Renzi sa cosa le dico? Che la riforma della Rai è una cagata pazzesca!

28 Marzo 2015

Un giorno di molti anni fa, in un affollato Transatlantico e quindi con la massima disinvoltura, Paolo Romani, forzista di peso che si occupava di Rai, mi mostrò un librone. Era un vero librone, pagine, pagine e pagine. Conteneva due liste, niente altro che due semplicissime liste: da una parte, disposti su una fila, tutti i nomi dei giornalisti, dall’altra, altrettanto ben disposti, i partiti politici di riferimento. A ogni nome corrispondeva una sigla, nessuno ne era privo. Tutti avevano una segnalazione, tutti una raccomandazione, tutti un partito a cui dire grazie. Anche se sapevo perfettamente che moltissimi giornalisti Rai erano stati piazzati dai partiti, qualcosa non mi convinceva. Sapevo con altrettanta consapevolezza che diversi colleghi, soprattutto tra i più giovani, erano stati assunti per concorso o tramite le scuole, per cui quella raccomandazione politica mi puzzava, non era giustificata. Quando glielo feci presente, Romani rispose serenamente: «Noi mettiamo il bollino a tutti, anche a quelli che non piazziamo direttamente. La schedatura completa è una necessità, ci serve quando poi dobbiamo ridiscutere la spartizione dei posti».

Quello era un librone condiviso, nel senso che una copia – la stessa copia, con gli stessi nomi, le stesse appartenenze politiche – era anche nelle mani della sinistra. L’idea di schedare tutti aveva la funzione di bilanciamento in tempo di pace, durante la gestione corrente di ogni esecutivo, e poi di eventuale riequilibrio quando la maggioranza di governo fosse cambiata. Negli anni quella pratica non è cambiata, anche se oggi nessuno si permetterebbe più di sfogliare allegramente il libro delle raccomandazioni di fronte a un relativamente sorpreso cronista. Negli anni, però, gli innesti “puliti” all’interno dell’azienda sono certamente aumentati, grazie anche alla debolezza della politica che in qualche misura ha dovuto arretrare di un passo rispetto all’indecoroso passato.

Adesso, la nuova riforma Rai targata Renzi. È divertente assistere giorno dopo giorno alla creazione delle riforme renziane, perché in qualche modo restituiscono anche un certo orgoglio al semplice cittadino che crede di vivere in un pesantissimo inferiority complex rispetto al suo governante, perché pensa, magari ingenuamente, magari per timidezza, magari per senso di venerazione, che quel personaggio così di livello, così autorevole, così potente, farà necessariamente una grande Riforma e poi invece si accorge, anche in un modo rassicurante, che ha impastato un’enorme cagata proprio come avrebbe fatto lui, né più né meno.

È l’effetto opera d’arte contemporanea, quando il visitatore del museo si avvicina un po’ timoroso a quell’anguria posata su un piedistallo di ebano, che la targhetta certifica essere opera d’arte di un celebratissimo artista albanese, che per comodità chiameremo Sislej Xhafa, e se ne esce con un innocentissimo: «Ma questa la facevo anch’io!» e non c’è più il grande Bruno Munari ad ammonirti che “al massimo, la potevi (ri)fare anche tu”, visto che qualcuno ci aveva già pensato.

Ecco, gentile presidente del Consiglio, questa riforma della Rai avremmo potuto rifarla anche noi, ma purtroppo l’ha fatta lei, l’ha strombazzata lei, l’ha modellata lei come fosse rivoluzionaria rispetto alla mesozoica «Gasparri», e invece ne ripercorre malinconicamente i tratti al punto che qualcuno ne maligna persino il peggioramento. Ma che non migliori e non ammoderni questo si vede a occhio nudo, cambia qualche termine tecnico – oh già: il passaggio rivoluzionario da direttore generale ad amministratore delegato – e mette in carico a lei, all’esecutivo, la scelta del medesimo, senza altri passaggi intermedi come forse decoro avrebbe richiesto.

Non si capisce invero in quale passaggio, in quale interstizio della riforma, si nasconda il terzo segreto di Viale Mazzini, quello per il quale, secondo i suoi calcoli, gentile Presidente, i partiti dovrebbero smettere le grinfie sulla Rai, forse quella cosetta neopopulista del sindacalista all’interno del cda scelto dai dipendenti?

La Rai è irriformabile ed è destinata a spegnersi in un tempo più o meno lungo. Sarebbe buona cosa ufficializzarlo per decreto.

TAG: Matteo Renzi, riforma rai
CAT: Media

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