Tsipras e Merkel, l’intesa che (non) ti aspetti

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25 Marzo 2015

Dopo la grande abbuffata di approfondimenti tra la fine di gennaio e la fine di febbraio, la Grecia sembra un po’ scomparsa dalle prime pagine dei giornali, giornali che certo non hanno tutto quel tempo necessario per accompagnare il governo Tsipras nella lunga trattativa con l’Europa.

No, non chiamiamola Eurogruppo, né Unione Europea, né Eurozona: chiamiamola Europa,  perché a conti (ancora non) fatti la Grecia è ormai un laboratorio abbastanza articolato per quella che potrebbe essere l’Europa che sarà. Europa, certo. Da Putin al Portogallo, dalla Serbia alla Turchia, dalle coste del Mediterraneo meridionale (leggasi Nordafrica) a quelle più orientali, come Cipro, Libano, Israele, Gaza.

Ovvio, la strada è lunga e per ora siamo costretti ad andare per previsioni, per intuizione, per supposizioni ragionate. Difficile d’altronde per l’immaginario europeo, abituato ormai all’immobilismo anticipato dai Trattati di Lisbona e protrattosi sul campo per sette lunghi anni, riuscire a capire da quale parte soffi il vento del futuro, quello che in teoria dovrebbe spingerci fuori dall’impasse. Non a caso per questo compito viene rispolverato il politico, figura mitologica nata da varie crasi storiche, sostituito nella sua più prestigiosa forma col vocabolo “statista”, sempre più raro in tempi in cui concetto di Stato e concetto di statismo, tra conglobazioni ammaestrate da un governo centrale, sovranità vacillanti e finanza globale imperante, sembravano destinati a finire nello sgabuzzino.

Il politico è ovviamente inteso come il buon politico, laddove buono non ha troppe accezioni romantiche anche se troviamo comunque aspirazioni ideali, e allora forse è meglio usare la parola “ideale”. Il politico ideale è mosso da una passione nei confronti del suo popolo, ed è colui che dimostra soprattutto capacità di trattativa. Il politico ideale non si esalta mai di fronte a una prospettiva rosea, non dispera mai di fronte a una situazione tragica, sa quando tacere, quando alzare il tiro, quando parlare a fiume, sa attendere perché è lui ad amministrare il tempo.

Il 16 marzo Alexis Tsipras rispondeva così a una domanda postagli dai giornalisti Giotaki e Tsiotsias sul quotidiano ellenico Ethnos, in cui si chiedeva dove portasse secondo il premier greco la strada che si è aperta il 20 febbraio sulla concertazione per riforme, debito pubblico, e risoluzione della gigantesca crisi umanitaria in cui versa il paese:

In molti parlano (e personalmente non ci sottraiamo) della necessità di un compromesso equo. Qual è la chiave che entrambe le parti dovrebbero trovare per giungere a un accordo vantaggioso? Altrimenti, l’alternativa resta sempre la rottura? E che cosa significa questo per i cittadini greci?

Come ho detto -così Tsipras- la chiave per far sì di ottenere un onorevole compromesso è il riconoscimento che la politica precedente di estrema austerità ha fallito non solo in Grecia ma in tutta Europa. Sappiamo che non siamo in grado di convincere tutti i nostri siti amici. Ciò richiederebbe completamente diverso equilibrio di potere. Ma possiamo trovare un terreno comune sulle riforme che abbiamo proposto nelle istituzioni, ristrutturazione amministrativa, la riforma fiscale, la lotta alla corruzione. In questo c’è già un accordo. Al di là che io non posso negare che ci sono forze che vogliono una pausa per servire la continuazione di austerità e per questo motivo creare ostacoli all’attuazione della decisione del 20 febbraio. Ma giocare con il futuro dell’Europa e mettere in pericolo un decenni di sforzo, lo stesso sforzo di integrazione europea. Questo ottimismo che permetterà forze politiche sensibili.

D’altronde Tsipras nella missiva indirizzata ad Angela Merkel e riportata il 15 marzo dal Financial Times, avvisava il Cancelliere tedesco del fatto che i suadenti dubbi mostrati dall’Eurogruppo in seguito al primo compromesso del 20 febbraio abbiano spinto la Grecia fosse nel grave imbarazzo di dover scegliere se saldare il debito o continuare con la spesa sociale: «Dato che la Grecia – queste le parole di Tsipras alla Merkel – non ha accesso ai mercati finanziari, e visti i ‘picchi’ nei nostri obblighi di rimborso del debito in primavera e in estate,deve essere chiaro che le restrizioni speciali della Bce combinate con un ritardo nell’erogazione degli aiuti renderanno impossibile per qualsiasi governo onorare i suoi debiti», il che condurrebbe a un «forte deterioramento dell’economia sociale greca già depressa. Una prospettiva che io non approverò», così il premier greco.

