La concezione di un nuovo sistema monetario: valute reali e non

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5 Settembre 2018

Suscita ironia, anche istituzionale, la proposta di Luigi de Magistris di istituire una moneta napoletana parallela all’euro, ma la dichiarazione o volontà del sindaco, viene presa poco seriamente dagli stessi rappresentanti del Governo giallo-verde.

Il ministro delle politiche agricole, GM Centinaio, ha commentato così la proposta di de Magistris: “La moneta napoletana apre un mondo: significherebbe domani vedere la moneta milanese, dopodomani quella siciliana, della Val d’Aosta e così via. C’è l’euro, abbiamo superato la moneta nazionale, arriva questo e ci dice che vuole la moneta locale come prima dell’unità d’Italia, al sindaco dico: non è Carnevale”.

Il sindaco De Magistris, con una lunga dichiarazione o quello che oggi si definisce in ambito social “post”, ha buttato il guanto di sfida verso il Ministro dell’Interno Matteo Salvini.

“Questo Governo è a trazione anti-meridionale e non vuole la nostra autonomia”, spiega de Magistris. Per questo, il sindaco ha ideato tre delibere che saranno approvate a stretto giro. Un manifesto per l’autonomia di Napoli, la cancellazione di un debito  definito ‘ingiusto’ e il lancio di una moneta aggiuntiva all’euro.

“È venuto il momento di accelerare, in modo forte e radicale, sull’autonomia della Città di Napoli, come si addice ad una Città che è una Capitale nel Mondo, oltre che del Mezzogiorno d’Italia. È dal 1861 che abbiamo dato, come si dice dalle nostre parti. […] Noi crediamo che il riscatto del Sud non passa dalla questione meridionale lasciata ai potentati che governano a Roma, ma dall’autodeterminazione dei popoli del Sud che, attraverso il senso di appartenenza alla loro Terra, devono lottare per emanciparsi nella conquista dei diritti. Napoli ha dimostrato che, anche da soli, ostacolata dai poteri centralistici ed autoritari, pur tra difficoltà e sofferenze, ci si può riscattare alla grande, con le mani pulite, contro Governi ingiusti ed arroganti. […] Resistiamo con sempre maggiore orgoglio popolare, con il riscatto e la rinascita della Città, con umanità senza limiti, con passione profonda e ritorno ad un’aria sempre più da Città Capitale. Ed allora di fronte ad un Governo ad evidente trazione anti-meridionale […] noi dobbiamo lanciare una sfida storica, mai pensata ed attuata sinora”.

Continua il sindaco De Magistris…”Nelle prossime settimane per dimostrare che continuiamo a fare sul serio e che non si tratta di mera propaganda meridionalista, approveremo tre delibere. La prima. Napoli Città Autonoma, un manifesto politico concreto sull’autonomia della Città. La seconda. Cancellazione del debito ingiusto. Il debito contratto dallo Stato, in particolare nelle gestioni commissariali post-terremoto ed emergenza rifiuti, noi non lo riconosciamo. Lo cancelliamo dal nostro bilancio. Quei debiti non sono stati contratti dalla Città e dai napoletani, anzi noi siamo vittime ed andremmo semmai risarciti”.….Se oggi non avessimo quel debito frutto delle più invereconde collusioni tra politica, affari e criminalità organizzata, potremmo avere più autobus, più spazzatrici, più asfalto per le buche, più qualità della vita ed altro ancora.

La terza delibera riguarderà la “Realizzazione di una moneta aggiuntiva all’euro per dare forza a Partenope. Tre impegni, tre fatti, a breve. Vediamo se anche questo Governo ci ostacolerà! […] Sono certo che nei prossimi anni la Città sarà sempre più all’avanguardia, sempre più Capitale, per merito dei suoi abitanti e di quelli che, anche se non sono napoletani, amano la nostra Città. Se il Popolo vorrà e lotterà avremo una Città anche sempre più efficiente, vi sarà sempre più benessere per tutte e tutti, in libertà ed autonomia, senza i lacci di nessun padrone. Autonomia è potenza, democrazia è anche partecipazione alla rivoluzione. Il momento giusto è adesso”.

