa siano gli obiettivi più importanti della CAI oggi?

Il mio desiderio di realizzare un’attività partecipata nasce da quanto ho imparato come Magistrato minorile. Ritengo fondamentale la capacità di ascolto. Il giudice minorile è un giudice della persona, che opera in un settore estremamente delicato, in cui la capacità di ascolto è uno strumento di lavoro essenziale che va sempre più affinato. C’è poi un altro faro che orienta la sua attività, deve tentare l’impossibile perché le decisioni prese vengano capite e condivise dalle parti in causa. La giurisdizione minorile è una giurisdizione mite, non perché venga meno al compito di decidere, ma perché deve tendere a far sì che il significato delle decisioni prese vengano comprese e, ove possibile, condivise dalle parti. Partendo da questi insegnamenti, nel mio nuovo ruolo in Commissione ho cercato sempre un dialogo e di ascoltare prima di decidere. Questo ha prodotto risultati importanti. La Commissione ha approvato pochi giorni fa le linee guida sull’attività degli Enti autorizzati all’adozione internazionale, frutto di una partecipazione e di un dialogo. Il dialogo deve essere centrale nel nostro operato. Gli Enti sono importanti, sono le sentinelle che operano nel territorio, vanno ascoltati. Le linee guida prima di essere emanate sono state inviate ai Presidenti dei Tribunali per i minorenni, una loro opinione, un contributo era necessario.

La Ministra Bonetti ha già firmato il decreto rimborsi per le coppie che hanno adottato nel 2020. I costi sono uno dei tabù che riguardano le adozioni. Ritiene sia pensabile un futuro in cui i costi dell’Adozione Internazionale siano completamente abbattuti?

Partirà a breve un gruppo di lavoro con lo scopo di realizzare delle tabelle indicative delle spese per le procedure adottive in ciascun Paese, tabelle che, almeno ogni triennio, dovranno essere revisionate. In questo modo le coppie che si avvicineranno all’adozione, fin dall’inizio, sapranno indicativamente quali sono i costi da sostenere. In merito al rimborso dei costi va segnalato che la Ministra Bonetti ha voluto, nell’ultimo biennio, un forte incremento delle quote. Per assicurare i rimborsi a tutte le famiglie interessate, di recente, sono stati riaperti i termini per la presentazione delle domande relative agli anni 2018 e 2019. La Commissione ha inviato anche una mail a tali famiglie per garantire la massima conoscenza del provvedimento di riapertura. Le famiglie con un ISEE più basso otterranno per l’anno 2020, anche a causa della pandemia, un rimborso di 9.000 euro. La totale gratuità è una scelta che spetta alla politica, tuttavia si è già intrapresa un’azione volta ad avvicinare all’adozione le famiglie con maggiori difficoltà economiche. Nell’immediato futuro tale azione sarà certamente implementata, unitamente a quella volta a favorire le domande di adozione da parte anche delle coppie più giovani. L’aspetto più preoccupante è che l’età media delle coppie che si avvicinano all’adozione internazionale è molto avanzata, di gran lunga superiore ai 40 anni. Io non credo che non ci siano coppie giovani desiderose di avvicinarsi all’adozione internazionale, credo piuttosto che le stesse, per i noti costi elevati, rimandino il desiderio di diventare genitori.

Aggiungo inoltre un aspetto molto importante: le forme di finanziamento e sostegno agli Enti che la CAI ha erogato in questo periodo di Covid. La somma stanziata è stata addirittura raddoppiata, siamo passati da 50.000 a 100.000 euro. Un’azione fortemente voluta dalla Ministra Bonetti, perché gli Enti hanno comunque continuato ad operare per mantenere viva la macchina operativa delle adozioni, in un periodo in cui i numeri delle coppie che davano mandato erano decisamente ridotti. Per noi era fondamentale che questa macchina non si interrompesse e con questi finanziamenti abbiamo voluto sottolineare l’importanza dell’attività degli Enti, all’estero, in un momento così delicato. Purtroppo, uno dei pregiudizi più resistente è che gli Enti operino per finalità di lucro. Alcune coppie sono convinte di pagare l’adozione e non soltanto di ristorarne i costi. Ci tengo a sottolineare che, in un periodo così difficile, gli Enti hanno continuato ad operare in Paesi duramente colpiti dalla pandemia e spesso anticipando dei costi. Ci sono casi di rappresentanti di Enti all’estero che sono rimasti accanto alle coppie, anche a rischio della propria salute. La Commissione vigila costantemente sull’operato degli Enti, i quali, bisogna sottolineare, durante il periodo pandemico hanno fatto davvero tanto, lavorando in condizioni estreme e delicate. Noi siamo il Paese delle emergenze, quando c’è un’emergenza siamo subito pronti ad attivarci. Ecco, gli Enti, in questa fase critica, hanno riscoperto la capacità di collaborare fra di loro e affrontare insieme le difficoltà, in azione sinergica con la CAI. Purtroppo ci sono ancora delle situazioni che vanno risolte, ma l’impegno non è mancato.

