L’Europa austera che vuole consegnarsi al fascismo
«Quando ai governi eletti democraticamente viene tolta l’aria e gli elettori precipitano nella disperazione, ne approfittano solo i fanatici, i razzisti, i nazionalisti e tutti i coloro i quali vivono di odio e paura». Questa frase del ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, pronunciata nell’intervista a Charlie Hebdo, ha una importanza culturale dirompente.
L’affermazione, infatti, si lega al “massacro mediatico” (raccontato da Nicola Mente qui su Gli Stati Generali) a cui è stato sottoposto il governo di Alexis Tsipras. La stampa ha aperto il fuoco di critiche, talvolta al limite della derisione, sul leader di Syriza, atteso al varco al primo passo indietro. Ma la gioia è alquanto effimera – come annota Varoufakis – perché il pericolo è che dopo Syriza ci sia Alba Dorata. O comunque un qualcosa di simile ad essa, che non cercherebbe una soluzione politica come ha fatto Tsipras.
Certo, “la versione di Yanis” potrebbe essere giustamente tacciata di strategia della tensione, ossia di denunciare un pericolo maggiore per ottenere qualche strapuntino e conseguire una legittimazione. Una tecnica che per esempio in Italia conosciamo bene (per esempio il ragionamento “Votate me o arrivano i comunisti”), ma che non si adatta all’attuale contesto ellenico. La Grecia è un caso che va ben oltre una crisi economica, risolvibile attraverso sacrifici richiesti alla popolazione. Il problema greco è che il Paese ha un’economia rasa al suolo e, al di là delle responsabilità passate e presenti, ha la necessità di avere una spinta verso la ripresa, in maniera anche piuttosto veloce.
Gli anti-tsiprasiani di professione dovrebbero compiere un piccolo sforzo di fantasia: cosa succederebbe se gli elettori si ribellassero contro il governo appena eletto? Quale scenario atomico – politicamente si intende – potrebbe innescarsi? Ho un’idea di risposta: la consegna di Atene al fascismo del Terzo Millennio, su gentile concessione dell’Europa. Perciò è meglio essere più prudenti e non massacrare Tsipras, cercando di portarlo alla resa totale.
Peraltro, al premier greco va riconosciuto un merito: ha evitato una deriva caudillista, una sorta di chavismo in salsa ellenica che pure sembrava prendere forma in campagna elettorale e nei primissimi giorni post vittoria. Tsipras ha quindi dimostrato di essere un leader politico pragmatico e serio, che – come fa Angela Merkel per la Germania – cerca di tutelare gli interessi del suo Paese. Tuttavia a differenza della cancelliera tedesca, la sua azione ha un potenziale beneficio per l’intera eurozona, che altrimenti andrebbe verso il patatrac disordinato.
Perciò l’ammonimento di Varoufakis deve riecheggiare a futura memoria: «Della disperazione ne approfittano solo i fanatici, i razzisti, i nazionalisti e tutti i coloro i quali vivono di odio e paura». In Grecia, e non solo.
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