È giunta l’ora di parlare seriamente di burnout?

22 Gennaio 2023

Le dimissioni di Jacinda Ardern sono arrivate come un fulmine a ciel sereno. Una dei capi di governo più amati al mondo, a neanche metà del suo secondo mandato e in un’età nella quale si può ancora definire giovane, ha deciso di terminare in anticipo il proprio mandato. Non sappiamo se nel suo Paese, la Nuova Zelanda, qualcuno tra la popolazione avesse già colto qualche segnale di questa decisione – mentre è scontato che il suo staff e i compagni del prtito laburista sapessero – ma per il resto del mondo si tratta di una notizia improvvisa.

Le motivazioni apportata dall’ormai ex premier sono la necessità di passare più tempo con il proprio compagno, e poterlo finalmente sposare, quella di trascorrere momenti preziosi con la figlia che sta per cominciare la scuola e – soprattutto – concentrarsi sulla propria salute mentale. Ardern ha affermato, nella conferenza stampa in cui annunciava le dimissioni, che il periodo di pausa che si è presa durante le vacanze natalizie, le quali in Nuova Zelanda cadono in estate dal momento che ci troviamo nell’altro emisfero,  non le è bastato a ricaricare il serbatoio, traducendo l’espressione inglese usata dal primo ministro. Di fatto, Jacinda Ardern è una vittima di burnout causato dagli impegni lavorativi.

Il burnout

L’espressione inglese burnout è traducibile in italiano con i termini bruciato, esaurito o scoppiato. La sindrome si caratterizza per una serie di sintomi fastidiosi e vessanti: affaticamento, delusione, logoramento, improduttività e apatia incurabili da periodi di ferie o riposo e che possono sfociare in rabbia, prostrazione e disinteresse per la propria professione e l’attività lavorativa quotidiana. Se ognuno di noi attraversa periodi in cui non ne può più del proprio lavoro, dei propri colleghi e della routine, quasi tutti riusciamo a sgomberare la mente e ricaricarci durante un rigenerante periodo di ferie. Chi è vittima di burnout, invece, non riesce mai a sottrarsi a questa condizione.

L’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, riconosce il burnout e lo definisce un effetto di stress cronico associato al contesto lavorativo, nocivo perché non riesce quasi mai a essere gestito correttamente. A oggi non è ancora classificato come una malattia ma è già un disturbo riconosciuto.

Recentemente, abbiamo assistito a un aumento di interesse verso il tema della salute mentale, principalmente perché ha riguardato alcune personalità note e stimate. Prima del primo ministro neozelandese ci fu il caso di Simone Biles, la più brillante stella nel firmamento della ginnastica mondiale, supercampionessa olimpionica, la quale si ritirò da moltissime gare ai Giochi di Tokyo, nel 2021, perché si sentiva stressata e mentalmente affaticata. La sensibilità verso questo argomento non è ancora troppo diffusa, in quanto molti faticano a comprendere il concetto di burnout, perché non lo provano o lo spacciano per semplice stanchezza. Eppure il problema è serio perché il malessere che porta sa essere profondo e può sfociare in depressione.

I sintomi scatenanti possono essere numerosi: dalla mancanza di gratificazione al carico di impegni eccessivo, dalle ingiustizie subite, al mobbing, fino allo scarso riconoscimento economico. Per chi lavora sempre connesso, poi, c’è una problematica in più: la tecnologia che pervade le nostre vita è infatti uno strumento meschino perché il fatto di essere sempre online può significare che, di fatto, non si stacchi mai, stressandosi ancor di più.

Come uscire dal tunnel

Come si può uscire da questa situazione? È possibile recuperare dal burnout? I primi passi da compiere sono di natura personale. Per contrastare il burnout è necessario ascoltare le esigenze del nostro corpo e della nostra mente. Manteniamo sempre il giusto equilibrio tra il tempo che dedichiamo al lavoro e quello che concediamo ai nostri piaceri e alle nostre passioni. Il benessere psicofisico è importante, e, se ce ne curiamo, difficilmente avremmo mai problemi di esaurimento o debolezza dovuti agli impegni lavorativi. Dormiamo bene, garantendoci le ore di sonno necessarie a non incorrere in situazioni di ansia o malessere. L’insoddisfazione si combatte con una bella risata e provando emozioni vere, forti, quelle procurate dalle relazioni umane – in carne e ossa s’intende, non dietro uno schermo.

Medicinali veri e propri contro il burnout non esistono ma funzionano molto bene gli integratori. Particolarmente efficaci appaiono quelli a base di estratti vegetali: le proprietà della teanina e della valeriana, così come la melatonina possono favorire il rilassamento, allontanando lo stress.

Se non puoi permetterti di fare un passo indietro dal tuo lavoro come Jacinda Ardern, metti in pratica queste indicazioni per limitare il rischio di rimanere vittima del burnout.

Crediti fotografici: NBC News/ EPA

TAG: #dirittodellavoro, #geopolitica, #sicurezzasullavoro, burnout, diritto alla salute, Jacinda Ardern, Nuova Zelanda, salute mentale
CAT: Geopolitica, salute e benessere

Nessun commento

Devi fare per commentare, è semplice e veloce.

CARICAMENTO...