Il giorno dei morti morì Pasolini e un po’ della nostra libertà di parola

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2 Novembre 2014

Si possono individuare tre diverse questioni, al centro delle quali la figura di Pasolini, di cui oggi ricorre il 39esimo anniversario dell’assassinio, continua ad essere rilevante per la nostra quotidianità indipendentemente dal dichiararsi concordi o meno con il profilo interpretativo che egli proponeva.
La prima riguarda le questioni sollevate da Pasolini negli interventi scritti, soprattutto quelli dei suoi ultimi anni di vita (poi ricompresi in Scritti corsari e in Lettere luterane). Sono i temi della fine del mondo contadino, della eclisse del mondo popolare, dell’avvento e della supremazia di un’economia del consumo dove povertà e miseria delle classi popolari sono interamente stravolte nei consumi.

La seconda riguarda il ruolo pubblico che si ritaglia Pasolini, una fisionomia che somiglia a quella dell’intellettuale pubblico settecentesco e di cui nel corso del Novecento si sono progressivamente perdute le tracce. Ovvero, per riprendere Zygmunt Bauman la metamorfosi dell’intellettuale da propositore di progetto, da “legislatore”, a “commentatore” a “interprete”.
La terza è collegata alla seconda e forse è quella che rende più attuale la questione Pasolini. Riguarda lo stato di salute della stampa oggi. Pasolini ha avuto sempre un luogo dove scrivere e comunicare. Un luogo che non era suo. Pasolini, infatti, trovava ospitalità in testate spesso lontane dalla sua sensibilità, senza subire censura. Furono testate e periodici di natura diversa e anche di tendenza politica diversa: “Vie nuove” settimane illustrato di notizie del Pci, giornale a carattere nazional-popolare; “Tempo” settimanale di area laica; “Paese sera” quotidiano di sinistra e su cui interviene criticando radicalmente l’impianto culturale della contestazione studentesca; il “Corriere della Sera” nel periodo della direzione Piero Ottone. La linea editoriale di queste testate non era mai  sintonia con Pasolini, eppure nesuno lo ha mai  espulso, censurato o zittito su quelle pagine.

Lo scandalo Pasolini aveva valore e senso su due piani. Il primo era riferito a ciò che scriveva Pasolini (per i temi, ma anche per lo stile). Il secondo era in relazione al margine di autonomia che gli era garantita senza che per questo si profilasse una politica di scambio. In altre parole: la libertà di scrittura di cui godeva.
C’è oggi nella stampa italiana d’opinione la stessa libertà? Ed è solo un problema di libertà dello scrittore o di format? Riguarda la qualità della riflessione degli intellettuali? Quanto sono (siamo) conformisti anche sotto le mentite dell’anticonformismo o del presunto “pensare audace”?

 

(L’immagine è tratta da un’opera di Tommaso Pincio, “Ritratto di Pier Paolo Pasolini con lucciole”)

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CAT: Letteratura

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