Oggi potremmo avere la nascita di un “luigino”.

Luigino era il nome dato in Italia alle monete d’imitazione del petit louis, una moneta francese d’argento.

I luigini furono coniati in Italia da molte zecche ed utilizzati come ornamento

Il commercio, diffuso dalla metà del XVII secolo, diede luogo dapprima ad una speculazione e in seguito ad una vera e propria truffa.

In Francia il luigino fu emesso nell’ambito della riforma monetaria voluta da Luigi XIII.

In Italia il luigino fu imitato da molte zecche

In Turchia divenne di moda le monete francesi da cinque soldi che venivano utilizzate come ornamento, questo trasformò di fatto la moneta da mezzo di pagamento in pura merce e quindi il prezzo delle monetine seguì la legge di domanda e offerta e creò la possibilità di un notevole guadagno.

Il principato di Seborga, si dice che emise per la prima volta una propria moneta nell’anno 1666, i luigini.

Questa moneta fu da subito malvista dal Re di Sardegna e dal Re di Francia, che probabilmente volevano impedire la circolazione sul loro territorio di un conio il cui valore sfuggiva al loro controllo e alle loro tasse.

La nascita della moneta, del baratto e del concetto di debito, secondo la tradizione, ebbe inizio in Lidia, nel VII secolo a.C., quando il re Creso coniò l’Elettro, una moneta in lega di oro e argento, rivoluzionando così il sistema di scambi commerciali.

Già nel 5000 a.C., in Mesopotamia, i sumeri, possedevano già la conoscenza della scrittura ed i loro sacerdoti designarono in particolare i metalli preziosi come la merce più adatta per gli scambi, avendo oro e argento il pregio di mantenere costante il loro peso nel tempo, cominciarono a barattare così i prodotti con oggetti le “Premonete”.

Non è il baratto la categoria fondante delle economie e delle società umane, ma bensì il debito, infatti, le prime forme di scrittura ritrovate in Mesopotamia, datate oltre 5.000 anni fa, furono tavolette d’argilla su cui i sacerdoti dei templi registravano i debiti dei contadini.

L’ammontare del debito era commisurato a quantità di grano o di argento che fungevano da “moneta virtuale”. Il debito si basa sulla fiducia e sulle relazioni sociali; il baratto è, per gli studiosi di antropologia, un fenomeno marginale che per lo più si attua con gli stranieri. Il debito e i sistemi creditizi sono all’inizio della storia, ancor prima del baratto.

Tre sono le funzioni della moneta:

–         1) Unità di conto: è l’unità di misura del valore dei beni da scambiare; in questo modo tutti i beni in oggetto vengono misurati con lo stesso metro;

–         2) Mezzo di scambio: funzione tramite la quale è possibile scambiare beni e servizi in qualsiasi quantità e tempo: ogni bene viene misurato e riceve un prezzo in base alle unità di moneta necessarie per acquistarlo;

–        3) Riserva di valore: la moneta può essere conservata e utilizzata nel futuro senza che si deteriori in senso fisico o nel suo potere d’acquisto.

Normalmente gli strumenti impiegati come moneta non sono beni di consumo per chi li riceve. Questo vale per la carta-moneta, ma anche per l’oro, il cui impiego come bene intermedio o di consumo è assai limitato. La ragione per la quale queste monete vengono accettate in pagamento risiede nella fiducia di chi le riceve che altri faranno altrettanto, accettando in pagamento monete, banconote, depositi bancari o titoli di stato. Senza tale fiducia difficilmente una moneta sarebbe accettata.

La moneta come conosciamo oggi è a corso legale, intendendo uno strumento di pagamento non coperto da riserve di altri materiali (ad esempio riserve auree) privo quindi di un valore intrinseco, ma possiede un valore grazie al fatto che esiste un’autorità che ne sancisce il valore.

