Geopolitica

Netanyahu ispirato da “Labirinto Iran”

18 Giugno 2025

Molto probabilmente Benjamin Netanyahu ha letto il libro “Labirinto Iran – Ipotesi di pace e guerra”[1] – edito nel 2010 negli USA – e scegliendo fior da fiore ne mette in pratica alcune delle nove opzioni suggerite all’allora presidente Obama per uscire in un modo o nell’altro da quello che non solo per gli USA era ed è il labirinto dei rapporti con l’Iran. Il caso vuole che una delle nove opzioni si intitoli proprio “Ci pensa Bibi”, dove Bibi è il diminutivo di Benjamin molto in voga per indicare Benjamin Netanyahu.

“Ci pensa Bibi”, ma in che modo ci pensa? Esattamente come ci sta pensando in questi giorni: con bombardamenti e attacchi di varia natura per spazzare via con uccisioni mirate la classe dirigente e l’asserito programma iraniano di produzione di bombe atomiche. Programma del quale a parte le non disinteressate chiacchiere non solo israeliane non c’è nessuna prova. I recenti sospetti resi noti dal responsabile dell’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica), l’argentino Rafael Grossi, che pare abbiano spinto Netanyahu a rompere gli indugi e ad agire, possono suscitare il sospetto che siano falsi o esagerati. La stampa iraniana ha infatti pubblicato in questi giorni documenti segreti israeliani che, se autentici come sembra che siano, dimostrerebbero come Grossi – tradendo i propri doveri e obblighi – non solo informa regolarmente Israele sulle faccende nucleari iraniane, ma a volte ne esegue docilmente anche i “suggerimenti”[2].

Oltre al bastone delle ondate di bombardamenti, Bibi “ci pensa” anche con la carota del presentarsi come il liberatore dei 70 milioni di iraniani dall’asfissiante regime teocratico che li opprime da molti decenni. È ovvio, anche se su questo c’è il silenzio più assoluto, che Netanyahu stia tentando i militari iraniani con la possibilità di un colpo di Stato. Che non sarebbe comunque una passeggiata, ma piuttosto un lago di sangue. In Iran, infatti, oltre ai militari ci sono le milizie dei Guardiani della Rivoluzione, i famosi Pasdaran, 210 000 uomini suddivisi in forze di terra, aeree e navali. Dai Pasdaran inoltre dipendono i giovani Combattenti Volontari, noti come Basiji: altri 90 mila uomini e 300 mila riservisti.

A redigere il ventaglio delle opzioni – in seguito rese note con il libro citato – è stato il Saban Center for Middle East Policy[3] ,  emanazione della Brookings Institution, che ha sede a Washington. Nata nel 1916, la Brookings nel 2009 è stata posta in cima alla classifica del Foreign Policy Think Tank Index.

I sei autori del report del Saban Center alla Casa Bianca sono tutti nomi di alto livello, che hanno ricoperto incarichi di responsabilità chi al Dipartimento di Stato e chi al Consiglio di Sicurezza Nazionale, chi nella Cia e nelle azioni degli Usa in Iraq, Corea, Pakistan e Afganistan, azioni sfociate, come è noto, in guerre e affini. Non manca neppure un ex ambasciatore in Israele e consigliere personale del presidente Clinton, come Martin Yndik, né un membro dello staff di governo del presidente Obama, come Suzanne Maloney.

Il dato interessante è che le raccomandazioni di Labirinto Iran, cioè del Saban Center, prendono in esame tutti gli scenari possibili e immaginabili, nove in totale: dall’invasione militare massiccia a una lunga campagna di bombardamenti aerei, dall’accordo di pace globale al “contenimento” rivelatosi vincente contro l’Unione Sovietica, dalla sobillazione dell’opposizione a quella delle minoranze etniche e al colpo di Stato, dal disco verde a un attacco israeliano allo strangolamento economico tramite l’aggravio sempre più pesante delle sanzioni.

