Piccolo promemoria per quando ci saremo dimenticati (anche) dei morti di ieri
Ci sono giornate, momenti, in cui provare a fare il mestiere di chi informa, di chi ci prova, è particolarmente difficile. Giorni in cui fare in particolare informazione online è quanto mai provocatorio, per la coscienza e per le ragioni stesse del nostro lavoro. Questi, con la strage di migranti, l’ennesima, la più grave, sono quei giorni. In questi giorni, infatti, aggiungere informazione alla massa imponente, quasi assordante, di notizie sovrapposte e confuse che arrivano dal Canale di Sicilia è veramente difficile: sostanzialmente anzi è impossibile. Parlare d’altro, di contro, sembra strafottente, snobistico, indifferente alla tragedia che riguarda più di 20 mila morti, e non solo questi ultimi sfortunati 800. Inseguire Salvini? La polemica politica? Finisce col sembrare lo stesso sciacallaggio dello sciacallo nominato or ora, e di molti altri. Perché in fondo, anche se nessuno lo ammette volentieri, il confine tra dovere di fare informazione su una grande tragedia e bisogno commerciale di fare pagine viste e click è assai labile, forse spesso indistinguibile, e porta a una corpo a corpo interiore con le regole stesse di questo lavoro e di questo “mercato”. La questione naturalmente ci riguarda, riguarda anche noi de Gli Stati Generali e anche me che, dopo tante titubanze, alla fine ora ne scrivo.
Pensiamoci. Tra pochissimi giorni, magari uno, magari tre, quando parleremo tutti di nuovo d’altro, la tragedia delle centinaia di morti di ieri non sarà meno grave, né meno attuale. L’Europa continuerà a fregarsene, anche se avrà inventato un placebo buono per tamponare ansia e malacoscienza; quelli che non riusciranno a partire per rischiare la morte al largo della Tunisia o della Libia resteranno in Africa, per morire o per vivere di stenti e guerre, non per viverci; alcuni dei nostri politici, infine, continueranno a provare a lucrare sulla paura e sul buoncuore, sul malessere o sul benessere. Non sarà cambiato molto, insomma, tra qualche giorno, solo che la notizia di prima pagina sarà un’altra e altri saranno gli hashtag che infiammeranno le homepage dei social network e gli ego di professionisti o dilettanti (non necessariamente in ordine di lucidità da maggiore a minore) dell’opinione.
Ecco, sarà in quel momento che il lavoro della politica e dell’informazione sulla tragedia che sta attraversando il Mediterraneo e la nostra epoca saranno particolarmente preziosi. Chi lavorerà tra tre giorni o tre settimane per evitare che in futuro queste tragedie capitino ancora; chi continuerà a informare spiegando che questi drammi continuano a capitare lontani dai riflettore e dalle ondate di post e click; loro, quelli, meriteranno un encomio e una gratitudine infinitamente più invisibile e infinitamente più preziosa. Perché staranno costruendo un futuro meno peggiore lontano dal consenso: che siano voti, indici di gradimento, o click, pensiamoci bene, in fondo cambia poco.
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