Se un’organizzazione abbastanza grande emette, usa e accetta qualcosa come pagamento, automaticamente quel qualcosa acquisisce valore, dato che è riconosciuto come mezzo di scambio. La moneta legale, totalmente svincolata dalla quantità di metalli preziosi, ha dunque valore in quanto mezzo di pagamento stabile riconosciuto nell’economia di un certo paese: la sua stabilità è garantita dal controllo sull’emissione da parte delle banche centrali, in modo da controllare gli effetti inflattivi dell’emissione di moneta in relazione alla crescita del paese. Il suo riconoscimento come mezzo di pagamento è inoltre garantito dalla legge.

Ma non ricordiamo che fin dal medioevo, nei momenti di crisi, o in periodi di intensa e rapida evoluzione dell’economia, è sorta la necessità di utilizzare monete diverse da quelle a corso legale per far fronte a molteplici problematiche, carenza di liquidità, perdita del potere d’acquisto, guerre e molto altro.

Talvolta questa iniziativa è presa da gruppi di persone con interessi comuni od organizzazioni, altre volte anche dalle istituzioni. La moneta a corso legale viene così sostituita, in tutto od in parte, da altre forme di valuta che vengono riconosciute, accettate ed utilizzate all’interno del gruppo. Affinchè un sistema monetario o di credito e scambio alternativo si possa sviluppare si rende necessaria perciò l’esistenza di alti livelli di solidarietà e di stima reciproca tra coloro che la usano, dato che tale moneta non ha corso legale ed è accettata solo su base volontaria.

Oggi nel mondo esistono più di cinquemila valute complementari ed alternative, ma la complementarietà non è una pratica di recente invenzione.

In tempi più recenti, lo Wir è un sistema indipendente di valuta alternativa, creato in Svizzera per aiutare le piccole e medie imprese durante la crisi del 1929, e che ora copre un sesto delle transazioni svizzere

Il progetto del Toreke, usato in Belgio, è volto al conseguimento di opere sociali e ambientali, tramite la riqualificazione degli spazi urbani e la creazione di un grande giardino comunitario. L’affitto annuale di un appezzamento pubblico è di 150 Torekes (15euro) che possono essere guadagnati attraverso varie iniziative, come la attività socialmente utili o le giornate di lavoro collettivo.

In tutta Italia è oggi in rapida diffusione l’Arcipelago Scéc che non punta solo a contribuire all’economia locale, ma a responsabilizzare l’individuo e rafforzare il senso di comunità.

A Brescia dal 2001 è invece attivo il BexB, un progetto che oggi accomuna 2.700 imprese italiane su 160 diversi settori. Uno strumento che consente di acquistare beni e servizi pagandoli con il proprio prodotto o servizio, senza utilizzare denaro. Sullo stesso principio, in Sardegna, il Sardex vanta una rete di 1500 imprese e 15 milioni di euro di scambi nel 2013.

Cosa accade in Sardegna?.

Il Sardex è un nuovo modo di concepire l’economia, è la dimostrazione che si può tornare a coniugare i rapporti commerciali con quelli sociali, rifiutando le follie del capitalismo sfrenato che ci ha condotto questa miseria.

“L’idea nasce nel 2007”- come racconta Carlo Mancosu, responsabile della comunicazione per Sardex, nello stesso sito dell’azienda-. “Tutti noi nutrivamo un profondo interesse per l’economia locale ed eravamo preoccupati per gli impatti causati dalla liberalizzazione dei capitali e dallo spettro della competizione che da locale stava diventando mondiale. Inoltre siamo contrari al denaro che crea denaro, in quanto nel sistema attuale il denaro ricopre un ruolo che non è più quello di mezzo di scambio ma di fine”.

Ma cos’è Sardex?

Sardex è una moneta virtuale, complementare all’euro, che permette di scambiare beni e servizi tra le aziende affiliate al circuito, e funziona come camera di compensazione di debiti e crediti.

