Cucchi è morto ammazzato. La Procura di Roma accusa i carabinieri di omicidio

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17 Gennaio 2017

Stefano Cucchi non è morto di epilessia. Otto anni dopo la sua morte avvenuta in un letto dell’ospedale Pertini di Roma il 22 ottobre del 2009, il procuratore capo Giuseppe Pignatone e il pm Giovanni Musarò mettono un punto all’inchiesta bis (iniziata nel novembre del 2014) sui responsabili del pestaggio avvenuto ai danni dell’uomo.

La Procura contesta ai tre dei carabinieri (Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco) che arrestarono Cucchi nel parco degli acquedotti di Roma il reato di omicidio preterintenzionale. I tre carabinieri avrebbero spinto e colpito con schiaffi e calci il 31enne facendolo violentemente cadere in terra nella caserma Casilina di Roma il 15 ottobre del 2009. Ci sarebbe quindi l’esistenza di un nesso di causa ed effetto tra il pestaggio subito da Stefano dopo l’arresto (con la lesione di due vertebre) e la morte, avvenuta sei giorni dopo, all’Ospedale Pertini.

Si aggrava anche la posizione degli altri due indagati. Per quanto dichiarato sotto giuramento nel processo di primo grado in cui erano imputati gli agenti della polizia penitenziaria e i medici che avevano preso in cura il geometra romano, la contestazione nei confronti del comandante della stazione Appia Roberto Mandolini e dell’appuntato Vincenzo Nicolardi cambia da falsa testimonianza, in calunnia. I due uomini affermarono di aver sottoposto Stefano alla procedura di fotosegnalamento ma non solo, quest’ultima non avvenne, ma sarebbe stata anche il motivo per cui Cucchi, che «non era stato collaborativo», venne picchiato.

Medesima accusa anche per Tedesco. A quest’ultimo e al comandante Mandolini viene contestato però anche il reato di falso per quanto riportato nel verbale di arresto.  I due avrebbero «attestato falsamente» che Cucchi non aveva voluto nominare un difensore di fiducia.

L’indagine fu riaperta ormai più di due anni fa, partendo dall’assoluzione dei precedenti imputati, e per merito di alcune intercettazioni telefoniche e ambientali è emerso così il ruolo dei carabinieri. Dato che l’ultima perizia ordinata dal giudice Elvira Tamburelli non è riuscita a fare luce sulle reali cause della morte di Cucchi, la Procura ha deciso di contestare il reato più grave. Ora vi sono i presupposti per andare a nuovo processo e dare risposta alla famiglia che in questi anni ha caparbiamente cercato e preteso la verità, domandando giustizia.

Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, ha ringraziato pubblicamente il suo avvocato, Fabio Anselmo, affermando che «bisogna resistere, resistere, resistere. Ed avere fiducia nella giustizia».

 

TAG: Cucchi, stefano cucchi
CAT: Giustizia

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