Geopolitica

Analisi sulla nuova composizione del Consiglio di sicurezza dell’ONU

La nuova composizione del Consiglio di Sicurezza per il biennio 2026-2027 rappresenta molto più che un semplice cambio istituzionale: è il riflesso di una realtà geopolitica che sta cambiando.

4 Giugno 2025

Con una votazione netta e senza incertezze, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha eletto martedì 4 giugno 2025 cinque nuovi membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza per il biennio 2026-2027: Bahrain, Colombia, Repubblica Democratica del Congo (RDC), Lettonia e Liberia. Il risultato del voto – condotto a scrutinio segreto e con la partecipazione di 188 dei 193 Stati membri – segna non solo un avvicendamento istituzionale ma anche un passaggio politico significativo, soprattutto in relazione al dossier del Sahara Occidentale.

L’elezione si è svolta secondo le regole consuete, che prevedono la rotazione dei seggi in base alla distribuzione geografica. Quest’anno erano in palio due seggi per l’Africa, uno per l’Asia-Pacifico, uno per l’Europa orientale e uno per l’America Latina e i Caraibi. Tutti i candidati hanno ottenuto la maggioranza richiesta dei due terzi dei voti espressi, il che testimonia un ampio consenso tra gli Stati membri dell’ONU.

Ma al di là della dinamica procedurale, l’esito del voto assume una valenza politica ben più rilevante, soprattutto per quanto riguarda due paesi eletti – Liberia e Bahrain – che da anni hanno assunto una posizione chiara e inequivocabile a favore della sovranità marocchina sul Sahara e contro le rivendicazioni del Fronte Polisario.

L’ingresso di Stati esplicitamente schierati a favore del Marocco nel massimo organo decisionale dell’ONU in materia di pace e sicurezza rappresenta un vero e proprio smacco per il Polisario. Il movimento indipendentista, sostenuto in primis dall’Algeria, ha vissuto negli ultimi anni una progressiva perdita di consenso a livello internazionale. Mentre Rabat ha messo in campo una diplomazia attiva e coerente, culminata nel riconoscimento della marocchinità del Sahara da parte di importanti attori regionali e globali – tra cui gli Stati Uniti, gli Emirati Arabi Uniti e decine di paesi africani e latinoamericani – il Polisario appare sempre più isolato, privo di una strategia efficace e appesantito da gravi crisi interne.

La Liberia, che già nel 2019 aveva ritirato il proprio riconoscimento alla cosiddetta “Repubblica Araba Saharawi Democratica” (RASD), ha consolidato negli ultimi anni un rapporto privilegiato con il Marocco, culminato nella riapertura dell’ambasciata liberiana a Rabat e in un forte partenariato economico. La sua elezione nel Consiglio di Sicurezza rappresenta quindi l’ingresso di una voce chiaramente favorevole alla posizione marocchina.

Il Bahrain, dal canto suo, è stato tra i primi paesi del Golfo a schierarsi pubblicamente al fianco del Marocco sulla questione del Sahara. Non solo ha espresso costantemente sostegno all’integrità territoriale del Regno, ma ha anche aperto un consolato a Laayoune nel 2020, un gesto simbolicamente e politicamente forte. La presenza di Manama nel Consiglio sarà dunque un elemento chiave a favore di Rabat nelle discussioni future.

Se Bahrain e Liberia rappresentano apertamente l’asse favorevole a Rabat, anche gli altri tre membri eletti – Colombia, RDC e Lettonia – non offrono particolari sponde al Polisario.

La Colombia, sotto l’amministrazione Petro, ha cercato un difficile equilibrio tra le sue tradizionali relazioni con il Marocco e l’iniziale apertura verso la causa saharawi. Tuttavia, la recente visita di alti funzionari marocchini a Bogotá e il riavvicinamento diplomatico sembrano indicare una volontà di rafforzare i legami bilaterali, lasciando sempre meno spazio a posizioni ambigue.

La Repubblica Democratica del Congo, infine, è tra i paesi africani che hanno rafforzato i legami con Rabat. Ha anche aperto un proprio consolato a Dakhla nel Sahara, gesto che di fatto implica un riconoscimento della sovranità marocchina sulla regione contesa e pochi giorni fa ha ribadito , con un comunicato ufficiale del Ministero degli Affari esteri la sua posizione

Quanto alla Lettonia, pur mantenendo una tradizionale posizione di neutralità nelle controversie africane, ha sempre appoggiato il principio dell’integrità territoriale degli Stati, un concetto che gioca a favore del Marocco e contro le aspirazioni secessioniste sostenute dal Polisario.

Il voto dell’Assemblea Generale lancia un segnale chiaro: il sostegno internazionale alla causa del Polisario è in netta ritirata. La mancanza di candidati apertamente favorevoli alla RASD nel Consiglio di Sicurezza, unita alla crescente presenza di paesi alleati di Rabat, rende difficile pensare che le future deliberazioni su questa annosa disputa possano andare a vantaggio del movimento saharawi.

Si tratta, di fatto, di una sconfitta diplomatica che riflette il mutato panorama geopolitico. Mentre il Marocco ha saputo costruire una rete di alleanze trasversali, puntando su una diplomazia del consenso, investimenti strategici in Africa e relazioni economiche e culturali forti, il Polisario si è ritrovato sempre più legato esclusivamente al sostegno algerino, senza una strategia multilaterale efficace.

In questo contesto, la proposta marocchina di autonomia per il Sahara sotto sovranità nazionale – definita “seria, credibile e realistica” da numerosi attori internazionali – guadagna terreno come unica soluzione praticabile per una crisi che si trascina da quasi cinquant’anni. L’ONU continua a sostenere una soluzione politica negoziata, ma il fatto che il Consiglio di Sicurezza conti ora su membri più vicini alle posizioni di Rabat potrà avere un peso non indifferente nei prossimi passaggi.

La nuova composizione del Consiglio di Sicurezza per il biennio 2026-2027 rappresenta molto più che un semplice cambio istituzionale: è il riflesso di una realtà geopolitica che sta cambiando. E il Fronte Polisario, oggi, appare come il grande assente di questo cambiamento, sempre più isolato e con prospettive politiche in netto declino. Se non riuscirà a riformulare la propria strategia e ad aprirsi a soluzioni realistiche, rischia di restare intrappolato in un immobilismo che lo condanna all’irrilevanza.

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