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industria manifattura 4.0

Economia

Nel biennio 2026-27 la manifattura italiana torna a crescere, trainata da export, investimenti e innovazione

di redazione

Il Rapporto Analisi dei Settori Industriali di Intesa Sanpaolo e Prometeia stima una ripresa della manifattura italiana: +1% medio annuo nel biennio 2026-27, grazie a export, investimenti e innovazione 4.0.

5 Novembre 2025

Dopo due anni di rallentamento, l’industria manifatturiera italiana si prepara a voltare pagina. Il Rapporto Analisi dei Settori Industriali (ASI), presentato da Intesa Sanpaolo insieme a Prometeia, disegna un quadro di graduale ritorno alla crescita per il biennio 2026-2027, con un aumento medio dell’1% a prezzi costanti. Il 2025 resta un anno di transizione, segnato da una contrazione dell’1%, ma meno intensa rispetto al biennio 2023-24, quando la produzione industriale aveva perso in media il 2,6% all’anno.

Il rapporto, che analizza circa 40 comparti produttivi in 15 settori, evidenzia come la manifattura italiana stia uscendo dalla fase più critica del ciclo economico grazie a margini ancora solidi, a un tessuto industriale finanziariamente robusto e alla ripresa di consumi e investimenti.

Un 2025 di passaggio: consumi prudenti, ma segnali di fiducia

Il 2025, sottolinea il report, è “un anno di transizione”, in cui la crescita dei consumi resta contenuta, ma si intravedono segnali di miglioramento. La propensione al risparmio delle famiglie rimane elevata, ma l’aumento del potere d’acquisto e la buona tenuta del mercato del lavoro stanno sostenendo la spesa in beni di fascia medio-alta.

Tra i comparti più dinamici figurano i beni digitali e quelli legati alla salute e al benessere, mentre si stabilizza la domanda di beni durevoli per la casa, dopo i picchi registrati negli anni post-pandemici.

Sul fronte degli investimenti, il clima appare in miglioramento: la riduzione dei tassi d’interesse e la revisione del programma Transizione 5.0 hanno stimolato il ritorno di interesse per i beni strumentali, anche se una parte rilevante dei fondi stanziati resta ancora inutilizzata. Il comparto delle costruzioni, invece, prosegue la fase di correzione iniziata nel 2024, compensata solo in parte dalla buona performance del genio civile, sostenuto dai progetti infrastrutturali legati al PNRR.

Export in rallentamento, ma saldo commerciale in tenuta

Nel 2025 la performance dell’export italiano si mostra disomogenea: dopo una prima parte dell’anno più vivace (+2,4% tra gennaio e luglio a prezzi costanti), l’andamento ha risentito della debolezza della domanda internazionale e della frenata dei mercati extra-UE, in particolare Stati Uniti e Cina. L’anno dovrebbe chiudersi con un +0,9% a prezzi costanti, trainato in parte dall’anticipo delle vendite oltreoceano per mitigare l’effetto dei dazi. Di particolare interesse il fatto che, a fronte delle politiche doganali americane volute dal presidente Donald Trump, stia emergendo un forte interesse per l’India e i Paesi del Golfo, in particolare gli Emirati che gioca il ruolo di paese pivot di tutte l’area.

Allo stesso tempo, le importazioni risultano in crescita, soprattutto dai Paesi extra-UE, spinte dal rilancio della domanda interna e dal rifornimento di input produttivi per alcune filiere ad alta intensità tecnologica, come la farmaceutica.

Nonostante ciò, il saldo commerciale manifatturiero resta positivo e, secondo le stime, potrà superare i 113 miliardi di euro nel 2027, tornando sui livelli record del 2023.

