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Governo

L’Italia continua a prendere schiaffi sulla morte di Regeni, e Gentiloni che fa?

di Stefano Iannaccone
25 Marzo 2016

Ci sarebbe da ridere, se non fosse una storia tragica. Sono trascorse settimane di voci fantasiose, continue smentite e richieste di chiarimenti, senza che ci fosse nulla di credibile sulla morte di Giulio Regeni. E ora è arrivata l’ennesima “nuova verità”: il ricercatore italiano sarebbe stato ucciso da una banda di criminali comuni. Una non verità che serve soltanto a dare altri schiaffi all’Italia. In sostanza siamo tornati al punto di partenza con la stessa versione data dall’Egitto qualche ora dopo il ritrovamento del corpo, secondo cui Regeni è stato vittima di un gruppo criminale, che – guarda caso – è stato ucciso. Cosicché nessuno potrà mai spiegare cosa è realmente accaduto.

E in tutta questa farsa c’è una sola certezza: il Cairo è intenzionato a non spiegare cosa è successo. Detto in altri termini: l’obiettivo è quello di insabbiare tutto, inventandosi finanche il blitz in cui sono stati uccisi i killer del giovane nostro connazionale. Un depistaggio in piena regola, nonostante le promesse di collaborazione ripetute dal presidente Abd al-Fattah al-Sisi. E tutto questo è una situazione inaccettabile, oltre che dolorosa per la famiglia.

Entrare nel dettaglio della tesi diffusa è quasi superfluo. La narrazione è quella di una spy story, anche poco appassionante. Si tratta anche di un ulteriore tentativo di intorbidire le acque per allontanarsi dalla verità che resta nascosta. Ma il governo italiano non può accettare un’umiliazione del genere, limitandosi a generici appelli. Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, deve rappresentare con forza le ragioni di un Paese che vuole mostrare i muscoli. E c’è una ragione geopolitica specifica: in questa fase storica è necessario salvaguardare la credibilità nello scacchiere internazionale. L’Italia sta uscendo molto male dalla vicenda. Con la morte di un ragazzo italiano e il conseguente sbeffeggiamento di un governo che pure si professa come amico di Roma. Forse invocare le dimissioni del numero una della Farnesina è eccessivo. Ma chiedere cosa stia davvero facendo è più legittimo, visti gli scarsi risultati finora ottenuti, che non concorrono a incrementare l’autorevolezza del governo sia in casa e ancora di più al di fuori dei confini nazionali. Perché va bene la buona stampa di cui gode l’esecutivo guidato da Matteo Renzi, ma anche in questo caso il segno è stato superato.

egitto Giulio Regeni
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