Il Sardex come una moneta che regola lo scambio di beni e servizi tra le imprese sarde affiliate al circuito. Ogni azienda, all’atto di iscrizione, comunica la propria disponibilità annuale per il circuito di beni e servizi per il quale si vuole impegnare. A questo punto in base ad un sistema di rating (dal volto piuttosto umano) si assegna loro un credito, quindi la possibilità per l’azienda di andare in rosso e di acquistare, prima di aver venduto, all’interno del circuito. Tale credito viene assegnato sulla base della fiducia ed è una vera e propria iniezione di liquidità aggiuntiva ad interessi zero per aziende che decidono di partecipare al circuito.

Ogni anno i bilanci di ciascuna posizione si chiudono e le aziende ripagano in euro (per convenzione un Sardex vale un euro) le passività che non sono riusciti a ripagare effettuando vendite nel circuito. Le imprese hanno perciò tutto l’interesse nel rimettere il denaro in circolazione nel network, anziché tenerlo fermo come riserva di valore, in quanto il buon funzionamento del sistema è determinato dalla crescita delle transazioni e non dall’incremento della massa monetaria all’interno del circuito.

Altro tema è quello della moneta fiscale, una sorta di “sconto fiscale” che non diventa però una moneta parallela a corso legale, e quindi non entrerebbe in conflitto con l’euro. Anzi, contribuirebbe a migliorare l’euro, trasformandolo in una moneta comune.

Dal 2014, l’economia italiana ha ripreso a crescere, ma a tassi molto bassi. Il reddito nazionale pro-capite, depurato dall’inflazione, era diminuito nel 2013 di oltre il 12% dal massimo del 2007, con una perdita di circa 3mila euro pro-capite, a prezzi del 2010.

Un governo che volesse colmare il gap con una crescita dell’economia del 2%, porterebbe gli italiani nel 2021 al livello di reddito che avevano nel 2007: 14 anni perduti.

La crisi ha trovato nelle regole dell’eurozona un perverso “destabilizzatore automatico”, il sistema monetario.

Se si assegna ai soli Paesi debitori il riaggiustamento degli squilibri, questi ultimi dovranno attuare politiche recessive, che si trasmetteranno ai Paesi partner e infine ai Paesi creditori. Senza riaggiustamenti sul cambio, resi impossibili con una moneta unica, il sistema può reggere solo se i Paesi in surplus trasferiscono liquidità ai Paesi in deficit, o perché aumentano le loro importazioni da questi ultimi, o perché sono disponibili a finanziarli senza limiti.

Le misure di austerità in un certo modo obbligato, causano, direttamente ed indirettamente l’aumento del rapporto debito/Pil ed il rischio bancarotta sempre più vicino.

Un aumento spesa pubblica è vincolato dagli accordi dell’eurozona, e, tanto più questi accordi sono rigidamente imposti per giustificare tagli al welfare e aumenti delle imposte, tanto più cresce l’idea che “liberarci dell’euro” sia l’unica strada per evitare il declino.

A fronte di tali vincoli, la cui modifica richiederebbe un passaggio lungo e faticoso per la revisione dei trattati, la proposta di una moneta fiscale è la soluzione più immediata per finanziare politiche di ripresa. A partire dalla crisi greca, molti contributi sono andati in questa direzione.

Per l’Italia, che si trova adesso in una condizione di surplus commerciale è prioritario invece il rilancio della domanda interna. Una spesa pubblica aggiuntiva, finanziata con l’emissione di moneta fiscale consentirebbe, detto da alcuni analisti economici e politici, di raggiungere lo scopo, con un impatto limitato o nullo.

Ma come si viene pagati in moneta fiscale? Un dubbio apparentemente legittimo, ma forse non poi così tanto. Non in un Paese dove si offrono lavori non retribuiti,  i tempi dei pagamenti si allungano a dismisura, le piccole imprese iniziano addirittura a pensare di accettare bitcoin in pagamento, pur di vendere. La moneta fiscale è un mezzo di pagamento ben più affidabile.

Keynes ci ha insegnato anche che se un singolo debitore tira la cinghia, potrà (forse!) migliorare la sua capacità di rimborsare i propri debiti, ma quando tutti tirano la cinghia e nessuno spende, le imprese non vendono, i redditi crollano, i debitori falliscono e le banche accumulano sofferenze.

