La scuola non è un diritto, la scuola non è un dovere

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14 Luglio 2020

Se fossimo parte di un film, lanceremmo forse un messaggio di questo tipo:

 

A chi è in ascolto (ndr: Unione Europea? ONU? Save the children?)

siamo ostaggio di uno Stato, di una Regione, di un Comune che hanno deciso, da 5 mesi, che il diritto/dovere all’istruzione scolastica debba essere smantellato.

Se qualcuno da fuori ci sente, venga a salvarci: noi e, soprattutto, i nostri figli.

Fate presto!

 

 

Qualcuno di voi ha recentemente viaggiato? E’ andato in qualche negozio? Ha frequentato bar e ristoranti? E’ stato su un prato in montagna o su una spiaggia al lago o al mare?

Tutto è aperto, l’affollamento è notevole, le precauzioni sono più o meno rispettate, ma in maniera piuttosto flessibile e rilassata.

Eppure, nonostante i commenti dei più ferrei, i contagi diminuiscono, i morti ancora di più e questa notizia è doppiamente positiva: significa che, nonostante gli assembramenti, la curva contagi/morti non si muove dal proprio trend in calo. Questo trend ha suggerito alla politica di riaprire tutte la attività, gradualmente, da tre mesi.

Questo era il momento di aprire!

A Maggio i bambini e i ragazzi sarebbero dovuti tornare a scuola!

Ma non con astruse linee guida calate da un universo di impauriti patologici, furbi lassisti, incomprensibili burocrati, strenui difensori dell’1,8 mq.

Si sarebbe dovuti tornare con poche indicazioni di buon senso (lavarsi spesso le mani, mantenere il minimo distanziamento consigliato anche in aereo o al ristorante, monitorare le condizioni di salute, eventualmente chiudere specifiche classi, non scuole!, dove si fosse sviluppato un eventuale e remoto focolaio). In una manifestazione sotto Palazzo Lombardia, il 13 Luglio, una manifestante ha suggerito: se non avete idee, copiamo da tutti gli altri paesi europei, che hanno riaperto le scuole e, in particolare, facciamo come la Francia, che non ha avuto molti meno casi di noi e di fronte ad alcuni focolai ha chiuso e riaperto alcune classi, non tutte le scuole dell’intero paese!

D’altronde il ministro dell’Istruzione Jean Michel Blanquer ha spiegato la decisione di ritornare alla frequenza-obbligatoria!- degli alunni delle scuole a partire dal 22 Giugno, nonostante la brevità del periodo (le vacanze in Francia partono dal 4 Luglio), con queste parole: Every day counts in the life of a student […] The fundamental objective, and I’ve been saying this from the beginning, is that there should not be a break for students between March and September, which is the case in Italy. But we all know that this can create social and educational damage. Children need to go to school.

 

Ad oggi, per fare un esempio, il Comune di Milano suggerisce di aprire ai nuovi inserimenti ad Ottobre.

Ad Ottobre!

Dopo 5 mesi di chiusura non riusciamo neppure ad anticipare per recuperare il tempo perduto, anzi, addirittura, ritardiamo.

Ad Ottobre, quando sarà più alta la probabilità di un ritorno di forza del virus, quando basterà un raffreddore male interpretato da un preside per chiudere non una classe, ma una intera città.

Il Comune di Milano ha costruito, negli ultimi 5-6 anni, la sua narrazione di città capace di confrontarsi con le più innovative metropoli mondiali, fornendo allo Stato una serie di indicazioni, proposte, esempi per sveltire la burocrazia, rinnovare lo spazio urbano, ergersi a difensore dei diritti dei più deboli.

Eppure, in 5 mesi, ha fornito un’unica risposta a chi chiedeva lumi sull’apertura delle scuole, anche quelle comunali: siamo in attesa di indicazioni.

Una città dove forse è maggiore il numero delle donne al lavoro, una città dove molti, qui migrati per lavoro, non hanno parenti vicini che possano aiutarli con i figli, una città che vuole essere un modello (ma per chi?).

Non una proposta. Non un suggerimento. Non uno strappo nei confronti di una Regione che andrebbe commissariata e di uno Stato governato da forze politiche che evidentemente ritengono la scuola un organismo pubblico inutile, se non, addirittura, negativo. Senza scordarsi che questa istanza venga dal Movimento 5 Stelle, e potremmo quasi capire, ma accompagnato, da un anno, dal PD. O ci aspettiamo che sia la Lega di Salvini a salvare la scuola?

Ad oggi l’unica proposta di cui siamo a conoscenza come cittadini è datata 12 Luglio e dice, semplificando, che una fetta imponente dei bambini 0-6 (un terzo?) non potrà essere accolta nelle scuole per mancanza di spazi, suggerendo, tra l’altro, il posticipo a Ottobre per i nuovi inserimenti. Posticipo che sembra più, a questo punto, un espediente per prendere ancora tempo.

Abbiamo chiesto, sulla pagina Facebook dell’assessora Galimberti, di mettersi nei panni di due genitori lavoratori a tempo pieno, che non hanno le possibilità economiche di pagare una babysitter per 8 ore al giorno (più di 1000 € al mese) e non hanno parenti disponibili all’accudimento dei figli. (Non vale, lo ribadiamo anche al Sindaco Sala, il lavoro in smart working, che non permette certo di badare ai propri figli. Provate a lavorare e contemporaneamente vigilare che non si facciano male, organizzare il loro gioco o studio e farlo con loro se sono piccoli. Se il Sindaco riesce nell’impresa di concentrarsi ed essere produttivo in tali condizioni, portiamo volentieri i nostri figli a Palazzo Marino).

Abbiamo dunque chiesto all’Assessora cosa farebbe lei a Settembre.

Non abbiamo ricevuto risposta.

Giovedì 16 Luglio in Triennale, nell’ambito del programma Milano Urban Center – Idee per Milano 2020, Scuola e cultura nelle città post Covid, saranno presenti la ministra Azzolina e gli assessori milanesi Galimberti e Limonta: speriamo venga fornita questa risposta.

 

 

Altrimenti:
Se qualcuno è in ascolto, ci venga a salvare!

 

 

testo scritto con Chiara Quinzii

TAG: beppe sala, coronavirus, Covid19, didattica a distanza, Lucia Azzolina, milano, scuola
CAT: Famiglia, scuola

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