Governo

La guerra di Tito: ai diritti acquisiti e… al default italiano

17 Aprile 2015

Appena arrivato alla presidenza dell’INPS, Tito Boeri non ha fatto come tutti gli altri. Non ha detto: “scherzavo, cose che si dicono”. Con il suo sorriso perennemente giovane e sbarazzino in eterna lotta con la chioma canuta ha detto una cosa che ha sconvolto l’Italia più o meno come Varoufakis ha sconvolto l’Europa. Ha detto che l’INPS ha i dati, e farà i conti, di chi prende una pensione superiore ai contributi versati. E ha fatto capire che proporrà un taglio di capelli a chi li ha troppo lunghi. E non si è fermato lì. Ha anche detto che anche la Corte Costituzionale sarà d’accordo, perché il taglio realizzerà il principio costituzionale di equità: è un po’ come quando si dice all’interlocutore “lei mi insegna” per metterlo in imbarazzo e prevenire una contestazione. Eppure con questa iniziativa Tito Boeri ha sollevato un problema che va oltre la solidarietà tra generazioni e che può addirittura raggiungere le posizioni radicali (per forza e disperazione) dei governanti greci: la lotta ai diritti acquisiti. Questa sarà la nuova frontiera della sinistra europea, ancora una volta in direzione ostinata e contraria alla politica del governo Renzi.

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Per proseguire lo spirito dei nostri interventi, di re-interpretazione in chiave politica di concetti della gestione del rischio, i diritti acquisiti ci riportano al concetto di “seniority” di chi detiene titoli di capitale finanziario. I diritti acquisiti sono il corrispettivo, in termini di capitale umano e ricchezza pensionistica, dei diritti di precedenza che i creditori senior detengono rispetto ai creditori junior e agli azionisti in un’azienda. Ma ancora una volta, la differenza tra il capitale finanziario e di altro tipo sta nel prezzo. I diritti acquisiti sono vantaggi e priorità che si godono per diritto di nascita, di coorte o per la famigerata “botta di culo”. Invece, nel capitale finanziario i diritti di precedenza si pagano. Sotto questo profilo, questo concetto non è altro che un’altra puntata della nostra lettura della lotta moderna come trasferimento di rischi (gratis et amore) tra categorie della popolazione.

Nel campo della ricchezza pensionistica, la priorità nei titoli si traduce col termine casta: vitalizi, pensioni d’oro, cumuli, differenze tra pensione percepita e maturata. In questo stagno il sasso di Tito Boeri ha fatto un gran rumore, particolarmente se confrontato con il silenzio precedente. Tutti ci siamo chiesti: ma questi dati dov’erano prima che arrivasse Tito? Tito ha portato il computer? Io nello stagno avrei lanciato anche un sasso più grosso. Che senso ha che l’INPS offra pensioni delle dimensioni abnormi che abbiamo visto, anche con il sistema contributivo? La missione dell’INPS è forse quella di competere con il mondo del private banking?  Sulle pensioni da decine di migliaia di euro al mese, Tito Boeri dovrebbe anche fare i conti sul valore di mercato del trattamento maturato rispetto contributi versati.

Ma il sasso lanciato da Tito Boeri rimbalza in altri settori dell’economia, a partire da quello del capitale umano. E’ stato da molti osservato che il Jobs Act del governo Renzi ha creato altri diritti acquisiti, e un ordine gerarchico nel capitale umano in due dimensioni. In primo luogo ha introdotto un rapporto di “seniority” tra chi era già al lavoro con la vecchia normativa, e il nuovo lavoratore “a tutele crescenti”. Oggi un lavoratore ha gradazioni come un bicchiere di vino: lavoratore con vitigno a tempo indeterminato a tutele crescenti, in cui si avverte un bouquet di lavori a contratto passati e un forte retrogusto di precario. Chi era a tempo indeterminato ieri, oggi detiene un capitale umano senior come un possessore di un’obbligazione detiene capitale finanziario senior. In secondo luogo, sappiamo tutti che il lavoratore pubblico è senior rispetto al lavoratore privato, perché a lui non si applica il Jobs Act. La spiegazione che ha dato la ministra Madia, che i dipendenti pubblici hanno vinto un concorso, è basata su una confusione tra gli istituti del concorso pubblico e del matrimonio. Secondo la ministra si vince un posto pubblico “fino a che morte non ci separi, in salute e in malattia nella buona e nella cattiva sorte”. Insomma, quelli che lavorano per lo stato, come il sottoscritto, sono “senior” rispetto a tutti gli altri. E pare addirittura che sia intenzione della futura riforma della “buona università” rendere i docenti universitari come me ancora più “senior”, anche rispetto ai dipendenti pubblici, creando uno status ad hoc.

