Finanza
La ripresa economica si consolida senza l’aiuto delle banche
L’attenzione dei media è ora concentrata sulla campagna elettorale, ma dall’estero c’è sempre più curiosità su un fenomeno emergente dell’economia nazionale: una crescita economica che fa a meno del credito. Il Paese ha indubbiamente fatto considerevoli progressi nell’affrontare i problemi del sistema finanziario che hanno impedito una reale ripresa economica negli anni passati. A dispetto dei problemi strutturali nazionali e dell’Eurozona, l’economia sta crescendo di nuovo; il punto è che la crescita sembra avere una relazione scarsa con quanto sta accadendo all’interno del sistema bancario italiano, e non si può dire con certezza se il collegamento tra ripresa dell’economia e un più facile accesso al credito possa essere ripristinato a breve.
Il 2018 si è aperto con ottime notizie su due fronti cruciali per le banche italiane. Il totale dei crediti deteriorati (non-performing loans) sta continuando a scendere, anche se a gradoni, arrivando a novembre 2017 alla cifra di 173 miliardi di € lordi, 66 miliardi al netto delle riserve a copertura delle perdite potenziali. In ogni caso, è un declino superiore al 30% da inizio 2017 (cfr. Figura 1).
Figura 1
Le banche italiane hanno ridotto anche l’ammontare di titoli governativi in portafoglio, uno dei grossi punti deboli del sistema finanziario nazionale secondo le valutazioni della Banca Centrale Europea e dalla Commissione Europea. Le banche nazionali ora detengono “solo” 336 miliardi di debito pubblico italiano, una discreta riduzione dai massimi di 433 miliardi del febbraio 2015, con un’accelerazione significativa nelle cessioni di -47 miliardi nel corso dell’ultimo anno (cfr. Figura 2).
Figura 2
Da un lato, sembra che questa pulizia dei bilanci bancari stia avendo l’effetto atteso. Le banche hanno ripreso a prestare alle famiglie di nuovo, con il credito ai privati non-corporate che ha registrato una crescita annua del 2,9% tra novembre 2016 e 2017 (cfr. Figura 3). Resta una cifra bassa se paragonata alla crescita registrata in Francia (5,8%), ma comunque migliore che in Spagna o Portogallo e Grecia, dove il credito alle famiglie continua a contrarsi dopo anni di declino persistente.
Figura 3
Il puzzle che non si ricompone riguarda il credito alle imprese non finanziarie, che continua a non godere del miglioramento dei fondamentali dell’economia. Secondo gli ultimi dati BCE aggiornati (cfr. Figura 4), la crescita dei prestiti corporate è ferma intorno allo zero da novembre 2015 dopo un declino ininterrotto durato oltre 3 anni, mentre sta accelerando nel resto dell’Eurozona: +5,8% in Francia e + 4,7% in Germania. Questo comportamento continua a persistere nonostante una buona crescita della produzione industriale italiana (+2,2% annuo) e degli investimenti in impianti e macchinari (+3,2%).
Figura 4

C’è anche qualcos’altro che salta all’occhio nella riduzione del peso dei titoli di Stato in portafoglio. Il principale fattore in questo caso sono stati gli acquisti di Banca d’Italia come parte del Quantitative Easing della BCE (cfr. Figura 5) e non una particolare attitudine al ribilanciamento del rischio da parte delle banche nazionali. Più che di una ricomposizione “virtuosa” dei portafogli delle banche in cui i proventi della vendita dei titoli alla banca centrale vengono utilizzati per favorire altre forme di impieghi più remunerativi tra cui il credito alle imprese, si può tranquillamente parlare di accumulo di liquidità. Insomma, le banche non intendono o sono impossibilitate a far crescere il credito alle imprese ai livelli antecedenti la crisi.
Figura 5

Le banche nazionali dunque non hanno mai abbandonato la linea prioritaria del “deleveraging“, cioè della riduzione dei rischi. La strategia scelta dal management bancario è stata anzi quella del razionamento del credito. Grazie alla politica monetaria accomodante di Draghi, in Italia i tassi di interesse per i prestiti al settore privato appaiono in linea con l’Europa: il tasso medio è oramai al 1,74%, uno spread con la Germania di appena 0,06% (cfr. Figura 6). Tuttavia il gap di competitività con l’industria tedesca – che un tempo nasceva da un maggior costo del credito (cioè lo spread) – oggi che lo spread è vicino a zero deriva dal razionamento dei prestiti, cioè le banche evitano di finanziare le imprese se non con abbondanti garanzie.
Figura 6

La ripresa economica in atto senza crescita del credito è un fenomeno storicamente senza precedenti per il Paese. La domanda è: per quanto tempo l’Italia potrà continuare a fare a meno delle sue banche?



Devi fare login per commentare
Accedi