La moneta fiscale quindi non è un sotterfugio per prepararsi a uscire dall’euro, bensì uno strumento per rafforzarlo. Affiancato da monete fiscali nazionali, emesse secondo le esigenze di ciascun Paese, l’euro potrebbe essere una moneta comune, complementare alle monete nazionali, e capace di sostenere il commercio fra Paesi membri senza alimentare quegli squilibri che stanno portando l’Europa sull’orlo della rottura.

Una riflessione breve bisogna farla anche su Blockchain e Bitcoin, anche se il tema meriterebbe un approfondimento veramente esplicativo.

La Blockchain in italiano “catena di blocchi”, può essere semplificata come un processo in cui un insieme di soggetti condivide risorse informatiche (memoria, CPU, banda) per rendere disponibile alla comunità di utenti un database virtuale generalmente di tipo pubblico, grazie alla marcatura temporale può permettere a persone che non si conoscono di verificare, ad esempio, «il succedersi di scambi di proprietà». A sua volta il Bitcoin,  è uno dei primi esempi (e oggi il più importante) di criptovaluta.

Le transazioni vengono registrate su un Libro Mastro  controllato da tutti i partecipanti che operano sulla rete e che vi accedono «mettendo a disposizione risorse di calcolo, mediante cui si ottempera alla validazione delle transazioni», senza dover ricorrere a un terzo, cioè la banca e/o istituto di credito, e assicurando che la transazione sia possibile, cioè validando la reale disponibilità di chi effettua il pagamento, che paradossalmente è più sicuro a questo punto di una transazione reale.

Ci sono altre qualità della cripto valuta:

–        la «programmabilità», l’impiego di una Distributed Ledger Technology, (tecnologia di controllo distribuita), ciò permette che la transazione «avvenga in modo programmato e programmabile»;

–        l’abilitazione di «Smart Contracts», un metodo per formare accordi e validarli senza la necessità di ricorrere a soggetti terzi ma sempre con l’ausilio dei controllori distribuiti;

–        I  contratti distribuiti o “Distributed Contracts”

–        I «Colored Coins» che sono informazioni memorizzate nella blockchain in modo che possano rappresentare degli asset o delle valute che nessuno può rinnegare;

–        La Supply Chain Finance, è definita come “l’insieme di strumenti finanziari, pratiche e tecnologie impiegati per ottimizzare capitale circolante e liquidità di tutti gli operatori coinvolti nella filiera produttiva.

Il sistema di pagamento della Blockchain, però, non si dimostra sempre all’altezza dal punto di vista di efficienza. Gli utilizzatori di Bitcoin sono penalizzati dai tempi lunghi di cui necessita la conferma delle proprie transazioni. È necessario, come stanno già cercando di fare molti stati (non solo europei) affrontate il tema (complesso) della regolamentazione dell’utilizzo della criptovaluta.

Il futuro del sistema economico monetario è assolutamente incerto.

Oggi però, società e istituzioni, iniziano a capire che necessita una visione diversa e lungimirante, abbandonando definitivamente la cupidigia che può spingere l’uomo a speculare.

Bisogna rompere, forse anche con gesti che possono sembrare da folli, il sistema, considerando che stiamo per entrare in possesso di una grande innovazione, che piano piano sta venendo alla luce.

Le possibili applicazioni dei Bitcoin e della Blockchain che vanno ben oltre l’uso monetario, mostrano, anche se non di facile comprensione al momento per le masse, la sua validità, la sua estrema sicurezza, la velocità e la semplicità che permetterà il suo funzionamento.

Non è solo però un protocollo per innovare il nostro sistema economico, benché di certo sia più sicuro ed intelligente di ciò che abbiamo ora, ma un’idea che il mondo intero, sta recependo, come fa quando si tratta di innovazioni geniali e che segnerà credo una svolta fondamentale nella storia dell’umanità, guidato auspicabilmente da menti brillanti e votate al Bene ed al Progresso.

 

 

TAG: #napoli, blockchain, criptovalute, euro, luigi de magistris, monica mandico, valute alternative
CAT: economia civile, macroeconomia

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