
Medio Oriente
Il Canada riconoscerà lo Stato di Palestina, mentre a Gaza le vittime continuano a crescere
La mossa diplomatica di Ottawa segna un cambio rilevante nel fronte occidentale, mentre la crisi umanitaria nella Striscia raggiunge nuovi record
Il primo ministro canadese Mark Carney ha reso noto che il riconoscimento dello Stato palestinese da parte avverrà ufficialmente durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a settembre, subordinato a elezioni democratiche entro il 2026, all’esclusione di Hamas dalla governance e alla completa smilitarizzazione del futuro Stato. Il Canada così si allinea a Francia e Regno Unito, in una svolta diplomatica che potrebbe spingere altri Paesi del G7 ad abbandonare la storica ambiguità sulla questione palestinese.
Finora circa 147 Paesi su 193 membri dell’Onu hanno riconosciuto la Palestina come Stato sovrano, tra cui Cina, India, Brasile, Sudafrica e quasi tutta l’America Latina. Tra i grandi Stati che non l’hanno ancora fatto figurano Stati Uniti, Germania, Australia, Giappone e l’Italia.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha reagito con veemenza, definendo il riconoscimento un “premio al terrorismo” e ribadendo che uno Stato palestinese indipendente rappresenterebbe una minaccia esistenziale. Altri membri del governo israeliano continuano a spingere per l’annessione di ampie porzioni della Cisgiordania e la colonizzazione di Gaza.
Donald Trump ha invece bollato la scelta canadese come “sciagurata” e ha affermato che essa “rende molto difficile qualunque cooperazione commerciale con Ottawa”, accusando il governo canadese di legittimare indirettamente Hamas.
In Italia, dopo l’annuncio della Francia, la premier Giorgia Meloni aveva recentemente detto che il riconoscimento sarebbe “controproducente” senza uno Stato funzionante, affermando che “se si riconosce qualcosa che non esiste, il problema rischia di sembrare risolto quando non lo è”. Una posizione attendista che molti analisti giudicano ormai al limite della complicità morale, considerando l’evidenza della catastrofe umanitaria in corso. Anche la Germania, sulla stessa linea, ha evitato finora il riconoscimento, rafforzando l’impressione di una paralisi etica delle principali democrazie europee.
In una dichiarazione rilasciata poco prima di partire per Israele e la Cisgiordania,il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha affermato che «la recente conferenza delle Nazioni Unite a New York ha dimostrato che Israele si trova sempre più in una posizione di minoranza”, tuttavia per la Germania è «prematuro riconoscere uno Stato palestinese», anche se « il processo dei due Stati deve iniziare ora». Una soluzione negoziata a due stati «resta l’unica strada che può offrire alle persone di entrambe le parti una vita in pace, sicurezza e dignità – ha concluso Wadephul – Per la Germania il riconoscimento di uno Stato palestinese avviene più che altro alla fine di questo processo. Ma tale processo deve iniziare ora».
In questo quadro si inserisce il drammatico monito arrivato ieri dal Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella:
«La situazione a Gaza diviene, di giorno in giorno, drammaticamente più grave e intollerabile… si è parlato di errori anche nell’avere sparato su ambulanze e ucciso medici e infermieri, nell’aver preso a bersaglio e ucciso bambini assetati in fila per avere acqua… per l’uccisione di tante persone affamate in fila per ottenere cibo… per la distruzione di ospedali uccidendo anche bambini ricoverati per denutrizione. È difficile, in una catena simile, vedere una involontaria ripetizione di errori e non ravvisarvi l’ostinazione a uccidere indiscriminatamente».
Lo storico israeliano Omer Bartov, tra i maggiori studiosi al mondo della Shoah , intervenendo sul New York Times, ha parlato esplicitamente di genocidio:
“La mia conclusione inevitabile è che Israele sta commettendo un genocidio contro il popolo palestinese. Sono cresciuto in una famiglia sionista, ho vissuto la prima metà della mia vita in Israele, ho prestato servizio nell’esercito israeliano e ho studiato per decenni i crimini di guerra e l’Olocausto… È una conclusione dolorosa da accettare, ma ormai ineludibile”.
Il Ministero degli Affari Esteri saudita ha accolto con favore l’annuncio del Primo Ministro canadese Mark Carney e del Primo Ministro maltese Robert Abela, secondo cui i loro Paesi intendono riconoscere lo Stato di Palestina il prossimo settembre. In una dichiarazione diffusa dall’agenzia di stampa saudita SPA, il Ministero ha affermato:
“Il Regno elogia queste decisioni positive che consolidano il percorso della soluzione a due Stati e affermano il consenso della comunità internazionale sulla necessità di porre fine alle sofferenze del fraterno popolo palestinese. Il Regno rinnova il suo appello agli altri Paesi affinché intraprendano passi altrettanto seri a sostegno della pace”.
Anche la Santa Sede ha rilanciato con forza la necessità di riconoscere lo Stato palestinese. Lo ha rimarcato l’arcivescovo Gabriele Caccia, rappresentante vaticano alle Nazioni Unite, nel corso della conferenza ONU promossa da Francia e Arabia Saudita: “La soluzione dei due Stati, basata su confini sicuri e riconosciuti a livello internazionale, è l’unica via praticabile ed equa verso una pace giusta e duratura”. Caccia ha ribadito la grave preoccupazione per la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza, chiedendo “il cessate il fuoco immediato, il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani, la restituzione dei corpi dei defunti, la protezione di tutti i civili palestinesi in conformità con il diritto internazionale umanitario e l’accesso senza ostacoli agli aiuti umanitari”.
La Santa Sede, ha detto ancora, “rimane gravemente preoccupata per il peggioramento della crisi umanitaria nella Striscia di Gaza”, richiamando la comunità internazionale a una risposta “immediata e coordinata” allo “sfollamento di massa delle famiglie”, al “collasso dei servizi essenziali”, alla “crescente carestia” e alla “diffusa privazione” che “sconvolgono la coscienza umana”. Infine, ha richiamato la necessità di garantire a Gerusalemme uno status speciale che “conservi la sua identità unica”
Secondo le ultime stime Onu e fonti locali, i morti palestinesi a Gaza dall’inizio dell’offensiva israeliana del 7 ottobre 2023 hanno superato i 60 mila. Solo nelle ultime 24 ore si contano decine di nuove vittime, a causa dei bombardamenti su Khan Yunis e sulle zone settentrionali, sempre più isolate e affamate. I feriti sono oltre 140 mila, mentre la fame, la sete e il collasso sanitario aggravano di giorno in giorno la catastrofe umanitaria.
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