Corrado Passera fra velleità sue e opportunismo professionale degli “amici”

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14 Marzo 2016

La corsa verso il nulla di Corrado Passera – candidato sindaco di una Milano che politicamente lo ignora, ma che dietro ci sorride su – ha assunto i contorni di una parabola umana triste e misera. Il signore perbene, il top manager senza verve né carisma ma che nella sua medietà – comune ai top manager para-statali come lui – aveva trovato un proprio spazio nella dimensione pubblica secondo-repubblicana, finito protagonista di una pièce ombelicale, a porte chiuse, con autori, registi, attori impegnati a dare corpo alla tragedia elettorale che fuori dalle quinte si sa essere appunto solo tragica finzione.

Ma non ce l’ha un amico, Corrado Passera, che gli sappia dire la verità? Non ce l’ha un parente che mosso da affetto disinteressato sappia ammonirlo dal ridicolo di cui si sta coprendo con questa vana, posticcia, velleitaria aspirazione ad un ruolo politico costruito su misura, a freddo, in laboratorio da una consorteria cinica e opportunista che lo ha illuso delle sue potenzialità, che ha marciato sulle sue disponibilità – economiche, relazionali – per assicurarsi incarichi retribuiti nello staff?

Saggia sembrava la scelta del già quasi ex Ministro Corrado Passera – beneficiario di quella popolarità “terza” che il governo tecnico bocconiano gli aveva conferito – di non intrupparsi come uno Zanetti qualunque nel velleitario progetto tecnocratico di Mario Monti. Ma non era saggezza, la sua – e si capì presto. Corrado Passera si sentiva leader. La sua consorte, first lady. Venne finanziato il progetto Italia Unica, steso un business plan elaborato da un team di consulenti – degnissime persone, per carità – che si ritenevano evidentemente in dovere di gestire gli italiani come un board aziendale fa con i propri dipendenti, cioè prescindendo da loro.

Studi legali internazionali, consultancy, accademici social-compulsivi si imbarcarono nel progetto Corrado Passera leader – allora l’ambizione era il governo del paese, non l’amministrazione civica milanese. E via col programmone, le convention, gli incontri territoriali tra pariolini incravattati con l’aspirazione di trovare un posto per sé nelle multinazionali rappresentate nel parterre economicamente ben attrezzato del circolo passeriano. E via anche con la costruzione mediatica della Golden Couple più-che-borghese – il Frank e la Claire Underwood di Porta Nuova. E le Prime della Scala, e le paparazzate glamour. E vabbé.

Eclissato per evidente velleitarismo il progetto nazionale, arriva la candidatura – precoce ai limiti del masochismo – a Sindaco di Milano. Precoce, poco ponderata, inutile. Perché poi fu l’arrivo partiticamente forte del gemello mediocre Beppe Sala, la sfida spiazzante del migliore – per cultura politica, efficacia manageriale, consapevolezza imprenditoriale – Stefano Parisi, ed il senso di una candidatura apolitico-manageriale che sfuma definitivamente via. Sfuma via per il mondo là fuori ma non per la macchina teatrale che il team Passera ha ormai avviato, e che in troppi hanno interesse personale a non fermare proprio ora che i soldi per la campagna si fanno tanti soldi. Soldi per i manifesti proto-leghisti, per i gazebo, la comunicazione, gli spazi pubblicitari, i libri, gli incontri con i blogger per la “campagna elettorale più innovativa della storia” (sì, così ha l’ardire di definirla chi quella finzione ad candidatum finanziatore continua rovinosamente ad alimentare).

Corrado Passera avrebbe bisogno di un amico, un amico sincero che lo porti fuori dalle quinte di questa finzione opportunistica di cui lui è vittima, non protagonista, e che durerà appunto finché i soldi non finiranno, finché il sipario elettorale non calerà e, come in Goodbye Lenin, l’ignaro si ritroverà solo, perdente, non più credibile per la sterminata raffica di cose disdicevoli che gli hanno fatto dire, che gli hanno fatto fare gli ipocriti (o stupidi?) ambiziosi, opportunisti che ne hanno lusingato le aspirazioni (sincere, si presume) a far del bene alla collettività.

Passera ha totalmente equivocato il ruolo che pure avrebbe potuto ritagliarsi. Un ruolo di innovatore sociale come quello che i veri innovatori – sociali e politici – hanno assunto nelle realtà più evolute come la Gran Bretagna della Big Society e dei progetti di Geoff Mulgan (già artefice del rinnovamento generativo alla base della Terza Via di Tony Blair e già da diversi anni animatore di Nesta), della Greater Manchester e della società – non della politica – che si fa motore di cambiamento. Avrebbe potuto essere quello che, grazie al know how ed alle relazioni nel mondo finanziario, grazie alla passione per la modernizzazione e le energie rintracciabili qui e lì nelle nostre sempre più articolate aggregazioni sociali, avrebbe davvero potuto farsi protagonista di qualcosa di nuovo e autenticamente benefico per il suo paese. Evidentemente non ne era all’altezza. Nulla di male. Ma per il suo bene, e per sincera compassione, ci sentiamo in dovere di insistere: la chiuda qui, Mr Passera, e speri che prima o poi questa rovinosa pagina della sua biografia personale venga dai più dimenticata.  La piccola Eugenia  gliene sarà grata. Auguri sinceri!

@kuliscioff

In copertina, Corrado Passera, foto tratta dal profilo Facebook di Italia Unica

TAG: Big Society, Geoff Mulgan, Greater Manchester, Italia Unica, parisi, Passera, Sala
CAT: Milano

Un commento

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  1. alfio.squillaci 8 anni fa

    Ritratto efficacissimo e spietatamente vero. Ho conosciuto il Passera manager. Nessuno avrebbe previsto l’impazzimento attuale. E’ come quegli Ammiragli in pensione che si mettono a scrivere il romanzo della loro vita e sono convinti di aver scritto un capolavoro. Dio fa impazzire coloro che vuole perdere.

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