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La lotta preventiva contro i diritti acquisiti è importante, perché le alternative alla prevenzione sono estreme. La prima alternativa che viene in mente è il default. Il fallimento è un po’ come la morte, tanto che si usano anche gli stessi strumenti di probabilità: l’intensità, come probabilità istantanea di morte o di default. E saremmo portati a pensare che come la morte anche il default sia “una livella”: fallito sei tu, fallito son pur io. Il termine per definire questa proprietà di livella è “pari passu”. Di fronte al default pagano tutti. Agli emeriti giuristi che discettano dei principi costituzionali di eguaglianza di pensioni e tasse di dimensioni ragguardevoli, il default contrappone un principio ancora più primitivo. Da domani ermellino ecologico per tutti. Se siamo animalisti? No, siamo falliti. In altre parole, la persistenza dei diritti acquisiti diffonde l’impressione che l’unica soluzione sia tirare una linea e ricominciare una nuova storia.

La Grecia è a questo stadio. In fondo Yanis Varoufakis è un Tito Boeri arrivato troppo tardi. La minaccia di Varoufakis di aver finito la liquidità e di scegliere la strada del default è la chiamata all’atto finale. Ma chi conosce il funzionamento dei mercati finanziari sa che a differenza della morte, il default non è una livella. Altri diritti acquisiti si affermano in stato di insolvenza, e i creditori si agitano e tentano di passarsi avanti e portare a casa quanto più possono in barba alle regole di precedenza vigenti prima della crisi. E succede in maniera particolare nelle crisi del debito sovrano, che per ovvi motivi possono essere risolte solo con ristrutturazioni, e non con la liquidazione dei beni. In alcuni casi questo fenomeno dà luogo a risultati paradossali e ridicoli, come nel caso dell’Argentina: due fondi speculativi in nome della parità di trattamento tra tutti i creditori hanno rivendicato, e ottenuto da un giudice americano, di essere pagati in toto prima che venissero pagati tutti gli altri. Anche la storia della ristrutturazione greca ha messo in luce un copione simile, con aiuti che invece di raggiungere l’economia greca sono rimbalzati nelle banche degli altri paesi europei. E il tentativo del governo di Tsipras è quello di invertire questa scala di gerarchie in favore dei cittadini.

C’è quindi un filo rosso che lega la guerra di Tito a quella di Yanis. Se ci fosse stato un Boeri che avesse aggredito il problema dei diritti acquisiti prima della crisi, non ci sarebbe oggi un Varoufakis che minaccia il default pur di difendere chi è rimasto fuori dalla protezione. “Citizens are senior”, mi capitava di dire in un pub della City in margine a una presentazione, un mese fa. E proprio a questo tema siamo arrivati a questo stadio della crisi greca. Ricordiamo un ministro che ha affermato che tra il Fondo Monetario Internazionale che si fregia, per auto-incoronazione,  dello status di creditore senior, e un pensionato greco, la precedenza sarebbe stavolta andata al pensionato. Questa dichiarazione, che fece così clamore da dover essere immediatamente sconfessata dallo stesso governo greco, riemerge e rimbalza oggi, anche nelle parole di Varoufakis. E ce ne sarà ancora da discutere di priorità in caso di default, e anche, per specialisti, in caso di uscita della Grecia dall’Euro. Ad esempio, chi parla di Grexit non sa cosa succederà dei crediti che il sistema delle banche centrali europee vanta verso la Grecia, che in quel caso dovranno essere saldati. Un mio amico di Banca d’Italia dice che questi crediti, il famoso Target 2, hanno la precedenza sugli altri perché sono crediti verso una istituzione sovranazionale. Ma se io fossi un ministro greco la penserei diversamente, e del resto abbiamo appena detto che i ministri del governo greco hanno già messo in dubbio i privilegi del Fondo Monetario Internazionale.

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Se infine questo scenario greco vi sembra estremo, e la guerra di Yanis vi sembra un colpo di cannone rispetto alla cortese minaccia di Tito, ricordate che dietro il fallimento del governo greco ci può essere una misura di ritorno all’equità ancora più estrema. Se il default non è una livella, la rottura del tessuto sociale può esserlo. Ma, come ammonisce ripetutamente Varoufakis, non sarà la rivoluzione socialista. Niente sol dell’avvenir, niente classe operaia che spezza le proprie catene e si appropria dei mezzi di produzione, perché la classe operaia non c’è più. Sarà probabilmente una disgregazione e la re-distribuzione tramite l’appropriazione della ricchezza altrui: più Charles Manson che Fidel Castro. Per questo, spingiamo tutti il programma di Tito, e speriamo solo che il titolo di questo pezzo, che è la crasi di due grandi canzoni che finiscono male, la guerra di Piero e il testamento di Tito, giochi il ruolo di un augurio scaramantico.

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