Macron, Brigitte, e gli amori ipergamici nella tradizione letteraria francese
La vicenda sentimentale che lega il nuovo Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron e la sua ex insegnante di lettere Brigitte Trogneux ha catturato la curiosità del vasto pubblico. Notevole il divario d’età tra i due, audace la loro liaison certamente, ma non estranea a una certa tradizione letteraria d’Oltralpe. È una vicenda che sembra essere iscritta d’emblée nel solco dell’elogio della donna matura, per riprendere il titolo dell’opera del romanziere ungherese Stephen Vizinczey (“Elogio delle donne mature”, Marsilio 2003) opera che, scritta in inglese nel 1965 e pubblicata a proprie spese in Canada, solo quando viene tradotta nel 2001 in francese e pubblicata nell’Esagono ottiene quella consacrazione planetaria che in genere arride a quei prodotti, siano i balletti russi, il cinema neorealista italiano o gli scrittori sudamericani, quando è l’intellighenzia francese a promuoverli dando loro una sorta di imprimatur e l’aura di un article de Paris.
In questo romanzo autobiografico il protagonista Andras Vájda cresce tra le amiche della madre subendone il fascino di femmes agées, di femmes mûres, e vi narra la sua giovinezza, particolarmente la scoperta della sessualità e la sua attrazione per le donne « mature e piene d’esperienza». Uno dei punti di svolta di questo romanzo è quando Andras conosce la sua prima esperienza sessuale con Maya Horvath, la vicina di casa. Paralizzato dalla timidezza Andras si risolve a infrangerla ricalcando un passo del “Rosso e il Nero”, nel quale Julien Sorel si propone, forzando la volontà, di suicidarsi se non riuscisse a prendere la mano di Madame de Rênal allo scoccare delle ore, le dieci di sera. È una delle scene più erotiche della letteratura mondiale, priva peraltro di descrizioni esplicite ma forte di una situazione scenica carica di tensione, elettrica. I personaggi sono in tre, il giovane non ancora ventenne, la donna matura da sedurre e la cugina di costei che non si accorge di nulla. Il terzetto si trova in una sera d’estate sotto un tiglio immenso, profumato, immerso nelle brume notturne: da un lato il giovane precettore in progressione seduttiva, dall’altro la “femme de trente ans” madre di tre figli, borghese e timorata di dio. Sono di scena da una parte la “volontà di potenza” del giovane che piacque tanto a Nietzsche e dall’altra la cedevolezza all’istinto della mamma che non ha smussato definitivamente l’aculeo carnale. Allo scoccare delle ore la mano del giovane stringe quella di M.me de Rênal, che inizialmente si ribella per poi cedere languidamente; seguirà la scalata notturna del balcone, come in una scena di Shakespeare, e il raggiungimento del talamo della donna. Potenti ellissi, del tipo “ la sciagurata rispose”, chiudono la descrizione della scena amorosa.
Quanti anni separano Julien da Mme de Rênal? Non è detto. Sicuramente più di undici o dodici e forse più. Il figlio maggiore della donna, Alphonse, ha già undici anni. Ma Stendhal ci dà l’informazione fondamentale. «Mme de Rênal paraissait une femme de trente ans, mais encore assez jolie». Provate a dire: «sembrava una donna di trent’anni ma ancora molta graziosa» di una donna di oggi, generalmente considerata una ragazzina nonostante i recenti e goffi moniti degli orologi biologici del ministero della sanità. Ma così non era nell’Ottocento.
Lo schema dell’amore ipergamico si ripeterà nell’altro romanzo capitale di Stendhal “La certosa di Parma” dove il posto di Mme de Rênal sarà preso dalla volitiva Duchessa Sanseverina, l’indimenticabile Gina, un’altra femme de trente ans, che guiderà il giovane Fabrizio del Dongo nei maneggi politici del piccolo ducato, assegnando i suoi favori, come una contessa Castiglione ante litteram al conte Mosca, ma per favorire l’ascesa del suo protegé. Gina è donna di cui Stendhal si affretta ad annotare che «ebbe un’influenza decisiva sui destini di Fabrizio». Come Brigitte su quelli di Macron? Molti osservatori hanno sottolineato l’accorta regia della donna matura sul giovane astro nascente, già ad Amiens, in quella provincia dove Stendhal scrive «tutto procede lentamente, tutto si fa poco a poco» e da dove, dopo questa lenta fase di accumulo, tutti i giovani, nei romanzi francesi di ieri come nella realtà di oggi, muovono per raggiungere Parigi, la città vista come un alveare ronzante ove ciascuno cerca di «pomper le miel», e a cui i giovani ambiziosi come Rastignac in “Père Goriot” lanciano dall’alto del cimitero del Père Lachaise il guanto di sfida con le indimenticabili “parole grandiose”: «E adesso a noi due!».
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E però, per i calendari dell’epoca una “femme de trente ans” era una donna matura a tutti gli effetti. Dopotutto l’età media di vita era sui 40-50 anni, anche se il menarca, come ai tempi del neolitico, cadeva e cade a 10-13 anni, e il periodo fertile resta sempre quello, trentacinque, quarant’anni nel migliore dei casi.
E bisogna risalire proprio al Balzac, autore del romanzo “La donna di trent’anni”, della “Fisiologia del matrimonio”, di “Una figlia di Eva” e delle “Illusioni perdute”, ove si colgono le sue deliziose massime generalizzanti, che come sempre scolpiscono il reale con la forza dell’apoftegma scintillante: «Il cuore di una donna di venticinque anni non è più quello di una ragazza di diciotto, come quello di una donna di quaranta non è più quello di una donna di trent’anni. Vi sono quattro età nella vita delle donne. Ogni età crea una nuova donna». Giunta all’età di trent’anni «la donna chiede a un giovane di restituirle la stima che lei gli ha sacrificato. Lei non vive che per lui, se lui vuole la bella vita, non fa che ordinargliela gloriosa; lei obbedisce, prega e comanda, s’abbassa e si eleva, e sa consolare in mille occasioni, laddove la ragazzina non sa che gemere. Infine oltre tutti i vantaggi della sua posizione, la donna di trent’anni può farsi ragazza, giocare tutti i ruoli, essere pudica, e trarre bellezza anche da un’infelicità». Anche perché «tra un giovane uomo e una donna di trent’anni c’è un momento in cui i ragionamenti si riducono a uno solo, in un’ultima riflessione che si confonde in un desiderio e che gli dà forza».
Certamente c’è una captatio benevolentiae in questo Balzac teorico delle donne di trent’anni – presumibilmente le sue lettrici più affezionate – se è vero ciò che scriveva Albert Thibaudet (nella “Storia della letteratura francese” ) che «nel romanzo la donna è a casa sua» aggiungendo: «il romanzo sono le donne; generalmente scritto per loro, spesso su di loro, talvolta da loro».
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Ma è in Flaubert che la donna matura celebra il suo trionfo. Di questo ho già detto qui.
Si dirà che nella vicenda sentimentale tra il giovane Presidente della Repubblica francese e la sua attuale moglie il divario di età si è allargato di molto. Che importanza ha? Come diciamo noi in Italia, una volta fatto trenta puoi fare anche trentuno.
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