Nel nome delle Patrie

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9 Aprile 2022

“…egli non ama andar soldato, cerca l’esonero militare e non crede nelle virtù guerriere, ma piange appena ode gli inni della patria”

Leo Longanesi, Ci salveranno le vecchie zie?

 

 

L’arroganza dei guerrafondai per procura non conosce, ormai, limiti né freni.

Ci porterà, temo, dove deve portarci: nel migliore dei casi ad una stretta sociale senza precedenti sulle classi meno abbienti – già impoverite ma che ora potranno esserlo di più e con tutte le pezze d’appoggio “eticamente” necessarie – oppure ad una guerra mondiale dagli esiti spaventosi ma ugualmente giustificata in virtù della difesa dei valori occidentali. Che siano farabutti, ipocriti o coglioni non ha per me, sarò sincero, nessuna importanza.

Appartengo ad una fascia sociale e ad una categoria generazionale che, comunque la si metta, è fottuta. Ma forse è proprio per il mio essere hors de cause che continuo ad osservare con un certo divertimento – anche se so benissimo che non ci sarebbe niente da ridere – la bava alla bocca con cui questi personaggi si avventano contro chiunque non sia dalla parte giusta (che è, ovviamente, quella di chi agita la bandiera ucraina).

Se potessero – e spesso possono, visto che dalla “parte giusta” ci stanno tutti quelli che contano – imporrebbero a chiunque mostri anche il dubbio più lieve un TSO – quando si sentono in vena di gentilezze – oppure direttamente una pena detentiva commisurata a loro parere. Per me, abituato fin da tenera età, ad essere ritenuto uno spostato la cosa non costituisce problema. Sarebbe, semmai, un problema il contrario. In quel caso mi preoccuperei davvero. Penserei: “visto che loro mi considerano ragionevole, dev’esserci, nel mio ragionare, qualcosa che decisamente non funziona”. Così invece è tutto come sempre, tutto a posto. Questo però, me ne rendo conto, non può valere per tutti. Vedo ogni giorni dei poveracci meno abituati di me ad essere presi per matti che veramente danno di matto. Si agitano, si giustificano, argomentano e si ficcano in trappole micidiali nelle quali i loro interlocutori li attirano col formaggio come si fa coi topi. Una delle più praticate è quella della dicotomia “Invasore/Invaso” o “Aggressore/Aggredito”. Quando si sentono alle strette questi eroi neofuturisti conto terzi tirano fuori l’asso nella manica: puoi dire quel che vuoi su Zelensky, sull’Ucraina o su chi ti pare ma resta il fatto che abbiamo una nazione invasa e un aggressore. Con questo mettono al sicuro il bottino della loro stupidità e si trincerano contro ogni forma di intelligenza che, da quel momento, diventa solo intelligenza col nemico. A questa dicotomia fa seguito quasi sempre l’amica geniale: la parabola aurea del cretino intelligente che spopola presso i tenutari televisivi e che consiste in questo: se vedi una ragazzina aggredita da un bruto, tu te ne stai forse con le mani in mano? Ecco fatto. Se l’interlocutore accetta di entrare nella trappola per mordicchiare il formaggio, qualunque sia la sua risposta, è perduto. Perché se accetta la metafora e risponde, perfino con buon senso, che quella ragazzina non la si aiuta certo dandogli una lima per le unghie si espone alla ribattuta: allora armiamola meglio possibile e, se è il caso, mettiamoci l’elmetto e andiamo ad aiutarla. E siccome chi lo dice non ha orrore di se stesso (altrimenti non avrebbe usato questa metafora) il discorso diventa a quel punto una slavina inarrestabile verso il macello generalizzato. Oppure una debacle. Ho visto scivolare in questa trappola anche persone la cui intelligenza è, a mio avviso, fuori discussione, come Tomaso Montanari o Carlo Rovelli. Ma loro, per l’appunto, ci tengono a non venire definiti spostati. Al contrario quelli come me, che sono spostati a furor di popolo e non ci tengono a dimostrare il contrario, non si sognano neppure di mordicchiare il formaggio, rispediscono al mittente la similitudine e suggeriscono a chi la usa di ficcarsela nel culo.

Perché? Per tre ragioni.

Perché è orrenda (che è, direi, decisivo) perché è disonesta (che non guasta) e perché prima di tutto è priva di senso.

1) Laida. Non meno dell’altra stronzata con cui per anni ci ha rallegrato le serate il cavalier Berlusconi: quella del governante come pater familias dei governati.

2) Disonesta. Perché chi la usa non si pone il problema della sua sensatezza ma lo fa unicamente per mettere (secondo lui) all’angolo il nemico.

3) Priva di senso. Perché ipostatizza un concetto, qual è quello di NAZIONE, e lo riferisce a un essere umano. Trasforma indebitamente una idea astratta in un organismo vivente. Con tutto ciò che ne consegue.

E’ solo un “modo di dire”? No perché una metafora cosi scalcagnata, che non funzionerebbe neppure in un videogioco (figuriamoci in quello che dovrebbe essere un ragionamento geopolitico) comporta delle conseguenze logiche spaventose.

Chi pratica questa metafora assume infatti la NAZIONE come un “corpo” (vivente) privo di contraddizioni e di conflitti al suo interno.

Ma un essere vivente non entra in guerra con se stesso: una nazione può farlo e lo ha fatto innumerevoli volte. Questo perché la parola NAZIONE non fa riferimento a nulla di neppur vagamente concreto, compatto, organico e unitario ed è dal farlo che discende il falso sillogismo che porta sempre al nazionalismo e alla isteria fascista della NAZIONE come CORPO MISTICO. Nazione è una parola che non definisce – e non DEVE definire – altro che un’astrazione: quella di un’enclave artificiale e puramente ideale al cui interno hanno luogo – ad ogni momento – conflitti sociali ed economici che la tengono in perenne contraddizione con se stessa.

Perciò tra un poveraccio inglese e un poveraccio ucraino vi sono molti più punti di contatto di quanti mai ve ne potranno essere tra un poveraccio inglese e la regina d’Inghilterra.

Perciò tra un poveraccio russo e un poveraccio ucraino vi sono più punti di contatto di quanti mai ve ne potranno essere tra un poveraccio russo e un Putin o tra un poveraccio ucraino e uno Zelensky. Ragion per cui gli interessi del poveraccio inglese, di quello russo e di quello ucraino potranno anche coincidere (e lo faranno facilmente se non si lasciano rimbambire dall’ideologia nazionalista) ma in nessun caso coincideranno mai con l’interesse della regina d’Inghilterra. Salvo che nella visione del mondo di Tartufo.

Non c’è dunque, e non può esserci, nessuna “bambina” brutalizzata perché, se si parla di conflitti tra NAZIONI non vi è alcun CORPO da brutalizzare. Bisognerà sempre chiedersi invece chi (quale corpo vivente) sarà realmente brutalizzato, chi (quale corpo vivente) trarrà davvero vantaggio da una “difesa” militare di una delle nazioni in conflitto e chi invece (quale corpo vivente) in quella “difesa” sarà immancabilmente mandato al macello.

Se non ci si chiede questo si precipita fatalmente nella barbarie nazionalista.

Ma è proprio questa la domanda che, ostinatamente, è taciuta.

E da questo deriva tristemente la contrapposizione, canagliesca ipocrita o manichea – forse però tutte e tre le cose insieme – che recita la nenia perenne:

“Aggredito vs Aggressore”.

Nenia che, perseguita fino in fondo, fatalmente ci porterà alla catastrofe.

TAG: crisi ucraina, Cultura, giornalismo, italia, politica, Unione europea
CAT: Media, società

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