America
Trump vestito da papa, non è proprio solo uno scherzo
Non è proprio una semplice goliardata quella di Trump vestito da papa in un fotomontaggio postato sugli account social della Casa Bianca a pochi giorni dall’inizio del Conclave. E neppure pare saggio limitarsi all’indignazione. Meglio cercare di capire e unire i puntini.
Donald Trump vestito da papa non è solo un scherzo beffardo di un buffone di cui ridere. «Qualcosa di speciale sta accadendo nel nostro Paese. L’ho visto con i miei occhi», ha detto Jackson Lahmeyer, fondatore di Pastors for Trump). In campagna elettorale durante le convention repubblicane più volte è risuonato dal popolo evangelical il grido: «Gesù è il mio re, Trump il mio presidente». Sempre in campagna elettorale Donald Trump si era fatto sponsor di una speciale edizione della Bibbia fregiata della scritta “Dio benedica gli Usa”. Ecco il Trump pensiero: «Molti di voi non l’hanno mai letta [chissà lui a questo punto]. La religione e il cristianesimo sono le cose più grandi che mancano in questo Paese, e credo davvero che dobbiamo riprenderceli indietro e dobbiamo farlo in fretta».
In campagna elettorale la strategia di inclusione dei cattolici è stata affidata all’attivista ultraconservatore Brian Burch, leader di CatholicVote poi ricompensato con la nomina ad ambasciatore Usa presso la Santa Sede. Massimo Faggioli, teologo della Villanova University (Philadelphia), autore del recente “Da Dio a Trump” (Scholé), ha spiegato cosa questo comporti per la Chiesa cattolica americana, ora più che mai spaccata in due tra progressisti e conservatori e sull’orlo di un possibile scisma.
Semplice marketing elettorale o strategia di più lungo respiro?
Alla fine – spiegano i leader del movimento evangelicale – anche re Davide ebbe le sue colpe, ma si convertì e divenne uno strumento nelle mani di Dio. In alcune chiese si è così accreditato il racconto di Trump “secondo vascello imperfetto”, dopo Ciro il Grande, nel 539 avanti Cristo, così definito perché aveva consentito agli ebrei di tornare nella terra promessa e ricostruire il Tempio.
Una volta presidente, Donald Trump ha dato origine ad una nuova offensiva religiosa. E qui è riconoscibile la strategia. Ha nominato a capo dell’Ufficio della fede, aperto alla Casa Bianca, la predicatrice californiana Paula Withe, convinta di essere inviata da Dio e che il Creatore le ha dato il potere di santificare tutto ciò che la circonda e, in particolare, l’ufficio ovale del presidente e l’intera Casa bianca in cui risiede. Icona di quell’insediamento una foto con un rimando alla leonardesca ultima cena in cui vi sono benedizioni di preti e pastori che confidano nella missione redentrice di Trump.
La Withe è una esponente editorialmente assai prolifica della “teologia della prosperità”. “Vivere una vita nell’abbondanza”; “I dieci comandamenti della salute e del benessere”; “Fai nascere i tuoi sogni. Il piano di Dio per vivere vittoriosamente”. Il messaggio ricorrente è molto chiaro: Dio ti offre ricchezza e benessere e la fede in Lui, ti apre la strada di una vita nell’agio e nel benessere. Al contrario, la povertà è una colpa, un fallimento che deriva dalla fragilità della tua fede.
Con Paula Withe ed altri questa teologia è arrivata alla Casa Bianca ed è stata entusiasticamente fatta propria dal presidente Trump, la cui intera esistenza si è sviluppata attorno al mito del successo finanziario e della missione per conquistarlo.
È poi comparso il breve video, che ha suscitato ampio sdegno, che mostra una riviera di Gaza virtuale: una lunga spiaggia trasformata in una sorta di Formentera del Medio Oriente, una terra benedetta in cui i soldi piovono dal cielo e i ricchi e i potenti potranno sorseggiare un drink scrutando il Mediterraneo. Nel filmato su questa spiaggia si erge la statua dorata del presidente. Il messaggio è politico, ma il video è carico di allusioni anche teologiche del tutto coerenti, per altro, con l’idea che il presidente ha di sé: un inviato di Dio.
Provando a riassumere, faccio mie le considerazioni di Gabriele Boccaccini, docente di storia del cristianesimo primitivo all’ University of Michigan: Trump vestito da papa «non è lo scherzo beffardo di un buffone di cui ridere Il movimento capitanato da Trump è anche un movimento religioso con forti connotazioni messianiche-millenariste. Milioni di cristiani (di varia denominazione) vedono in un lui una sorta di messia venuto a risollevare le sorti di un cristianesimo messo all’angolo dalla secolarizzazione della modernità, un messia addirittura salvato miracolosamente dalla morte per un disegno provvidenziale. Non è neppure un tentativo maldestro di influenzare il conclave. E’ invece una dichiarazione pubblica che comunque vada una parte importante (e trasversale) del mondo cristiano (inclusi molti cattolici) guarderanno a lui come al “vero” Papa, investito come messia di un’autorità superiore a quella di chiunque sarà eletto al soglio pontificio. Volente o nolente, il prossimo papa si troverà nei prossimi anni a dover “competere” con Trump (e il suo movimento) per conquistare la mente e il cuore dei cristiani di tutto il mondo. E’ una cosa inedita. Trump agirà non solo come leader politico ma come Papa-ombra con una dimensione super-denominazionale che lo rende punto di riferimento di milioni di cristiani di diverse denominazioni che a lui guarderanno per una guida anche religiosa per “fare di nuovo grande” il cristianesimo a suo dire “tradito” dai propri leader».
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