Hate speech e ironia (poco innocente) nel video del Liceo Caravaggio

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15 Novembre 2018

Qualche mese fa, all’interno del Liceo Artistico Statale “Caravaggio” si è formato un piccolo gruppo di studenti e studentesse che ha preso parte alla proposta formativa del progetto LoveSpeech. Vorrei raccontarvi brevemente il loro percorso formativo, il loro lavoro di progettazione creativa e il processo che ha portato alla sua elaborazione. L’ho chiamato piccolo gruppo proprio perché formato solo da cinque studenti e studentesse frequentanti il quarto anno di due degli indirizzi dell’istituto: l’indirizzo grafico e quello audiovisivo e multimediale.

Sin dal primo incontro, gli studenti si sono distinti per l’abilità e la competenza nell’utilizzo dell’ironia all’interno delle varie situazioni e davanti agli spunti di riflessione forniti sia da me in qualità di tutor, sia dagli esperti che ci hanno accompagnati per la fase di training. Inoltre, il fatto di essere un numero ridotto di persone ha fatto in modo che si creasse un clima confidenziale nel gruppo, e ha visto quasi subito l’instaurarsi di una complicità sia tra i ragazzi stessi che con me, per cui non abbiamo mai respirato quell’aria accademica o scolastica che si respira solitamente in una lezione frontale. Tutto ciò ha senz’altro favorito e spianato la strada ad un’esperienza più intensa che ha promosso nel gruppo una sorta di impegno nel sospendere il giudizio e la voglia di condividere esperienze personali, soprattutto sul tema degli attacchi d’odio. È proprio da qui che siamo partiti: riflettendo sulle loro esperienze e ponendo ai due poli l’amore e l’odio in quanto elementi della vita quotidiana, di cui non ci si può liberare, ma piuttosto si può imparare a gestirli e conviverci.

Quello che più mi ha colpito del mio piccolo gruppo è stata la forte motivazione individuale, il fatto che ognuno di loro avesse avuto una buona ragione per partecipare attivamente al progetto, così come gli era stato presentato. I nostri ragazzi si sono subito presentati attraverso caratteristiche ed elementi individuali facilmente riconoscibili durante l’arco del percorso: ho avuto modo di osservare, infatti, la componente riflessiva, quella ironica, quella sdrammatizzante, quella emotiva, quella logica, ma soprattutto l’elemento artistico che li distingueva. Questa diversità tra le personalità dei ragazzi, come anticipavo, non ha rappresentato in alcun modo un ostacolo, ma ha funzionato da connessione di pensieri e riflessioni rispetto agli spunti proposti. Il gruppo, infatti, ha fin da subito trovato un equilibrio e un filo conduttore nelle riflessioni e nel processo di rielaborazione concettuale delle nozioni ricevute in fase di training.

Successivamente, nella fase operativa, abbiamo assistito alla formazione di un vero e proprio gruppo di lavoro volto ad un obiettivo comune: trovare un modo efficace per mandare un messaggio positivo di Love Speech. 
Inizialmente, in fase di brainstorming, le proposte dei ragazzi sono state le più disparate e devo ammettere che un po’ me l’aspettavo: tutte le idee erano valide e ben pensate, ma alcune erano lontane dal mondo del web. In quel momento ho capito che, probabilmente, non avevamo riflettuto abbastanza sulle dimensioni di reale e virtuale nell’arco degli incontri, quindi ho colto la palla al balzo per considerare ancora l’elemento web e social media nell’ambito dell’hate e love speech. Questa si è rivelata un’ulteriore occasione di confronto per tutti noi sia rispetto alla ricerca di odio online nelle sue svariate forme, sia rispetto alla condivisione e al racconto di storie ed esperienze vissute.

Così, i ragazzi stessi hanno iniziato a scartare alcune delle proposte tenendo in considerazione da un lato il mondo virtuale, dall’altra l’efficacia del messaggio. Per esempio, sono state scartate proposte di progetti che riflettevano principalmente una componente visiva e fisica complessa da applicare al mondo del web, come un dipinto su tavola o una mostra fotografica con messaggi d’odio che, per quanto efficaci, avrebbero avuto poco riscontro sui social. Questo passaggio è stato proprio l’occasione per riflettere sull’orizzonte di senso rispetto a quanto un messaggio “d’odio e d’amore” potesse essere incisivo puntando sia sul grado d’attenzione del pubblico online, che sulle loro esperienze individuali.

Il prodotto che hanno realizzato parte da un elemento che ha accomunato tutto il gruppo, me compresa, e che trovavano tutti molto familiare: l’ironia. Non intendo dire l’ironia come strategia di risposta all’odio, ma di odio manifestato attraverso l’ironia, che ogni giorno possiamo osservare, soprattutto sul web. Parliamo di quel tipo di odio che a tratti fa anche sorridere, presentato così, con tale leggerezza che ci sembra quasi una battuta innocente, ma che ad uno sguardo più profondo nasconde un giudizio subdolo e pesante. I ragazzi hanno dapprima individuato una serie di categorie vittime di hate speech e, successivamente, hanno scritto un copione, per la maggior parte formato da luoghi comuni e frasi più volte ripetute tra i commenti sui social media come ad esempio: “Ho tanti amici gay, basta che non mi passino da dietro” oppure “Mangia un vegano e salva una pianta”. Tra gli ambiti individuati come preferiti nell’espressione dell’odio attraverso l’ironia poco innocente: il veganesimo, il genere femminile, l’omosessualità, l’appartenenza etnica e le forme corporee.

Questa è solo una piccola introduzione rispetto al lavoro che i ragazzi del Liceo Artistico Caravaggio hanno svolto nei mesi passati, il resto è il frutto della loro arte e della loro anima e ne vedrete i risultati da domani sulla nostra pagina Facebook.

TAG: social media
CAT: discriminazioni, Media

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