Scelta politica, che cerca di riprendere le briglie di quel grande universo in cui vivevano, sopravvivono e boccheggiano i principi di solidarietà, di cosa comune e di patto sociale, principi che nascono in primo luogo da un’identità nazionale un po’ diversa, non come un nazionalismo con lo sguardo al nemico esterno ma rivolta all’interno, in una sorta di processo didattico per capire quali siano le difficoltà di comunicazione tra i massimi vertici e le ultime ruote del carro di uno stato nazionale costretto a soccombere di fronte alla prepotenza del transnazionale.

A proposito di politica, non si potrebbe mangiare qualchecosarellina?

domandava Totò nei panni dell’improbabile torero, nel film Fifa e Arena del 1948. D’altronde la crisi greca è politica, perché è questione di mangiare, di sopravvivenza.

«Come rispondere a certi tecnocrati che ci chiedono di congelare i nostri provvedimenti, quando a soffrire il freddo sono migliaia di famiglie, che vivono senza elettricità?– così Tsipras alla Camera, lo scorso 18 marzo- La risposta la diamo oggi, in parlamento, con l’attività legislativa, innalzando una barriera di sovranità e dignità nazionale».

La reazione orgogliosa come risposta alla lettera confidenziale in cui i rappresentati dell’Eurogruppo, tecnocrati e non politici, invitavano Atene a privilegiare le riforme strutturali sulla spesa sociale, onde compromettere gli accordi di febbraio.

La Grecia contro l’Eurogruppo, e peggio ancora, la Grecia contro la Germania. Questo il quadro -a dire il vero piuttosto distorto- emerso nei mesi scorsi, tra richieste di debiti di guerra, muscoli mostrati in sede di pre-concertazione e voci su sedicenti nuove dracme già pronte all’uso. I protagonisti dei primi atti di questa elaborata trattativa, Schaeuble e Djisselbloem, inquadrati come emissari del diktat politico tedesco, prima che europeo. Due errori in uno: diktat tedesco, diktat politico. Il termine “politica” ormai è in seria estinzione anche per colpa di questo genere di abusi. Per troppo tempo l’abitudine è stata proprio questa, mescolare l’attività politica con una mera questione di conti: è proprio qui che l’Europa si arenata, ed è da qui che l’Europa deve provare a cambiare. Perché anche dando credito alle teorie che ci raccontano di una genesi storica unitaria modellata in questo continente su progetto macroeconomico di matrice atlantica, questa fase non può prevedere distruzione, non può prevedere strappi, allontanamenti e tensioni, ma bisogna capire quali siano i vari problemi che possono prescindere anche dagli accordi economici, così come i relativi provvedimenti risolutivi.

La missiva di Tsipras alla Merkel e l’iniziativa con cui Tsipras ha proposto un incontro ‘a otto’ a Bruxelles sembrava agli occhi dei più un ultimo disperato tentativo del Premier greco per evitare l’incombente Grexit, in realtà entrambe le decisioni sono figlie di una strategia che prevede l’allontanamento della politica dagli affari finanziari: «alcuni di voi hanno valutato negativamente l’iniziativa del vertice a otto – così il premier greco all’uscita dall’incontro- Ne usciamo non solo più fiduciosi, ma certi che esistano oggi possibilità nuove nel difficile quadro dell’Unione Europea»

D’altronde la comunicazione politica è sottile, e oltretutto la forzatura diplomatica messa in atto da Atene in questi mesi ha ormai mostrato tutti i limiti di una macchina, quella dell’Eurogruppo, –che non può più permettersi di interferire così liberamente sulla sovranità di uno stato membro UE, ora che i riflettori sono puntati a pieni fari. Difatti come ha annuciato Tsipras, non ci sarà una quinta revisione “troikiana” ma Atene verrà lasciata libera di operare con una certa autonomia.

Angela Merkel, politico di comprovata esperienza e abilità, ha subito colto il pizzino politichese della missiva di Tsipras, e accompagnando l’omologo greco per un attimo fuori dalla stanza degli affari economico-finanziari, l’ha condotto nella stanza della concertazione politica, nella sua Berlino, in uno di quei faccia a faccia tipicamente politici che ormai sembrano destinati all’amarcord del Novecento.

Quali sono stati i risultati? Dunque, all’indomani dell’incontro con Merkel, il Wall Street Journal ha riassunto in cinque punti quello che secondo l’autorevole periodico -economico- americano ha rappresentato, tra alti e bassi, comunque un passo avanti:

1) La chimica personale. I due leader sono calmi e razionali, che escludono di accusarsi l’un l’altro. Il loro calmo temperamento, però, non ha nascosto le loro divergenze politiche, che sono emerse in una conferenza stampa congiunta con accenni relativi alle riparazioni dei danni di guerra per il salvataggio, e non sono mai state così grandi negli ultimi cinque anni.

