
Medio Oriente
Gli influencer al posto dei predicatori islamisti, ecco la nuova Arabia Saudita di Bin Salman
Mentre gli occhi del mondo restano fissi su Gaza e sul destino del “piano Trump” con l’ipotesi di accettazione seppure condizionata da parte di Hamas, nel più ricco e influente Paese musulmano, l’Arabia Saudita, va avanti un piano di riforme che potrebbe avere ricadute decisive anche sul futuro degli Accordi di Abramo, o quantomeno ci mostra come il paese del principe Mohammed Bin Salman sia intenzionato ad essere ammesso a tutti gli effetti nel consesso delle potenze contemporanee. Se la “pace” proposta dall’ex presidente americano dovesse davvero concretizzarsi, potrebbe infatti riaprire la strada a una normalizzazione dei rapporti diplomatici ed economici tra Riyadh e Israele, interrotta bruscamente il 7 ottobre.
Il Financial Times racconta come, sotto la guida del principe ereditario Mohammed bin Salman, il regno stia portando avanti la più radicale liberalizzazione della religione islamica nella sua storia recente. Dal 2017, quando il defunto gran mufti Sheikh Abdulaziz al-Alsheikh bollava concerti e cinema come “promiscui e corruttori”, lo scenario è completamente cambiato: “Vogliamo vivere una vita normale, che traduca la nostra religione tollerante e i nostri valori”, dichiarava allora MBS, imponendo la sua agenda riformista.
Oggi i negozi restano aperti durante le preghiere, le donne guidano e lavorano in numero crescente, e perfino San Valentino e il Natale hanno trovato spazio sugli scaffali dei supermercati sauditi. “Il messaggio che viene dalla Mecca risuona nel mondo islamico, e i soldi che arrivano da Riyadh hanno un’eco globale. Per anni hanno promosso una visione intollerante, ora stanno costruendo una versione più tollerante dell’Islam”, spiega David Rundell, ex diplomatico statunitense a Riyadh.
Il cambiamento è visibile anche a livello istituzionale: la Lega Musulmana Mondiale, un tempo accusata di diffondere l’influenza wahhabita, oggi organizza conferenze interreligiose. Il suo segretario generale, Mohammed al-Issa, sottolinea: “L’Islam è stato distorto da alcuni che hanno cercato di sequestrarlo. Le riforme servono a riportarlo al suo stato corretto”.
MBS punta a un’operazione di lungo periodo: filtrare e codificare i detti attribuiti al Profeta Maometto per creare un sistema giuridico più uniforme e prevedibile, riducendo il potere dei giudici religiosi. “Perfino le opinioni di Mohammed bin Abdulwahhab non sono sacre”, ha dichiarato il principe, rompendo con il padre del wahhabismo.
Dietro la modernizzazione, però, si nasconde anche un controllo serrato sul dissenso: predicatori come Salman al-Oudah rischiano la pena di morte, mentre intellettuali e attivisti lamentano la fine di un dibattito pubblico tra conservatori e liberali. “I giovani non si chiedono più se qualcosa sia halal o haram – osserva l’analista Sultan Alamer – ma discutono di valori, leggi e persino serie tv. I chierici sono stati sostituiti da influencer, avvocati e life coach”.
Un processo che appare irreversibile e che, intrecciato agli equilibri geopolitici della regione, potrebbe accelerare la ridefinizione dei rapporti con Israele. La domanda, oggi, è se la nuova immagine dell’Arabia Saudita disegnata da MBS diventerà anche la base su cui costruire il prossimo capitolo del Medio Oriente.
(Immagine di copertina, Mohammed Bin Salman: Palacio do Plonalto, tratta da Flickr, creative commons)
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