2026-27: il biennio della ripresa

Dopo la pausa del 2025, la manifattura italiana dovrebbe tornare a crescere in modo più diffuso nel biennio successivo. Le previsioni di Intesa Sanpaolo e Prometeia indicano un incremento dell’1% medio annuo a prezzi costanti, grazie a un mix favorevole di fattori: la ripresa della domanda europea, il rientro dell’inflazione, la ripartenza della Germania – tradizionalmente primo mercato di riferimento per molte filiere – e una maggiore stabilità del contesto macroeconomico internazionale.

Anche la domanda interna fornirà un contributo positivo: la crescita dei consumi e l’accelerazione degli investimenti, sostenute da margini d’impresa ancora elevati, potranno spingere la produzione e alimentare un nuovo ciclo espansivo.

Digitalizzazione e sostenibilità come leve di competitività

La competitività del manifatturiero italiano si gioca sempre più sulla capacità di innovare. Gli investimenti in tecnologie 4.0, digitalizzazione, intelligenza artificiale e efficientamento energetico rappresentano il fulcro della trasformazione industriale in corso.

L’analisi condotta su un campione di imprese che hanno investito negli ultimi anni mostra una diffusione crescente di data processing, cybersecurity, robotica avanzata, Internet of Things e tecnologie cloud. Sempre più aziende, anche di piccole dimensioni, stanno integrando soluzioni di AI e automazione nei processi produttivi, con guadagni di produttività significativi, in particolare tra le PMI alle prime fasi del percorso di transizione digitale.

Queste imprese mostrano un miglioramento sensibile sia nella produttività del lavoro che nella produttività totale dei fattori, confermando che l’adozione di strumenti digitali può generare un vantaggio competitivo durevole.

Redditività solida e margini sopra i livelli pre-pandemia

Nonostante l’erosione dei profitti osservata dopo il boom del triennio 2021-23, le imprese italiane restano in salute. Secondo i dati di Intesa Sanpaolo, il 44% delle aziende manifatturiere presenta ancora un ROI superiore al 10%, contro il 35% del 2019.

Il margine operativo lordo (MOL) medio dovrebbe mantenersi poco sotto il 10% del fatturato nel triennio 2025-27, mentre il ROI atteso per il 2027 (8,2%) rispecchia la buona capacità del sistema industriale di generare redditività anche in una fase di normalizzazione dei margini.

Il rientro del costo del debito e la rotazione efficiente del capitale investito dovrebbero favorire una ripresa degli investimenti e un miglioramento della produttività complessiva, elementi cruciali per affrontare la crescente competizione internazionale.

Settori vincenti e comparti in affanno

Il ranking 2025 dei settori industriali italiani delinea un panorama eterogeneo. I comparti più resilienti sono la farmaceutica (+3%), sostenuta dalla domanda europea e dalle esportazioni negli Stati Uniti, l’elettrotecnica (+1,7%) e l’alimentare e bevande (+1,1%).

Le difficoltà maggiori si concentrano nel sistema moda (-3,5%), penalizzato dalla crisi di alcune filiere del lusso, e negli autoveicoli e moto (-9%), ancora in piena fase di transizione verso l’elettrico e soggetti a forti pressioni tariffarie e regolamentari.

Guardando al 2027, i settori più promettenti saranno quelli legati alla doppia transizione digitale ed ecologica. L’elettronica e la meccanica cresceranno mediamente del +2,2% annuo, grazie alla spinta degli investimenti in macchinari, attrezzature e componenti hi-tech, anche legati al PNRR. Seguono autoveicoli e moto (+2%), elettrotecnica (+1,9%), largo consumo (+1,7%) e farmaceutica (+1,5%).

Tra i beni di consumo durevoli, gli elettrodomestici (+1%) e i mobili (+0,4%) beneficeranno della ripresa della domanda statunitense e di un crescente interesse per l’arredo Made in Italy di fascia alta.

I beni intermedi, invece, continueranno a mostrare una crescita più debole, con i prodotti in metallo (+0,7%) e la metallurgia (+0,4%) in leggera ripresa, mentre gli intermedi chimici (-0,5%) e i materiali da costruzione (-2%) risentiranno del rallentamento edilizio.

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