Anche l’Italia scopre che la Germania sta cambiando per sempre

14 Marzo 2016

La destra di AfD – Alternative für Deutschland ha raggiunto risultati a doppia cifra nei tre Länder tedeschi in cui si è votato ieri. In Italia se ne parlerà seriamente solo da ora, ma si tratta di una mutazione politica e sociale che è in corso da tempo.

Nelle ultime elezioni locali, nel 2011, l’AfD non esisteva nemmeno. Oggi il partito ha superato il 12% nella Renania-Palatinato e il 15 % nel Baden-Württemberg. Nella Sassonia-Anhalt l’AfD è invece andata oltre il 24%, diventando il secondo partito più votato. L’affluenza alle urne è salita dal 61% al 70%. L’AfD non governerà da nessuna parte, ma il suo successo politico è innegabile, soprattutto nel Land dell’ex DDR. Le difficoltà per le vecchie coalizioni sono appena iniziate, nonostante le rispettive vittorie di socialdemocratici, Verdi e cristiano-democratici.

Qualche settimana fa abbiamo cercato di fare un’analisi delle forme di comunicazione e interpretazione di quelle che sono state le violenze e le aggressioni di Colonia, soffermandoci anche sul consenso crescente di forze di destra come AfD e Pegida. Forze che, in quel caso emblematico, si sono apertamente inserite negli spazi nati dalla vistosa scissione tra la narrazione istituzionale (sviluppata soprattutto dai media generalisti) e il sentire emotivo di alcuni settori del paese (disseminato e leggibile soprattutto sui social media). I fatti di Colonia avevano reso evidente l’erosione dell’egemonia dei partiti governativi tedeschi, delle loro culture morali di riferimento e delle loro forme di comunicazione. Le elezioni di ieri hanno confermato numericamente la crisi.

In Italia si inizierà solo ora, dopo queste elezioni, a parlare davvero delle nuove destre tedesche e dello sfaldarsi degli equilibri politici della Repubblica Federale. Non solo, se ne parlerà probabilmente in maniera confusionaria, utilizzando paradigmi scaduti da tempo.

Un terremoto politico annunciato

Alternative für Deutschland è nata nel 2013, come agglomerato di professori conservatori contrari all’euro, su posizioni inizialmente più simili all’UKIP inglese che al Front National francese. Poi, però, la formazione ha aggiunto il tema del rifiuto totale dell’immigrazione all’originaria impostazione liberista in economia.

Oggi è una forza che viene definita da più parti come apertamente xenofoba, anche se i suoi leader cercano spesso di respingere l’etichetta, rivendicando generiche posizioni liberal-conservatrici. A dire il vero, l’AfD è ancora molto eterogenea e raccoglie varie declinazioni di un generico dissenso anti-istituzionale di destra, che va dal protezionismo dei piccoli imprenditori a forme patriottiche di inasprimento delle politiche di sicurezza.

Resta comunque un fatto innegabile: AfD ha raccolto quasi tutti i propri voti con il tema del blocco delle frontiere, promettendo di blindare i confini tedeschi e non fare entrare più nessuno, costi quel che costi. E lo ha anche fatto nonostante, o forse addirittura grazie alle recenti polemiche sulle dichiarazioni di Frauke Petry, ex manager e leader del partito, che avrebbe auspicato l’uso delle armi contro chiunque tenti di entrare illegalmente in Germania. Una posizione che gli oppositori di AfD hanno denunciato sonoramente, ma che Petry ha minimizzato, sostenendo che la strumentalizzazione delle sue dichiarazioni faccia parte di una complessiva criminalizzazione del suo partito.

Una cosa va però chiarita: il successo di AfD non nasce solo dall’emergenza immigrazione di questi mesi, che è stato piuttosto un’occasione di incredibile accelerazione strategica per Petry e i suoi. L’odierna ondata di rifiuto della multietnicità affonda le proprie radici negli incontri-scontri della Germania degli ultimi 25 anni, che hanno come scenario le periferie delle grandi città, così come le province più depresse. Si tratta di sentimenti non socialmente superficiali, che sono lentamente montati negli anni, fino a prendere forme riconoscibili, andando a trasformare l’orientamento politico di consistenti settori della popolazione. In questo aspetto, l’AfD è oggi molto più simile al Front National di Marine Le Pen.

Quindi, se ora in Italia leggeremo giornalisti che raccontano l’improvvisa avanzata dell’AfD, come se fosse spuntata dal nulla, magari solo sull’onda dell’ultima crisi dei migranti, si tratterà di interpretazioni tanto tardive quanto banali. E se queste interpretazioni arriveranno direttamente dalla Germania, allora si tratterà di banalizzazioni frutto di una percezione pigra del paese concreto.

Infatti, a chi racconta la Germania basterebbe allontanarsi un po’ dagli ordinati uffici di Innenstadt a Francoforte o dalle zone hipster di Berlino. A chi racconta la Germania basterebbe una semplice occhiata a Hellersdorf o una sola mattinata in fila in uno dei Jobcenter di Magdeburgo.

Basterebbe poco per capire che in Germania ci sia oggi un ceto medio produttivo sempre più confuso, che si sente in qualche modo tradito da un sistema in cui aveva creduto ciecamente per decenni. Così come basterebbe poco per capire che in Germania ci sia oggi un proletariato bianco sempre più alienato, arrabbiato e in cerca di un’identità che vada oltre alla mera sopravvivenza garantita da un welfare burocratizzato al millimetro.
Sono questi i due gruppi sociali tedeschi che formano la spina dorsale dell’elettorato dell’AfD, cioè la prima vera e propria forza politica nazional-identitaria dal 1945 a oggi.

La Germania è definitivamente entrata in una fase nuova, con strappi di rara intensità, ma pronti da tempo. L’avanzata popolare di forze di una destra non governativa non sembra poter raggiungere le cabine di comando in tempi brevi, ma implicherà la mutazione strutturale e strategica di diverse altre forze politiche, che saranno costrette a misurarsi con temi infiammabili e già infiammati. Le stesse geometrie di posizionamento politico sembrano pronte per una metamorfosi molteplice ma irreversibile. Le conseguenze, come sempre accade in Germania, avranno a che vedere direttamente con l’indissolubile legame che persiste fra nazione e Stato tedeschi. Le conseguenze, come sempre accade con la Germania, saranno tanto tedesche quanto europee. Chiunque voglia capire la Germania e l’Europa di oggi, deve essere cosciente e consapevole degli stravolgimenti in corso.

 

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Per una trattazione più ampia di alcuni dei temi di sopra, leggi anche Il fuoco di Colonia continua a bruciare

immagine: Knallhart (film, 2006)

TAG:
CAT: Geopolitica, Istituzioni UE

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