LIBRO BIANCO SULLA SANITA’ E DINTORNI
Aielli ( AQ) 23 ottobre 2024, Giornata della Costituzione,ore10 Malgrado i suoi 77 anni, nell’integrazione con i Trattati Europei, la Costituzione resta la Legge fondamentale […]
Alle volte basterebbe riaprire dei vecchi libri che abbiamo letto, per trovare il senso della storia dei nostri giorni. Solo che siccome li abbiamo letti spesso con l’occhio e l’attenzione a un solo tema, non ci ricordiamo di aver già incontrato la scena che in questi giorni ha richiamato la nostra attenzione, e dunque non ne cogliamo uno dei possibili sensi.
Un esempio sarà sufficiente. Nel suo 1984, all’inizio, George Orwell fa descrivere a Winston alla data 4 aprile 1984 una scena che allora non era famigliare, ma che oggi fa parte del nostro presente.
«4 aprile 1984. Ieri sera al cinema. Solo film di guerra. Uno ottimo di una nave piena di rifugiati bombardata da qualche parte nel Mediterraneo. Il pubblico molto divertito dalla scena di un grassone grande e grosso che cercava di sfuggire a un elicottero che lo inseguiva. Lo si vedeva prima sguazzare nell’acqua come un delfino, poi attraverso i congegni di mira dell’elicottero, dopodiché era pieno di buchi e il mare attorno a lui diventava rosa ed egli affondava all’improvviso come se i buchi avessero fatto entrare l’acqua. il pubblico dette in grosse risate quando l’uomo affondò. Poi si vedeva una scialuppa di salvataggio piena di bambini con un elicottero che le volteggiava sopra. C’era una donna di mezz’età forse un’ebrea seduta a prua con un bambino di tre anni fra le braccia. Il bambino strillava dalla paura e nascondeva la testa fra i seni della madre come se volesse scavarsi un rifugio nel suo corpo e la donna lo abbracciava e lo confortava anche se era anch’essa folle di terrore, coprendolo per quanto poteva come se le sue braccia potessero allontanare da lui i proiettili. Poi l’elicottero sganciò una bomba da 20 chili che li prese in pieno un bagliore terribile poi la barca volò in mille pezzi. Poi ci fu una bellissima inquadratura del braccio di un bambino che andava su su su nell’aria doveva averlo seguito un elicottero con una cinepresa sul muso e uno scroscio di applausi si levò dai posti riservati ai membri del Partito ma una donna nel settore destinato ai prolet cominciò a fare un gran baccano gridando che non dovevano far vedere queste cose ai bambini no finché la polizia non l’ha buttata fuori credo che non le sia successo nulla nessuno si preoccupa di quello che dicono i prolet … [Orwell, 1984, Mondadori, Milano 2015, p. 12]».
Da settembre del 2015, le acque del Mediterraneo sono tornate ad essere la scenografia ripetuta, negli ultimi tempi a scadenza pressoché quotidiana, dello stesso naufragio. Noi spettatori da questa parte del Mediterraneo, in verità, non abbiamo reagito con la stessa violenza o con lo stesso cinismo degli spettatori di quel cinema che Orwell descrive. È confortante, tuttavia a me non sembra essere questo il dato interessante.
Il dato è che nella nostra testa 1984 sia essenzialmente un testo antitotalitario, che descrive un sistema che riteniamo l’opposto al nostro, ci ha fatto dimenticare la scena del cinema dove si descrive che cosa sia il sentimento collettivo totalitario (eccetto rare voci).
Da un po’ di tempo mi domando quanto quella scena parli di noi. Visto che comunque non sembra che, proprio perché nessuno l’ha ricordata, che parli a noi. Giusto per sapere a che punto siamo del percorso.
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