Offese a Fedez e Ferragni, “Sui social si puo” ma c’è chi dice no!

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25 Ottobre 2019

Il rischio è che si sia toccato un punto di non ritorno, una sorta di nulla osta all’insulto libero sui canali social.

Fa discutere la decisione della Pm della Procura di Roma Caterina Sgrò di chiedere l’archiviazione per le offese che Daniela Martani ha rivolto al cantante Fedez e alla moglie Chiara Ferragni attraverso il proprio account Twitter.

I fatti: l’ex hostess e concorrente del Grande Fratello aveva definito la coppia più cliccata dello showbiz «idioti e palloni gonfiati», in reazione alla festa di compleanno del rapper in un supermarket milanese  durante la quale era stato lanciato del cibo. Vicenda per cui Ferragni e Fedez avevano chiesto pubblicamente scusa.

Archiviazione, quindi, perché sui social si scrive “fuori da qualsiasi controllo”, anche utilizzando “termini scurrili”.

Il reato di diffamazione non si configurerebbe, in sostanza, perché il contesto dei social in genere “priva dell’autorevolezza tipica delle testate giornalistiche o di altre fonti accreditate tutti gli scritti postati su internet”.

La decisione della Procura di Roma ha scatenato una polemica rovente e pone una questione sia sul piano comunicativo che legale.

Abbiamo deciso di approfondire quest’ultimo aspetto con gli avvocati Alessandro Polettini e Maddalena Valli (Studio Legalitax) e con il penalista Gregorio Cavalla.

Avvocato Polettini come giudica questa richiesta?

«La posizione della Procura di Roma, secondo cui la “generalità degli utenti non dà peso alle notizie che legge” in rete e le “espressioni denigratorie” che possono offendere una persona “godono di scarsa considerazione e credibilità” e “non sono idonee a ledere la reputazione altrui”, pone molti dubbi.  E non solo rispetto alla tutela della reputazione delle persone, anche minori, ma anche delle aziende che sempre di più affidano ai social media la loro comunicazione. È infatti assolutamente discutibile l’assunto da cui muove la Procura, secondo cui chi utilizza i social per esprimere le proprie opinioni sia privo di autorevolezza. L’intero fenomeno degli “influencer” ne è la prova: migliaia di persone, di qualsiasi ceto e condizione, e quindi non solo i giovanissimi utilizzatori dai social, sono in verità pesantemente influenzate dai giudizi di questi soggetti».

Ma quali tutele possono adottare le persone e, soprattutto, le aziende, per difendere la loro reputazione messa in tal modo a repentaglio? Si pensi ad esempio ad una campagna denigratoria nei confronti di un brand o di un prodotto, ma anche solo ad un giudizio pesantemente negativo espresso da un influencer di primo livello, seguito da milioni di follower?

“È fondamentale – precisa l’avvocato Valli –  che le aziende si dotino di idonei strumenti di tutela, anche legali e comunicativi. Penso all’adozione di Social Media Policy, la stipula di adeguati contratti con gli influencer, massicce azioni di contrasto attuate mediante i medesimi media utilizzati dagli haters (ovvero i diffamatori online). Fermo restando comunque il diritto di promuovere azioni civili per il risarcimento dei danni e, nei casi più gravi, la denuncia alle autorità competenti”.

Per la Procura di Roma però le frasi della Martani non hanno una rilevanza dal punto di vista penale. Avvocato Cavalla cosa ne pensa?

«La posizione assunta dalla Pm sembra porsi in aperto contrasto con un consolidato orientamento della giurisprudenza di Cassazione (ex multis, si veda Cass. Pen. 4873/2016) in base al quale la pubblicazione di notizie o di espressioni cariche di dileggio sui social sono da considerarsi idonee ad integrare non solo la fattispecie base del reato di diffamazione, ma addirittura l’aggravante del medesimo prevista al 3 comma. Benché i social media non siano infatti assimilabili, a rigore, alla stampa – in ragione dei filtri editoriali e della presunta autorità della fonte – nondimeno essi rientrano nella nozione di ‘qualsiasi altro mezzo di pubblicità’ che compare al citato comma e risultano dunque idonei a ledere pesantemente l’onore, il decoro e la reputazione della persona, fisica o giuridica che sia, raggiungendo un numero potenzialmente illimitato di soggetti».

Una lettura evidentemente condivisa dai legali di Fedez e Ferragni che hanno deciso di impugnare la richiesta avanzata dalla Procura.

TAG: Alessandro Polettini, archiviazione, Chiara Ferragni, daniela martani, Fedez, ferragnez, Ferragni, Gregorio Cavalla, Influencer, Maddalena Valli, social network, twitter
CAT: Media, società

Un commento

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  1. lina-arena 4 anni fa

    Non credo che le parole usate dalla Martani si possono considerare come reato di diffamazione in quanto i due soggetti a causa del lavoro che svolgono e cioè di influencer sono personaggi pubblici con l’obbiettivo di influenzare la gente a comprare determinati oggetti oppure a compiere determinate cerimonie. Le nozze a Noto o i ricevimenti presso noti locali sono forme di pubblicità che ritengo siano soggette alla valutazione dei consumatori potenziali. Se per respingere l’informazione si fa ricorso ad una definizione che può colpire i soggetti interessati , non vedo l’offesa al decoro o alla dignità degli interpreti. Si tratta ormai di soggetti pubblici che sfidano la concorrenza e vorrebbero incidere sul comportamento consumistico dei privati cui si rivolgono. I commenti che vengono loro rivolti non colpiscono la persona bensì l’immagine che riversano sul pubblico dei consumatori ai quali non rimane che seguire l’esempio oppure bollarli come semplici idioti o banali o stupidi.Non credo che vi sia offesa personale. Semmai è la manovra pubblicitaria che viene consurata e respinta. In fondo, come fare per far capire che l’influencer non è stata convincente ed il pubblico non c’è cascato?Credo si trratti di un dialogo paritario sul piano delle presunte offese. Le querele non depongono a favore degli influencer.

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