I DOLORI DELLA GIOVANE PROSTATA

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13 Aprile 2016

Inizia come bubbolio lontano, un sussurro giù nelle profondità di te stesso, un mattino qualunque in bagno tra la prima lettura del giornale e la colazione.

Ci vogliono un po’ di giorni per rendertene conto e quando te ne accorgi, anche se ancora nemmeno lo fai ricadere nella categoria del fastidio, è già troppo tardi. Un po’ come i fenomeni youtube che non sai che esistono e quando vedi un video per caso sul wall di un tuo amico li noti tutti e scopri che tu eri l’unico pirla che ne ignorava l’esistenza.

Lei funziona nello stesso modo: quando senti un friccichìo sei già ostaggio di una colonia di 500.000 batteri presi a dar l’assedio alla Luogotenenza dell’Impero.

Giorno dopo giorno, per urinare devi avere sotto mano un calendario di Frate Indovino, in modo da bestemmiare più agevolmente tutti i Santi. Scopri di possedere muscoli pelvici che credevi prerogativa del solo Elvis Presley, muscoli che però ora non controlli e nel bel mezzo di un colloquio di lavoro ti chiedi che cosa sia quell’umido nei pantaloni.

E quando a letto, nell’oscurità, sei costretto – tu quoque – a simulare un mal di testa per ricacciare indietro l’abbraccio femminile desideroso di attenzione, vieni infine a patti con l’inesorabile. Devi incontrare Lui.

Lui, l’Oscuro Signore, il cui nome hai sentito sussurrare in certe toilettes maschili o hai origliato da bambino in alcune conversazioni a mezza bocca tra uomini adulti.

Ti accoglie con un sorriso di circostanza, cercando di convogliare la sua attenzione sul suo volto. Tutto inutile: il tuo occhio cerca le sue mani, studia le dimensioni delle dita mentre pensi ai pomeriggi del liceo a guardare VHS tenute nascoste sotto il materasso sognando un futuro alla Pippo Inzaghi, sempre sotto la curva ad esultare, una tacca sulla cintura dopo l’altra. E sembra ieri, eppure adesso sei lì, sul lettino dell’Urologo, con le braghe già calate, e il “respiri forte e spinga” e oplà, eccoti con due dita su fino alle profondità dell’Inferno, sconvolto perché da quel momento in poi niente nella tua vita sarà più come prima.

Prostatite. Tecnicamente, un’infiammazione della prostata che, essendo al centro della ragione sociale del cromosoma XY, annulla tutte le funzioni che hanno a che fare con l’antico mito della virilità maschile. Una prostata infiammata vuol dire imparare il significato di termini come minzione o tenesmo (il primo lo conoscete forse, del secondo non vi diciamo nulla per pudore). Vuol dire rinunciare a tante cose, in primis a vedersi il pirla ridotto a una specie di fagiolo borlotto con la pipa e gli occhiali da vista, che ti guarda dicendo “piuttosto che questa fine infame, Lorena Bobbit”. Vuol dire un gonfiore tale da darti sensazione di sazietà, come se ti fossi appena mangiato un hot dog che per una qualche ragione è finito dritto piantato nell’uretra. Vuol dire dimenticarsi della bicicletta e rinunciare al caffè, al thè, al pepe, alla birra, agli alcolici, al prosciutto, al piccante, ai pomodori e già che ci siamo anche ai latticini.

Vuol dire soprattutto precipitare in uno dei tanti buchi neri della medicina contemporanea, che, anche se non “gravi”, ti ribaltano la quotidianità e sono completamente sconosciuti: perché viene, perché va, perché – soprattutto – si riforma. Nel 2016 tutto ciò costituisce un mistero per la scienza, eppure la prostatite e’ la prima causa di visita urologica per i maschi sotto i 50 anni.