Abbiamo saputo del futuro protocollo fra CAI e Ministero dell’Istruzione per rinnovare e sostenere le Linee di indirizzo per il diritto allo studio degli alunni adottati.  Da cosa parte questa esigenza e quali sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere?

Il primo obiettivo è quello di rivedere le linee guida per l’accoglienza dei minori adottati all’interno degli istituti scolastici che risalgono al 2014. Queste linee guida vanno ritoccate ma non stravolte, promuovendo la diffusione capillare su tutto il territorio nazionale, che ad oggi è mancata. Il testo andrà modificato con l’aiuto dei rappresentanti del Ministero dell’Istruzione, per poi partire con un programma capillare di formazione che coinvolga anche i docenti. Sarà importante far conoscere le linee guida anche ai ragazzi, stiamo lavorando a un progetto che non interrompa il percorso di conoscenza, ma sia in costante aggiornamento.

Recentemente si sente sempre più spesso parlare di crisi adottive, se non di “fallimenti” veri e propri. Lei cosa ne pensa e cosa constata dal suo osservatorio? Cosa pensa possa fare la CAI per sostenere il post-adozione?

Come Commissione abbiamo avviato, sul punto, una ricerca con l’Istituto degli Innocenti e con la maggior parte dei Tribunali per i minorenni Italiani. È fondamentale avere i dati aggiornati per poter studiare il fenomeno, sia sotto l’aspetto quantitativo che qualitativo e capire le iniziative necessarie volte a prevenire le crisi, in modo che non diventino fallimenti. La famiglia che vive l’esperienza dell’adozione di un minore è particolarmente esposta al rischio di periodi di crisi. La pandemia ha inciso fortemente sulle crisi adottive, non abbiamo ancora i dati aggiornati, ma è facile intuire che l’accelerazione delle procedure per superare le difficoltà ad essa connesse ha ridotto i tempi di conoscenza all’estero tra la coppia adottiva e il minore da adottare. I minori poi non hanno beneficiato dell’importante mezzo di inserimento e di accoglienza rappresentato dalla scuola. La didattica a distanza, infatti, ha complicato l’inserimento sociale e ha creato forti difficoltà all’interno delle famiglie. Si riesce ad attenuare la crisi con una maggiore sinergia, una più ampia collaborazione tra i servizi socio assistenziali e gli operatori degli Enti autorizzati. Noi come Commissione abbiamo il compito di incentivare queste forme di collaborazione. Aggiungo che le coppie arrivate al traguardo dell’adozione sono spesso portate a chiudersi e a cercare di risolvere da sole le problematiche che nascono nella prima fase dell’inserimento. Risulta necessario instaurare un clima di fiducia tra le coppie e i servizi socio assistenziali, fin dall’inizio. La tempestività di intervento è importante, molte crisi diventano fallimenti perché si interviene tardi e spesso il ritardo è legato al fatto che la coppia è portata a non coinvolgere gli operatori socio assistenziali e dell’Ente di riferimento.

Che messaggio vorrebbe dare alle coppie ancora bloccate per la pandemia

C’è un trend in aumento rispetto allo scorso anno, il 25 ottobre 2021 abbiamo concluso 448 adozioni, lo scorso anno erano 363, un sensibile miglioramento, anche se ancora siamo lontani dai numeri del 2019, però assistiamo ad una significativa inversione di tendenza, grazie anche all’impegno delle nostre forze diplomatiche all’estero. Molti Paesi oggi hanno riaperto alle adozioni, come ad esempio la Federazione Russa e il Vietnam. Resta il dato negativo della Repubblica Popolare Cinese, dove la sospensione perdura dall’inizio della pandemia. Alle coppie in questo momento di difficoltà posso assicurare che la Commissione sta facendo la propria parte, mi rendo conto che per una coppia in attesa di incontrare il proprio figlio, magari già abbinato, è difficile crederlo, ma posso garantire che tutti gli sforzi sono stati e saranno compiuti, da noi e dalle forze diplomatiche. Le coppie devono conservare il loro desiderio, così immenso, con pazienza, sono certo che per molte di loro riusciremo a risolvere positivamente e in tempi brevi le difficoltà tutt’ora in corso.

 

 

 

TAG: #adozioninternazionali, adozione, cai, Elena Bonetti, starita
CAT: diritti umani, terzo settore

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