Obama tra i nove scenari aveva scelto almeno in parte quello degli accordi pacifici. Trump nel suo primo mandato presidenziale con la decisione di ridurre o annullare gli accordi con Teheran sul nucleare ha reso noto al mondo che dal labirinto Iran intendeva invece uscire in modo meno pacifico. Ed ecco infatti che almeno per un certo periodo in Iran compare di colpo l’Isis coi suoi miliziani islamisti fanatici, che prendono la palla al balzo per insanguinare anche Teheran col tentativo di mettere piede in Iran.

È interessante notare che nessuno dei sei autori si maschera con la solita scusa della missione a stelle e strisce di “esportare la democrazia” (anche) in Iran. In tutte e nove le opzioni, dalla pace globale all’invasione militare, gli autori vanno tutti direttamente al sodo senza ipocrisia: parlano infatti solo ed esclusivamente della difesa degli “interessi americani in Medio Oriente”.

I sei esperti mostrano anche di avere imparato dalle esperienze in Iraq e in Afganistan, che definiscono fallimentari, soprattutto la prima perché non sostenuta della quantità di uomini necessari. A questo proposito, imparata la lezione irakena e afgana, i sei avvertono che per invadere un Paese e riuscire in qualche modo a “pacificarlo”, cioè a tenerlo sotto controllo, ci vuole almeno un soldato o poliziotto ogni 20 abitanti: quindi una eventuale invasione dell’Iran avrebbe bisogno di almeno 3,5 milioni di uomini in divisa adeguatamente armati. Un esercito, cioè, impossibile da mettere assieme, per poi tenerlo anche fermo sine die nel Paese occupato.

 

POST SCRIPTUM

Il fatto che per invadere un Paese e tenerlo “pacificato” è necessario avere almeno un uomo in armi ogni 20 abitanti del Paese invaso significa, per esempio, che per invadere nel febbraio 2022 l’Ucraina, all’epoca con 41 milioni di abitanti, ci voleva un esercito di almeno 2 milioni e 50mila uomini. Poiché la stessa NATO ha detto che la Russia ha invaso l’Ucraina con più o meno 200mila soldati se ne ricava che, contrariamente a quanto si continua a ripetere, l’invasione NON mirava a conquistare l’Ucraina, ma a riprendersi solo i territori del Donbass orientale e della Crimea abitati da popolazioni che parlano russo perché fino a una ottantina di anni fa facevano parte della Russia. Si usa dire che Putin contava su un colpo di Stato militare filorusso, ma non è mai stata esibita neppure l’ombra di una prova in merito, che resta quindi una semplice chiacchiera.

Se fosse vero che “dopo l’Ucraina la Russia invaderà l’Europa”, come strillano da tempo i governi europei e i vertici della NATO, se ne ricava che l’esercito invasore per vincere e tenere a bada i quasi 300 milioni di abitanti di Polonia, Ungheria, Germania, Francia, Italia e Portogallo dovrebbe essere composto da almeno 15 milioni di soldati e poliziotti. Cosa semplicemente irrealistica. E perciò impossibile. I governi europei sono in preda a non disinteressate paure infondate, isterismi e ignoranza della realtà reale. Realtà reale che dei governanti capaci e responsabili, ministri della Difesa e vertici militari compresi, dovrebbero invece conoscere bene. Ma gridare “al lupo, al lupo!” e al “bisogno di prepararsi alla guerra con la Russia” serve agli attuali governi per rassodare il proprio potere. Come ha insegnato Goebbels, cosa facile da fare con popolazioni alle quali si fa credere che si sta per essere invasi.

Ma questo è un discorso che merita di essere trattato con un articolo a parte.

[1] http://www.elliotedizioni.com/prodotto/labirinto-iran/

[2]  https://it.topwar.ru/266207-iranskie-smi-opublikovali-pervyj-paket-izrailskih-sekretnyh-dokumentov-ulichajuschih-magatje-v-svjazjah-s-izrailem.html?fbclid=IwQ0xDSwK7zelleHRuA2FlbQIxMQABHiPa4z5uIZj3guak5E1V05zyADDIgwElJzHrHCoHsSrzo3XNp-MAd8WNdLx8_aem_0Q9biHyvV7BCFpjZT24XFw

[3] https://www.brookings.edu/projects/saban-center-cfr-middle-east-strategy-project/

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