Per la scienza, già, ma non per chi vi sta vicino. Mentre tu fai fatica a sederti per le due punture al giorno di Rocefin che ti han prescritto, e che ti hanno traforato come farebbe il Barcellona di Messi contro la difesa del Milan di Zapata, ti senti dire “ahahah che vecchio che sei!”, anche se l’età non c’entra nulla. Oppure la tua compagna, che hai condannato a un’astinenza forzata sine die, si è documentata, e ha scoperto che tra le cause del contagio e’ inserito il rapporto anale non protetto da passivo, e ti guarda con quell’aria come a chiedersi se quella tua passione per Pasolini ecceda il mero culto per “Petrolio”, oppure più prosaicamente se sei affetto dalla sindrome Marrazzo. O ancora, devi sopportare lo sguardo greve dell’Oscuro Signore dal guanto intinto nella vaselina,  che in teoria dovrebbe aiutarti ma che invece, in virtù della sua affiliazione a CL, insieme alle compresse di Ciproxin e alle supposte di cortisone ti consiglia anche di andarti a confessare. A nulla serve andare a fare le colture dell’urina per dimostrare che no, tu batteri non ne hai e quindi sa Iddio perchè sei costretto a trascorrere le giornate con un bruciore come Marcellus di Pulp Fiction dopo la cura Medievale: per la medicina pubblica made in Lombardia l’etica individuale dipende in buona parte dall’anamnesi prostatica.

Col passare dei giorni – alcuni buoni (cioè perlomeno puoi sederti) altri meno (cioè prendi libri e coperte e ti trasferisci direttamente in bagno) – mentre vaghi per il mondo ostentando naturalezza in realtà non fai altro che chiederti se anche tra quelli sconosciuti c’è qualcuno che finge, che come te sa cosa significa l’estrema ratio del googlare “congelamento del seme”, dal momento che il seme, ormai, è da settimane materia per le telecamere di Chi l’ha Visto. No, in realtà fai anche qualcos’altro: passi ore su internet e al posto di Corriere e Repubblica trascorri ore e ore su prostatinforma o mypersonal trainer, leggendo storie di gente che fanno venire gli attacchi di panico, ragazzi di 30 anni finiti in un labirinto senza uscita di AAA (antibiotici, antinfiammatori, alfa-bloccanti) cercando disperatamente un modo per fuggire dal Minotauro incandescente. Fino a che poi, disperato, ti rivolgi alla medicina alternativa, e ti vengono somministrate pastiglie amarissime grazie alle quali la tua urina assume un colore tipo gelato al Puffo.

Ed e’ in quel momento che all’improvviso ti scopri a guardare le donne con occhi trasformati. Quel millisecondo iniziale di assestamento, quell’occhiata assolutamente tecnica in cui inserisci la persona che ti sta davanti da qualche parte in una scala che va da Belen Rodriguez a Rosi Bindi, non sai più cosa sia. Ne cogli i dettagli, ne apprezzi le sfumature e pensi che sì, tutto sommato quel colore di unghie le sta davvero bene e ma no, non me lo dire, ma hai cambiato colore di capelli oggi?

Come Daredevil, che quando perde la vista sviluppa gli altri sensi in modo eccezionale, la perdita del liquido prostatico ti fa lo stesso effetto. Ti rende umano. Paradossalmente, il rapporto di coppia rifiorisce, come in una manzoniana provvida sventura.

Ma non hai fatto in tempo a goderti appieno questa nuova versione di te stesso politicamente corretto, che senti l’impulso di andare al bar e litigare su un rigore non dato. Allora corri in bagno e si, la prova empirica conferma l’intuizione: Ecce Homo. Sei guarito.

Quell’angosciante sensazione di avere una caldarrosta impigliata se ne è andata. Tornato alle vecchie abitudini, tra una cassa di Moretti e una padellata di penne all’arrabbiata,  stabilisci nuovi record di abbruttimento maschile che vorresti tornare al liceo per raccontarli all’intervallo e diventare Leggenda (anche perché la tua compagna di cui sopra, dopo l’astinenza sine die, è sulla tua stessa lunghezza d’onda).

Ma dura poco. Un giorno qualunque sei di nuovo in bagno, alle prime luci del mattino ed ecco il bubbolio lontano, anche se il cielo è blu.

E tutto ricomincia, in un ineludibile, insopportabile, inesprimibile Eterno Ritorno.

TAG: prostatite
CAT: Medicina

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