I conti in tasca al coronavirus
Tutto il mondo è impegnato a cercare di limitare i danni economici che, inevitabilmente, la grande epidemia porterà con sé. Di stime in soldoni ne sono state fatte numerose, in queste ultime settimane, e in rete si trova una vasta gamma di previsioni di quanto drammatici saranno i prossimi mesi. Molte di queste stime sono localizzate e focalizzate su una determinata area geografica, dunque in rete è possibile trovare numerose previsioni per l’economia glocale (globale e locale) dei prossimi mesi. L’ultimo studio, in ordine di tempo, è quello realizzato dall’Università di Sydney.
Dall’Australia, uno studio sugli effetti della pandemia
La ricerca svolta dall’Università di Sydney è particolarmente interessante. Il centro studi ha voluto portare avanti uno studio internazionale concentrandosi esclusivamente su quali sono stati gli effetti della pandemia sulle società che chiamano casa il nostro Pianeta. Lo studio non propone soluzioni, non fa stime o calcoli astratti ma vuole semplicemente conteggiare a quanti dollari ammonti il danno che il nuovo coronavirus ha causato al mondo intero. L’università australiana ha coordinato una ricerca di ampio respiro, nella quale sono state coinvolte numerose realtà; da agenzie statistiche come Eurostat e UN Comtrade a aziende o enti che utilizzano dati prodotti da supercomputer per analizzare i volumi d’affari spostati lungo una catena di rifornimenti estesa sui territori degli oltre 200 Stati riconosciuti come tali nel mondo.
I risultati dello studio rappresentano una fotografia della situazione ad oggi, la quale non tiene conto di come evolverà la pandemia nelle prossime settimane. Le cifre sono chiare e danno un’idea completa della dimensione della crisi che sta attanagliando il Pianeta.
Quanto ci è costata la quarantena
I numeri, al solito, sono brutali ma sono la maniera migliore per quantificare la crisi in termini comprensibili a chiunque. La pandemia sarebbe già costata ben 3.800 miliardi di dollari, a causa del brusco calo dei consumi. In aggiunta a ciò, sarebbero andati in fumo ben 147 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. I settori che annaspano di più, e questa non è certo una grande sorpresa, sarebbero quelli turistico e dei trasporti. Il dettaglio geografico dello studio indica con chiarezza che i danni maggiori si sono concentrati in Cina, in Europa e negli Stati Uniti. Non è escluso che, presto, anche India e America Latina possano essere incluse in questa non invidiabile classifica. Naturalmente, a causa della globalizzazione, la crisi ha poi colpito a cascata l’intera economia mondiale.
Il coronavirus ha dato avvio ad un pericolosissimo contagio economico. I sintomi hanno colpito principalmente gli attori dei settori di commercio, turismo, energia e finanza. Lo studio ha analizzato dati non recentissimi, in quanto risalenti allo scorso 22 maggio, inevitabilmente dunque vi sono alcune discrepanze con aggiornamenti più recenti. Questo studio è il primo che si sia posto l’ambizioso obiettivo di dare una panoramica complessiva dell’impatto economico – diretto o indiretto – ambientale e sociale causato dal COVID-19.
Il calo dei consumi mondiali sarebbe pari al PIL della Germania, la forza lavoro si è ridotta di oltre il 4 % e i redditi da salario del 6%. Commentando lo studio, Arunima Malik, la ricercatrice che lo ha coordinato, ha affermato: “Stiamo vivendo il peggiore shock economico dai tempi della Grande Depressione. Allo stesso tempo, assistiamo al maggior calo di emissioni dei gas serra da quando abbiamo cominciato ad utilizzare i combustibili fossili. Questo calo delle emissioni ha ridotto in maniera sensibile le morti dovute ad inquinamento atmosferico.”
Toccasana per l’ambiente
Se l’economia e gran parte delle altre attività umane si trovano in ginocchio, come ha sottolineato Malik, per l’ambiente il lockdown si è svelato un toccasana. Il pianeta ora respira meglio. E continuerà a farlo finché non riprenderemo appieno le consuete attività della nostra quotidianità. I cieli, dopo lo stop forzato ai voli, sono più puliti e il virus ha fatto risparmiare alla Terra ben 2,5 miliardi di tonnellate di gas serra. La diminuzione di queste pericolose emissioni si attesta intorno al 4,6% in meno rispetto allo stesso periodo del 2019; è il livello più basso mai registrato di emissioni serra da quanto se ne tiene conto.
Il particolato fine Pm 2.5 è sceso del 3,8% rispetto a quello che venne emesso nella primavera dello scorso anno; anidride solforosa e ossido di azoto, i due inquinanti collegati a numerose malattie respiratorie, emessi dai combustibili fossili, sono calati del 2,9%. Nulla più di questi dati pone l’accento sulla più grande dicotomia dei nostri tempi: possiamo puntare sulla crescita e, allo stesso tempo, impegnarci nella tutela ambientale o una delle due cose esclude inevitabilmente l’altra?
Spunti dal coronavirus
L’esperienza della crisi sanitaria a cui è seguita quella economica può insegnarci molto. In fondo è proprio nei momenti di difficoltà, quando si è vittima della maggiore pressione e le spalle toccano il muro, che l’essere umano è in grado di tirar fuori l meglio di sé. Tra le tante voci che abbiamo avuto modo di ascoltare in queste settimane che seguono la quarantena, ho trovato particolarmente interessante quella dello stilista umanista, come ama definirsi, Brunello Cucinelli. In una intervista radiofonica, l’imprenditore ha ricordato che le maggiori composizioni del genio assoluto della musica classica, Wolfgang Amadeus Mozart, siano state realizzate proprio nei più difficili momenti della vita del talento austriaco. Mozart non è l’unico esempio che possiamo rintracciare nei libri di storia, di qualcuno che sia riuscito a dare il massimo in una situazione nella quale sarebbe stato lecito non domandare neppure il minimo.
A fronte dei dati riportati dallo studio coordinato dall’Università di Sydney – che non stupisce molto, diciamolo pure – lo spunto che vorrei dare è proprio questo. Può l’umanità intera tirare fuori il massimo ora che il momento è così delicato? E, in seconda battuta; la dicotomia economia – ambiente può essere risolta? Possiamo smettere di concentrarci solo sulla crescita economica, senza argine e freno alcuno, e accorgerci di come questo virus si sia dimostrato un grande alleato per il nostro Pianeta? Il suggerimento di sfruttare il lockdown per ripensare la nostra società in chiave green, che tanto andava di moda a marzo ed aprile, sembra essere rimasto tale. La politica è concentrata sulla produzione industriale e ha completamente perso di vista il focus ambientale.
Quando nei prossimi mesi – ci auguriamo – o nel prossimo anno come ritiene qualcuno, riusciremo a ripartire come sistema economico mondiale, quella vittoria sarà una bruciante sconfitta se sarà stata ottenuta a spese dell’ambiente. Dobbiamo evitare che la soluzione alla crisi economica dovuta ai postumi della pandemia diventi un problema, ben più grosso, per il nostro ecosistema, per la nostra casa comune.
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