#ventuno_I: La celebrazione del secolo

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23 Novembre 2014

La globalizzazione ha travolto il nostro tempo. Dapprima, con la caduta del muro di Berlino, attraverso lo sviluppo di un mercato economico e finanziario globale e negli ultimi quindici anni con la diffusione planetaria delle tecnologie. In venticinque anni non si è passati solo da un secolo all’altro, ma si è assistito e si vive la rivoluzione di un’epoca. Dalle relazioni internazionali all’economia, dalle istituzioni al diritto, dalla politica alle infrastrutture non v’è nulla in cui non siano permeate le trasformazioni imposte dalla globalizzazione. E il cambiamento repentino, è noto, smarrisce, sconvolge, eccita, mobilita.

A noi il mondo in cui viviamo piace da impazzire. Ci sembra di vivere non nel migliore dei mondi possibili, ma sicuramente nel prodotto migliore che l’evoluzione umana ha partorito fino ad oggi.

 Il numero dei poveri non è mai stato così basso in relazione alla popolazione generale, le diseguaglianze mai così poche, la tolleranza verso gli altri mai così alta, le opportunità medie che gli individui possono conseguire mai così democratiche e diffuse, i servizi sanitari e quindi il diritto alla vita e alla sua conservazione mai così avanzato e pervadente. E la lista potrebbe continuare ancora molto a lungo, basta voltarsi in giro per la stanza in cui siete seduti e dappertutto noterete questo cambiamento. Basta che guardiate  fuori dalla finestre e sarà lo stesso. Guardate anche solo dentro la rete su cui state leggendo questo articolo e la rete stessa, per la sua stessa esistenza, non potrà che convincervi di questo. Siamo strutturalmente insoddisfatti, e per fortuna. Tutto è migliorabile, enormemente migliorabile. Non ci basta mai. Vogliamo di più, siamo affamati di tutto. E questo stesso mondo che ci appare così meraviglioso, ancor più di quanto appaia a James Stewart in La vita è una cosa meravigliosa, è sempre perfettibile ma grazie a Dio non sarà mai perfetto. Se mai dovesse diventarlo smetterà istantaneamente di piacerci.

 

Chi oggi s’interessa di questioni sociali non può rifiutare il mondo che c’è stato consegnato dalla storia: veloce, immateriale, connesso, mobile, aperto, volatile. Gli scenari che il ventunesimo secolo prospetta pongono domande che meritano riflessioni profonde e non convenzionali. Figli di una generazione globalizzata, cittadini irrequieti e transfrontalieri, studiosi cosmopoliti, ambasciatori della mobilità, estimatori della velocità, difensori del mercato libero: sono tutti quelli che vivono questo tempo nuovo quelli che sfideremo con una serie di dialoghi anti-platonici sulla nostra divina contemporaneità, dialoghi che non hanno pretesa d’insegnamento né di boria intellettuale, ma che esprimono la necessità di osservare un presente che sta cambiando radicalmente i punti cardinali della vita sociale, economica, politica dell’individuo che vive il post 2000. Così nasce Ventuno, variegata rubrica a due mani, o meglio a due tastiere, concepita tra Londra e qualche città d’Italia per esplorare con sfacciataggine, rigore e rapidità un tempo che sentiamo nostro e meritevole di un’interpretazione. L’idea sarebbe quindi quella di disturbarvi nelle prossime domeniche con una specie di saggio dialogato (non troppo saggio!) sull’individuo, le propulsioni del mondo globale, le scosse alle istituzioni, le opportunità infinite offerte dalla libertà. Un’alternativa, o un’integrazione, piccola o grande che sia, alle prediche ponderose e domenicali dei cosiddetti grandi quotidiani nazionali. Nel tempo istantaneo di internet, che noi amiamo tanto, vi proponiamo questa alternativa settimanale e senza tempo. Vi aspettiamo, visto che l’attesa è l’inizio dell’azione. Nel frattempo, baci.

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CAT: Filosofia

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