Maledetta Sfortuna. Giorgia Meloni è già una delusione?

16 Marzo 2023

A me la politica affascina moltissimo come oggetto, ho provato a farla in passato e ne rimango un vorace osservatore, ma ho capito che sono pessimo a fare previsioni. Mi manca, non è assolutamente un merito, il gusto per il poker, la capacità di capire e apprezzare la duplicità, che è parte integrante del gioco di società che si chiama politica. Non ho pazienza, né passione per il mercato e il teatro, se qualcuno dice che un piatto di spaghetti è buono, sono tendenzialmente portato a credergli, senza calcolare che lo dica in realtà sostenendo il contrario. Quando nel 1994 Silvio Berlusconi disse che non sarebbe sceso in campo se i moderati si fossero organizzati, io ci avevo creduto e pensavo che alla fine non l’avrebbe fatto e similmente ho sbagliato per difetto di comprendonio un numero crescente di previsioni, da ultima quella su Bonaccini vincente alla primarie.

Quando il 25 settembre Giorgia Meloni ha stravinto le elezioni, ho addirittura coltivato, e scritto, qualche tenue speranziella. Vinceva la Destra, che avevamo già visto essere pasticciona ma al massimo foriera di perdite di tempo in un Paese che di tempo ne aveva perso assai in modo bipartisan. Vinceva una tosta, che si vedeva che aveva studiato e che voleva fare bella figura, non cadendo sulle bucce delle proprie banane come il pirlone che gli stava a fianco. Vinceva con un robusto e chiaro consenso popolare e apparentemente nessun timore reverenziale nei confronti degli Eurocrati per poter dire che più di qualcosa non aveva funzionato e che loro erano l’ultimo argine al Caos e che era meglio sedersi e parlare con calma. Vincevano perché avevano messo le mani nelle viscere del Paese reale mentre gli avversari avevano scelto, e lo hanno ribadito con forza il 26 febbraio, di ritirarsi nella ridotta del Paese ideale a coltivare le loro Ragioni.

Mi aspettavo, sempliciotto, che la Destra di Governo avrebbe fatto qualche mossa del cavallo, il suo ping-pong in Cina, qualcosa nei cento giorni che desse il segno di sbloccare una delle millemila partite incagliate della nostra povera Patria anchilosata. Quando, al termine di una settimana difficile di suo ma resa ancor più difficile dalla dabbenaggine delle persone che essa stessa aveva scelto Giorgia Meloni ha invocato la sfortuna ho capito che potevo riporre anche questa piccola speranza a fianco delle altre delusioni di 50enne interista e per gran parte della sua vita di Sinistra, dunque con un ripostiglio capiente per le speranze non realizzate. Governare è un casino, ma non è obbligatorio e se sei sfortunato sono fatti tuoi. Soprattutto, ci stai dicendo quello che dicono le persone cerimoniose quando invitano a cena a casa i gourmet: “non aspettatevi niente”.

E forse è meglio abbassarle al suolo le aspettative, se così tanto, decisamente troppo, dei cinque mesi del Governo Meloni è stato dedicato a vellicare la propria parte, non in generale l’opinione pubblica conservatrice, ma proprio gli ultrà, a partire dalle minoranze ringalluzzite. Non c’è niente di male, intendiamoci, una volta entrati nella stanza dei bottoni a fare un po’ di festa, lo hanno fatto tutti, ma se arrivi a Palazzo Chigi devi saper gestire i facinorosi, che nella Destra sono tanti. Se vai al Governo devi capire, e farlo capire ai tuoi, che si usano coltello e forchetta, e pure tovagliolo. Una cautela che la Destra deve avere anche per ragioni storiche, perché la Destra-destra che è sopravvissuta alla fine del Fascismo, dentro e fuori il Parlamento, non è quella di Piazza Venezia, ma quella cupa di Salò, che canta “le donne non ci vogliono più bene perché portiamo la camicia nera” ed edita “La voce della fogna”. È tutta roba impresentabile, che fa fatica a ripulirsi assai più di quanto abbiano fatto gli ex di lotta Continua dall’altra parte (godendo peraltro è da dire di un clima complessivamente più indulgente). Sia quel che sia, quella turba di manipoli la devi tenere buona. Non puoi consentire che i tuoi giovani vadano in giro a menare le mani a Firenze, né ti puoi permettere di nominare manager pubblici con così poco senno da inviare al proprio CdA una mail che ricalca uno dei più turpi, e riconoscibili, discorsi di Mussolini. Mi immagino Claudio Anastasio di fronte allo specchio, che quel discorso lo prova e riprova, magari ascoltandolo sui dischi che sono tornati fuori di prepotenza a Porta Portese, me lo immagino e mi fa pena, ma non può dirigere alcunché, mi spiace.

I Claudio Anastasio prosperano anche dove non c’è nulla di meglio, e qui si torna al peccato originale: la Destra non è e non ha classe dirigente, non ha intellettuali di riferimento se non pochissimi, anche di vaglia ma obnubilati da un tardo dannunzianesimo che li rende iperattivi, clowneschi, poco avvezzi a ragionare, figure non partigiane che capiscono quello che fai e lo spiegano agli altri. Magari arriveranno perché tengono famiglia, ma dare l’assalto al cielo senza essersi preparati con un gruppo che non fossero il cognato e pochi altri sarebbe stato doveroso. É quello che fa la differenza tra l’essere fit e unfit a governare ed è quello che rischia di relegare Giorgia Meloni a talento inespresso.

Senza chi lavora per solidificare e pavimentare la prospettiva, facendo un lavoro impegnativo rimane sempre la gestione dell’attualità, che si mangia tutto il resto. A parte atti di semplice crudeltà, come nel caso di Cutro (che sta più nel mio personale cartellino sul conto del pirlone, il vero pseudofascista del gruppo), siamo ancora pienamente nel trionfo del “lo dimo” (formula che nel geniale “Boris 4” permette di non girare scene costose e impegnative facendone fare solo riferimento agli attori), ma soprattutto in un pericoloso andare a tentoni.

Se le scelte sulle famiglie sono Destra classica, ma qualcuno sveglio come Zaia sta capendo che i conservatori a cui lisci il pelo sono pochi, vecchi e irrilevanti e cambiare rotta sarebbe solo essere contemporanei, sul reddito e brutta si è giocata una partita strana e brutta. Brutta perché fatta sulla pelle di persone che hanno bisogno, peraltro in un momento in cui demografia e tecnologia stanno distruggendo la cognizione del lavoro come l’abbiamo sempre avuta (ma cosa potrà capirne mai la consulente del lavoro che guida il ministero). Strana perché una Destra certo non reaganiana che fa uno scherzo simile ai poveri non si capisce bene, o almeno io non capisco bene, dove voglia andare a parare.

Chi sono i suoi referenti? Che Paese ha in mente? Un Governo appena nominato sull’onda di una maggioranza parlamentare nuova e granitica ha il dovere di dichiararlo, e certo non può permettersi di cominciare da “buono a nulla e capace di tutto”, per quello ci saranno altre occasioni da qui alla fine della legislatura.

La Sfortuna, Signora Presidente, la lasci agli allenatori di calcio scarsi. Ci dica cosa ha in mente, magari saremo anche d’accordo.

 

TAG: centrodestra, destra, Governo Meloni
CAT: Governo, Partiti e politici

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