La «Sofri-Bignardi»: che fatica oggi essere coppia di potere

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18 Febbraio 2016

Ci sono coppie che ti danno proprio quell’impressione lì, d’essere un perenne «tableau vivant» di potere, quel mulino bianco salottiero in cui la mattina ci si sveglia già con l’idea, tonica e propositiva, d’intrecciare buone relazioni, formichine operose della galassia che conta senza sapere neppure quanto, illusionisti perenni soprattutto per se stessi, raccontatori sussiegosi di un mondo parallelo (e inesistente) con la speranza che nessuno mai s’accorga della messinscena bucandoti sadicamente il palloncino. Oggi questa coppia che raggiunge il cavalierato quirinalizio è la «Sofri-Bignardi» (timoniere Renzi), ma sempre nell’empireo governativo possono vantare ragguardevoli uffici la «Rondolino-Ercolani», lui riproduttore instancabile del pensamento renziano, lei straordinaria produttrice televisiva, ma fallimentare regista dell’ultima Leopolda.

La «Sofri-Bignardi» non dovrebbe soffrire troppo di un rovesciamento improvviso dei ruoli che sovente resuscita rancori e gelosie sopite e che potrebbero infiammarsi nel momento in cui la Dimenticata riacquista interamente la primazia interna (solo temporaneamente abbandonata). Gira in queste ore un videino significativo in cui, al termine dell’intervista di Renzi alle Invasioni, il tenero Luca intercetta nei corridoi dello studio lo smartissimo Matteo e per quel gusto antagonista per cui è rimasto famoso lo battezza impietosamente con un “Ciao capo!”, salvo poi rassicurarlo sulla tenuta complessiva dell’intervista appena fatta ch’egli considera “ottima, ottima”.

Se questo onesto siparietto – avrei voluto vedere voi (noi) incrociare il futuro capo del governo e tenere la stessa autonomia – ha scatenato lazzi e invidie di interi plotoncini rancorosi, qui si dirà invece che il drammone non sta per nulla in quell’impercettibile inclinazione lombare mostrata dal Sofri all’indirizzo del Capo. Almeno per noi che conosciamo le coppie e ne sappiamo il potenziale. Lo sconforto, semmai, si estende al vederlo lì, in quello studio, dedito a vassallaggio matrimoniale spinto, guardato con tenerezza e malinconia da chi in quello studio lavora e nota una presenza spuria, di nessun peso specifico televisivo, lì solo e soltanto per essere il marito di. Dispensando addirittura, qui sì tra i lazzi giustificati degli astanti, patenti di bravura a questo e a quello. Ci raccontava anni fa, un autore storico di «Ballando con le stelle», che simili scenette, e anche molto di peggio, accadevano con il marito di Milly Carlucci, che di professione fa il costruttore, il quale durante la settimana tentava di dettare legge, venendo regolarmente mandato a cagare dalla pattuglia degli autorizzati.

Ma insomma, in questi anni in cui la «Bigna», come l’ha chiamata il trombato eccellente Andrea Salerno, ha lasciato la televisione attiva per dedicarsi a qualche libro, il punto sociale lo ha tenuto il direttore de Il Post, la creatura/salotto con cui Sofri mantiene vivo il suo rapporto con il potere delle relazioni. Creatura che qualcuno chiama con il brutto nome di aggregatore, più semplicemente sarebbe un giornale, ma parimenti audace sarebbe definire il Sofri medesimo un giornalista al netto dell’iscrizione all’Ordine, se dobbiamo dar credito alle “31 regole sul giornalismo” che diede alle stampe nel corso di un Festival del giornalismo di Perugia e che qui ci spinsero a commentare. Quella creaturina aggregata è davvero un congegno sofisticato, in cui ci devi essere se vuoi contare e devi contare se ci vuoi essere.

Per dire, insomma, che se poi nei posti giusti ci vanno loro è inutile lamentarsi troppo, perché noi non ce la potremmo mai fare, né come capacità personali – qui si alzano immediatamente le mani – né come attitudine al sodalizio matrimonial/politico con relativa navigazione in mare aperto (e porto sicuro).

 

Immagine di copertina tratta da Le corde dell’anima

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CAT: Editoria, Media

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