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Geopolitica

Il Governo della Repubblica, gollista per forza?

di Flavio Pasotti
11 Maggio 2021

Non può non fare effetto la posizione del ministro di Grazie e Giustizia che non ha usato alcun giro di parole per inchiodare alle loro responsabilità il Parlamento, i partiti e quella parte di società civile che sui processi campa: o si cambia o sarete responsabili del fallimento dell’Italia tutta perché salterà il Recovery Fund se non cambieremo procedure, processi e abitudini.  Lo dice Marta Cartabria, che, piaccia o non piaccia, sarà il candidato del Governo della Repubblica per il Quirinale. Che i giornali la releghino nelle pagine interne dopo il polpettone sul disgustoso giochino dei quattro cantoni delle candidature a sindaco infarcite da veleni a proprio uso e di nessun interesse per l’Italia è la dimostrazione che se la politica è sparita la stampa non comprende i tempestosi rivolgimenti dei nostri tempi. Ma nello stesso giorno il Governo deve fare 2+2 sulla crisi degli immigrati da Libia e Tunisia perché se da una parte il copione è il solito con i nostri Servizi che cercano di trattare con i trafficanti di esseri umani, dall’altra lo spettro della rivalsa della Turchia non può non fare capolino tra le debolezze del governo di Tripoli: prima il mitragliamento dei pescherecci, apparentemente cosa non nuova ma dal sapore strano dopo la visita di Draghi in Libia, poi il lancio di gommoni e barchini che “inspiegabilmente” non attendono nemmeno le navi a raccogliere i migranti ma affondano in una situazione di mare calmo e meteo favorevole giocando sulla umana emozione di fronte alla tragedia. L’Unione Europea su iniziativa tedesca come è noto finanzia la Turchia per arginare i migranti dai conflitti nel Medio Oriente, molto più facile per il MÎT di Ankara avere mani libere e fare in Libia ciò che non può altrove portandoci al tavolo col “dittatore”e non in qualche tenda nel deserto tra un tè, un moschetto 91 e le celebri valigette dei nostri 007. E non è nemmeno un caso che la “cabina di regia” a Palazzo Chigi chiami Esteri, Interni, Difesa e Infrastrutture probabilmente in un quadro diverso da quello degli anni scorsi: il Mediterraneo tra ambizioni russe, conflitti di interesse tra turchi, egiziani, greci, francesi ed emirati tra loro divisi, dimenticando un attimo la grave instabilità israeliana, non è mai stato così turbolento e affollato, mancando stavolta a darci una mano americani e inglesi in piena proiezione di potenza con le loro flotte tra Golfo Persico e mari cinesi. L’onda migratoria non è estranea ma congruente con questa perfetta tempesta.
Se il generale Figliuolo ha depotenziato il conflitto tra stato e regioni e la campagna vaccinale è tornata ad essere ciò che è, logistica e organizzazione che vanno alla grande, non altrettanto funziona l’Unione Europea dove di fronte alla offerta americana sui vaccini la risposta è stata imbarazzante. Parliamoci chiaro, il waiver sui brevetti proposto da Biden è il proseguimento della politica geostrategica con altri mezzi, un vero azzardo intelligente ma rischioso e se Merkel, il cui tramonto è triste nell’impotenza, assume una posizione di “tedesco” rifiuto, ancora una volta il Governo della Repubblica ha una posizione europea di niente sconti senza scambi: niente no pregiudiziale ma ne parliamo se Usa e UK ritirano il blocco all’export delle loro riserve di vaccini. Draghi non è un felpato diplomatico nella tradizione italiana ma un determinato player che sa che la politica internazionale non è un ballo alla ambasciata sul Potomac. E lo può fare perché al suo prestigio personale fa riscontro il suo sforzo per dare prestigio all’Italia, ad esempio presentando il Recovery Plan in perfetto orario mentre alcuni paesi non solo non lo hanno ancora presentato ma non lo hanno nemmeno ratificato ancora una volta rendendo trasparenti le responsabilità altrui e togliendo armi a chi era abituato alle romane inanità. E riusciamo a fare tutto questo mentre i nostri amici francesi sono scossi dalle fondamenta dalle dichiarazioni di esponenti dell’Armée, altro che tintinnio di sciabole. E come se non bastasse è caduto il velo sui gravissimi rischi per la sicurezza nazionale della “collaborazione” con la Cina dove finalmente, dalle telecamere alle infrastrutture ai rapporti finanziari si comincia ad avere un quadro più preciso di dove i governi precedenti ci avessero infilato.
Già, il Governo delle Repubblica sta facendo cose pazzesche e l’animo di chi prova a capire oscilla tra l’attonito e la speranza, tra il sollievo e la domanda: quanto dura? I poteri italiani, deboli o forti che siano, sono pronti a reggere un Governo di tale portata che spazza via gran parte dei loro privilegi? Questi Poteri che hanno sostituito negli anni la politica, che hanno seppellito i partiti che ove non seppelliti dai poteri lo stanno alacremente facendo da soli. Questi partiti che a fronte di uno scenario come sopra, lontano dall’essere esaustivo, discutono su Gualtieri e la carta bianca a Bertolaso e Albertini in un torneo di vecchie glorie usate a nascondere la desolante povertà qualitativa di gruppi dirigenti che hanno prodotto leadership imbarazzanti. Il Grande Gioco è aperto e questi stanno a pensare all’ora di coprifuoco o al distinguersi da quell’altro pur votando insieme: nemmeno capaci a ricordare lo spirito di unità nazionale di cui un Paese periodicamente nella storia ha sempre bisogno. Niente, non ci arrivano, fanno sperare che il Governo della Repubblica possa assomigliare a De Gaulle, quello che non prese il potere ma lo raccattò.

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