La riforma dell’impresa sociale italiana? L’ha ispirata Cristoforo Colombo

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16 Aprile 2015

La scorsa settimana la Legge Delega di riforma del Terzo Settore è stata approvata alla Camera. L’elemento più dibattuto e di maggiore innovazione ha riguardato le proposte di modifica della legge sull’impresa sociale, una legge (la 155/2006) che non ha mai funzionato. Se il testo passerà al Senato e se i decreti attuativi manterranno lo spirito della proposta, avremo anche in Italia una nuova infrastruttura giuridica per promuovere lo sviluppo di una economia più equa rispetto al capitalismo finanziario di questi ultimi anni. De facto, la nuova impresa sociale più che un soggetto del terzo settore, si propone come un nuovo modello di impresa che affianca, senza avere la pretesa di sostituirlo, il “mercato per il mercato”, ovvero l’unica forma di economia che conosciamo, quella “for profit”.

La nuova impresa sociale potrà essere scelta da tutti coloro che ritengono che la massimizzazione del profitto e la remunerazione del capitale non debbano essere per forza il principale obiettivo di un’impresa, ma allo stesso modo che profitto e capitale non siano nemmeno “lo sterco del diavolo” quanto un mezzo, una risorsa utile per lo sviluppo, l’occupazione e l’innovazione sociale nel nostro Paese. In particolare la nuova impresa sociale potrà diventare un’opzione per una nuova classe di imprenditori, gli imprenditori sociali, che vorranno impegnarsi in una missione di miglioramento sociale ed ambientale attraverso un’attività d’impresa, senza dover basare la propria sostenibilità economica su beneficienza, sovvenzioni pubbliche e volontariato.

Bene, ma vi chiederete, cosa c’entra Cristoforo Colombo con la riforma dell’impresa sociale italiana?

Il Cristoforo Colombo (Cristobal Colon) di cui parliamo, non è il navigatore che ha scoperto l’America alla fine del 1400, ma uno psichiatra di Girona, in Catalogna, che negli anni ‘80 ha in qualche modo scoperto anche lui un “nuovo mondo”. Osservando gli infermi mentali chiusi negli ospedali psichiatrici della sua Regione che venivano trattati come “rifiuto sociale” all’interno di strutture pubbliche fatiscenti, comprese che la loro diversità in realtà era di fatto una “diversa abilità”. La precisione ossessiva con cui svolgevano alcune attività terapeutiche poteva essere indirizzata per produrre qualcosa che, pur mantenendo il valore terapeutico e quindi sociale, avrebbe potuto creare valore economico. Grazie a quel valore economico si sarebbe potuto organizzare un servizio di cura professionale, spostare i malati in luoghi più accoglienti e soprattutto si sarebbe potuto riconoscere loro uno stipendio, includendoli nella società come cittadini. Dopo aver studiato le caratteristiche del contributo manuale richiesto da diversi processi produttivi, individuò che il settore caseario ed in particolare la produzione di yogurt richiedevano alcune delle abilità proprie dei malati con disturbi mentali. Costituì quindi la Fageda, una fattoria solidale, e cominciò ad impiegare i disabili mentali per produrre latticini e yogurt di qualità, distribuendo i propri prodotti prima nei negozi alimentari della sua città e poi nella grande distribuzione della Catalogna. L’iniziativa di Cristobal Colon si basava su due fattori cardini: il lavoro, con la sua funzione riabilitativa, importante nel trattamento delle infermità mentali e di emancipazione sociale e la sostenibilità economica dell’ iniziativa sul mercato. Non un soldo in beneficienza, non sovvenzioni dallo Stato, ma solo la capacità di produrre prodotti di qualità riconosciuti dai clienti.

Oggi la Fageda rappresenta la terza impresa produttrice di yogurt della Catalogna dopo due multinazionali,  sviluppa un fatturato di circa 15 milioni di euro, impiega 180 invalidi mentali remunerati con salari di mercato e seguiti da psichiatri professionisti. Il profitto generato da questa attività di mercato viene utilizzato per coprire tutti i costi, mentre l’utile (perché l’attività è sempre in utile) è reinvestito nell’azienda stessa. Quando l’ho conosciuto a Milano nel 2010 Cristobal ha tenuto a ribadire come la maggior parte dei clienti del suo yogurt non conoscano la missione sociale de La Fageda e scelgono i suoi prodotti esclusivamente perché sono valutati migliori degli altri in quanto naturali, utilizzano materie prime di qualità e si basano su una “filiera corta”  (il latte proviene da un allevamento proprio di mucche catalane).

Cristoforo Colombo appartiene ad un movimento di nuovi imprenditori che sviluppa iniziative economiche private per promuovere il miglioramento sociale, senza basarsi su risorse pubbliche o donazioni. È una persona che crede nell’impresa sociale, una forma di impresa che deve svilupparsi anche nel nostro Paese se vogliamo cambiare le cose in profondità e costruire un’alternativa al sistema economico e sociale di questi ultimi anni.  Insomma un bel testimonial della nuova riforma appena approvata alla Camera che intende riconoscere e valorizzare un modello di impresa “generativa” che distribuisce in modo equo il valore economico creato.

In fondo, se ci pensiamo bene, non è un po’ l’uovo di Colombo?

TAG: cristobal colon, impresa sociale, riforma
CAT: economia civile, Governo

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