2) Il messaggio.  L’essenza della riunione può riassumersi nel messaggio che questo incontra manda agli spiriti più bollenti in Grecia e Germania. I politici populisti in Grecia hanno causato la piccata risposta tedesca e hanno fatto arrabbiare molti in Germania, tra cui il ministro delle finanze. Con l’invito al signor Tsipras, la signora Merkel ha inviato un messaggio chiaro: tutti abbiamo bisogno di rilassarsi e permettere ai due paesi di lavorare insieme.

3) Danni di guerra. Il signor Tsipras è determinato a sollevare la questione del pagamento, anche se questo non è piaciuto a Berlino. La Germania insiste sul fatto che la questione sia chiusa, mentre i precedenti governi greci hanno taciuto in modo da non complicare i colloqui sul programma di salvataggio. Il nuovo governo greco invece preferisce spingere a costruire buona volontà. Il signor Tsipras ha detto che la questione è morale e non con i soldi.

4) Non parlare della guerra. Il signor Tsipras ha criticato l’ostilità reciproca in entrambi i paesi a causa della storia della seconda guerra mondiale, ha detto che “l’odierna Germania democratica non ha nulla a che fare con la Germania del Terzo Reich” e ha invitato entrambe le nazioni ‘a ” lasciare le ombre del passato “e” voltare pagina “. Tuttavia, le relazioni continue del suo governo sull’occupazione nazista della Grecia, potrebbe spiegare perché la storia ha dominato i titoli in entrambi i paesi nella stessa misura che dominano gli attuali problemi economici della Grecia (questo dovremmo spiegarcelo un po’ tutti, ndr).

5) Si sta avvicinando la decisione per il signor Tsipras L’incontro non porterà alla soluzione di importanti problemi della Grecia, in particolare la liquidità. La signora Merkel ha insistito sul fatto che non è di sua competenza risolvere le questioni finanziarie. Il problema per il signor Tsipras è che, probabilmente, non si potrà ringraziare tutti per sempre, i tecnocrati, la sua coalizione di sinistra radicale, Syriza, i nazionalisti di destra, i Greci Indipendenti. Finora, ciò gli ha consentito di risparmiare tempo, evitando la scelta, ma il tempo e il denaro si stanno esaurendo.

Diciamo che nonostante gli effettivi segnali di intesa e nonostante ci sia da parte delle grandi istituzioni monetarie internazionali un discreto ottimismo nella valutazione dell’operato del governo greco, nel punto cinque si evidenziano, più che gli effettivi ostacoli, quelle che sono le paure di un fallimento. Paure che rimangono tali, dato che secondo recentissimi sondaggi promossi dal giornale ellenico Parapolitika e organizzati dalla società di ricerca Analisys Metron, Syriza, il partito di Tspiras, gode ancora della fiducia ben salda da parte della maggioranza dell’elettorato, attestandosi al 47, 8% contro il 21,1% della maggiore forza di opposizione, il centro-destra di Nea Dimokratia. Questo è il risultato di due mesi e mezzo vissuti da Syriza a pieno regime, perché stando alle parole di Tsipras, «trattiamo, ma allo stesso tempo abbiamo cominciato a governare; discutiamo, ma allo stesso tempo approviamo le leggi. Abbiamo già cominciato a fare le riforme, sforzandoci non solo di riportare il Paese alla normalità, ma di recuperare gli anni perduti»

D’altronde all’alba del tête-à-tête Merkel-Tsipras parole dolci sono arrivate anche dall’Olanda, dove il presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem durante un’intervista rilasciata a un’emittente nazionale ha dichiarato come ci siano “grandi progressi nei negoziati con la Grecia”, evidenziando che “ci sono comunque punti da chiarire”.

Siamo ancora all’inizio, ma la strada si intravede. Ci saranno ancora tanti ostacoli, qualche marcia indietro, qualche bastone fra le ruote, qualche inghippo. Per ora i cambiamenti effettivi non sono vicini, vicina però è la volontà di trovarli, insieme. Perché magari Tsipras fallirà, e questo nessuno ancora può dirlo. Quel che è certo è che ora la soluzione della crisi ha preso due vie, quella economica e quella politica: una per chiudere (forse ) i conti col passato, l’altra per unire gli uomini laddove i soldi dividono. Merkel un politico troppo esperto per non capire dove tira il vento, dove si vanno ad arenare le antifone, e dove invece avvisano con saggezza: noi su Gli Stati generali ne avevamo parlato già qualche tempo fa, anticipando un po’ i tempi, come ben spiegato da Giulio Sapelli qui. La Grecia si sta trasformando in un laboratorio politico indipendente, non è più una mera riserva da spremere a piacimento. L’Europa corre verso un futuro federale? La sovranità nazionale sta emergendo dalla polvere? Chi lo sa, è ancora presto. Quel che è certo è che va dato atto a Tsipras e al suo piccolo governo periferico di aver miracolosamente riaperto una partita che pareva ormai chiusa e archiviata da tempo.

 

 

TAG: alexis tsipras, angela merkel, Crisi Greca, Dijsselbloem, grecia, Unione europea
CAT: Euro e BCE, Politiche comunitarie

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