
Geopolitica
Regno Unito, Canada e Australia riconoscono la Palestina. Lo farà anche il Portogallo
Una decisione congiunta. “Oggi, per ravvivare la speranza di pace per i palestinesi e gli israeliani e una soluzione a due Stati, il Regno Unito riconosce formalmente lo Stato di Palestina”
Alla vigilia della settimana di Alto livello dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite 2025, Regno Unito, Canada e Australia hanno deciso di compiere un passo di forte valore simbolico e politico: il riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina. Il Portogallo annuncia di voler fare lo stesso. Una mossa che arriva in un momento delicato del conflitto israelo-palestinese e che rischia di avere ripercussioni significative sul piano diplomatico internazionale.
Il premier britannico Keir Starmer ha annunciato la decisione su X, dichiarando che il Regno Unito riconosce formalmente la Palestina “per ridare speranza alla pace tra israeliani e palestinesi e per promuovere la soluzione dei due Stati”. Londra si unisce così al fronte dei paesi che intendono rilanciare il percorso negoziale, da anni in stallo, affidandosi alla cornice della legittimità internazionale.
Poche ore prima era stato il Canada a muoversi nella stessa direzione. Il primo ministro Mark Carney, come riportato da Sky News, ha spiegato che Ottawa intende “collaborare per costruire la promessa di un futuro pacifico sia per lo Stato di Palestina che per quello di Israele”. Un annuncio che segna una svolta storica: il Canada è infatti la prima nazione del G7 a riconoscere ufficialmente lo Stato palestinese.
Sulla stessa linea anche l’Australia, con il premier Anthony Albanese che ha definito la scelta parte di uno “sforzo internazionale coordinato” insieme a Regno Unito e Canada. A completare il quadro si aggiunge il Portogallo, che ha confermato di voler formalizzare il riconoscimento a New York, con una cerimonia presso la rappresentanza permanente alle Nazioni Unite.
Le reazioni di Israele: “Un pericolo per la nostra esistenza”
L’iniziativa di Londra, Ottawa e Canberra ha provocato immediate reazioni da parte del governo israeliano.
Il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha definito il riconoscimento “una ricompensa per gli assassini” di Hamas, annunciando che chiederà di estendere la sovranità israeliana anche sulla Cisgiordania. A fargli eco il ministro della Cultura Miki Zohar, che ha ribadito la necessità di applicare la sovranità di Israele su “Giudea, Samaria e Valle del Giordano”, come riportato da Haaretz.
Lo stesso premier Benyamin Netanyahu ha assunto una posizione netta, sostenendo che “uno Stato palestinese metterebbe in pericolo l’esistenza di Israele”. In vista del suo intervento all’Assemblea generale dell’Onu, ha promesso di “presentare la verità”, sottolineando che la pace, secondo la sua visione, può essere raggiunta solo “attraverso la forza”.
Netanyahu, citato dal Times of Israel, ha inoltre accusato i paesi che sostengono il riconoscimento della Palestina di premiare indirettamente il terrorismo di Hamas, parlando di una “propaganda falsa” che minaccia la sicurezza di Israele e l’equilibrio della regione.
La risposta palestinese: “Un passo necessario verso la pace”
Di segno opposto la reazione dell’Autorità Nazionale Palestinese. In una dichiarazione ufficiale diffusa dal suo ufficio, il presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha espresso gratitudine verso il Regno Unito, definendo il riconoscimento dello Stato di Palestina “un passo fondamentale e necessario per costruire una pace giusta e duratura, in conformità con la legalità internazionale”.
Per Ramallah, queste decisioni rappresentano un incoraggiamento al percorso diplomatico e una conferma della centralità della soluzione dei due Stati, considerata da anni la via maestra per porre fine al conflitto israelo-palestinese.
Un nuovo capitolo nelle relazioni internazionali
Il riconoscimento da parte di Regno Unito, Canada, Australia e Portogallo non è solo un gesto simbolico, ma un segnale politico che potrebbe influenzare le dinamiche all’interno dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e ridefinire gli equilibri tra i paesi occidentali e Israele.
Se da una parte si rafforza la legittimazione internazionale delle aspirazioni palestinesi, dall’altra aumenta il rischio di fratture diplomatiche, in particolare con il governo israeliano, che considera queste decisioni un ostacolo alla propria sicurezza nazionale.
Il dibattito che si aprirà all’Onu nelle prossime settimane sarà quindi cruciale per comprendere se questi riconoscimenti daranno nuovo slancio al processo di pace o se, al contrario, accentueranno le tensioni già presenti nello scenario mediorientale.
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