“Stretto” è l’orizzonte

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28 Settembre 2016

Si racconta che san Giuseppe Cottolengo, fondatore della Casa che ancora oggi a Torino accoglie persone con disabilità, avesse talmente tanta fiducia nella Provvidenza da gettare i denari in eccesso dalla finestra, sicuro che il buon Dio avrebbe provveduto alle necessità future della Casa. I maligni raccontano che sotto quella finestra si appostasse san Giovanni Bosco, fondatore dei Salesiani, considerata una delle congregazioni più ricche della Chiesa.

Sembrerebbe che il Presidente del Consiglio condivida la medesima fiducia del Cottolengo: non getta denaro dalle finestre, ma butta parole, prontamente raccolte dai suoi avversari, specialmente da quelli che si rivolgono non alla testa e al cuore del Paese, ma soltanto al secondo, che lasciato solo si trasforma in “pancia”, capace di digerire qualsiasi panzana.

La sfida lanciata ai costruttori riuniti all’assemblea per i centodieci anni di Salini-Impregilo, riavviare la costruzione del ponte sullo stretto di Messina, appare come una sparata elettorale, simile al “vi restituirò l’IMU” annunciato da Silvio Berlusconi nel febbraio 2013, che tanti gustosi meme ha generato sul web.

In un periodo in cui ci sono tante case vuote e tante persone senza casa, con gli Enti Locali in sofferenza perché privati dei trasferimenti e impossibilitati a contrarre mutui, in attesa di una riforma che snellisca l’amministrazione della giustizia, con una situazione migratoria critica da gestire, mentre l’Europa appare piena di pericolose “fessure e rotture” (come ha detto Jean Claude Juncker all’ultima plenaria del Comitato Economico e Sociale Europeo), è doveroso coltivare grandi sogni, ma è ancora più urgente dare risposte concrete, perché mentre si inciampa nelle buche di un asfalto malmesso o si vede l’asilo comunale chiudere, di sognare, passa la voglia.

Passa la voglia di sognare oltre che per le singole criticità che qualsiasi cittadino vede, anche perché tra i tanti interventi messi in campo dal Governo, alcuni efficaci, altri meno, non pare di vedere un progetto organico, un disegno coerente, una prospettiva di senso.

Interventi diversi e anche opposti possono avere un significato, se incastonati in visioni convincenti e “capaci di futuro”: ne sono esempio le diverse scelte possibili rispetto alle Olimpiadi; si può puntare tutto su un grande evento che smuova grandi risorse ed energie per promuovere l’immagine di una città nel mondo (come è stato Expo per Milano), oppure concentrarsi su tanti piccoli interventi che migliorino la qualità della vita in determinati quartieri, puntando a un complessivo innalzamento della vivibilità urbana per i residenti (cura dei giardini pubblici, installazione di nuovi punti luce, piedibus…). Non altrettanto significativi, invece, sono interventi spot scoordinati, che spingono al cambiamento per se stesso, senza chiedersi se questo cambiamento, una volta tirata la riga, sarà un miglioramento o un peggioramento. Usando le parole del professor Roberto Perotti, intervistato dal Corriere della Sera il 3 settembre, tanti interventi spot “disperdono risorse preziose che potrebbero essere usate meglio, in base a un disegno organico, per raggiungere chi ha veramente bisogno”.

Mario Monti, quando ancora non era stato chiamato all’avventura di governo, ammoniva l’allora presidente del consiglio in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera il 30 ottobre 2011, scrivendo che “anche le parole non sorvegliate hanno un costo”. Il riferimento, allora, era ad alcune frasi di sfiducia verso l’euro, che avrebbero indotto ulteriori sacrifici agli Italiani. Oggi, si potrebbe ripetere quella frase a proposito degli annunci di grandi opere, i quali rischiano di creare alte aspettative che, alla prova dei fatti, si sgonfiano.

I tanti interventi economici spot, insieme con la personalizzazione portata avanti e poi malamente ritirata nei confronti del referendum sulla riforma costituzionale, hanno già avvelenato a sufficienza l’aria: aprire un nuovo fronte senza prima intervenire sui problemi più vicini ai cittadini, sembra un po’ troppo audace.

Del resto, se la Provvidenza ha aiutato il Cottolengo, potrebbe aiutare anche Matteo Renzi. Se così non fosse, bisogna augurarsi che l’omologo politico di don Bosco non sia sotto la finestra.

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l’articolo è stato pubblicato anche su www.nextpa.it

TAG: governo, Matteo Renzi, Ponte sullo stretto di Messina
CAT: infrastrutture e grandi opere, Partiti e politici

Un commento

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  1. sergio-rastelli 7 anni fa

    Secondo Lei, Valerio Langè, vanno bene quelli che dicono sempre NO alla realizzazione di opere concrete, invocando invece opere per pura ipotesi e come ovvi esempi nel mondo dell’eventualità ?. Se è questa l’impostazione ideologica di coloro che dovrebbero dare impulso al fare, vedremmo la mancata realizzazione delle opere infrastrutturali che necessitano.

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