Il Pronto Soccorso del Sacco di Milano avrà più infermieri

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3 Marzo 2018

Venerdi 2 Marzo. Mancano trenta minuti alle 15.00.

Con la mia moto sto raggiungendo l’ospedale Sacco di Milano. Per la seconda volta in sei giorni. Sabato scorso, accompagnato da Vincenzo De Martino il segretario provinciale della Federazione italiana autonomie locali e sanità (Fials) e dal vice Presidente della commissione Sanità della Regione Lombardia, Angelo Capelli, relatore della nuova legge di riforma sulla sanità, avevamo trovato il Pronto Soccorso del Sacco oberato di lavoro. Un nugolo di malati sulle barelle, personale medico e infermieristico sotto stress. Tanti pazienti, poco personale, che però si dannava l’anima per offrire il massimo dell’attenzione ai pazienti.

Mentre risalgo  la strada per arrivare al nosocomio milanese, continuo a pulire il vetro della moto. È zeppo di neve. Le mani si ghiacciano, via via che passano i minuti. Ad un certo punto mi precede un Tir. Sopra sta scritto: cold line. Quando sto per arrivare sulla sopraelevata a ridosso del Sacco ho la certezza di non sentire più le dita. “Ma perché lo faccio”? – mi domando.

Non posso raccontare gli odori di un ospedale, né il clima che si respira quando  si annuncia con poche ore di preavviso un’ispezione di un consigliere regionale della commissione Sanità. Posso dirvi che ad accoglierci c’è un sacco di gente. C’è il primario Stefano Guzzetti. C’è il direttore Sanitario Tommaso Saporito, il direttore medico di presidio Pietro Olivieri, il direttore medico uscente Lucia Dolcetti responsabile del sistema qualità, il direttore del Sitra (Servizio infermieristico) Cristina Meroni e il coordinatore sanitario (capo sala) del Pronto soccorso Mariantonietta Maltana.

Fuori dal Pronto Soccorso che ci apprestiamo a visitare continua l’ondata di gelo e di neve. Dentro invece per prima cosa ci viene indicato uno schermo televisivo in cui sono segnate 14 persone in attesa e 59 che sono state congedate. Dentro il reparto di Pronto Soccorso le barelle in corridoio sono diminuite. Le stanze sono pulite. E in un reparto ci sono 9 persone seguite da personale medico e infermieristico.

“Perché sono qui?”  – me lo ripeto come un mantra.

Ad un certo punto Maria Antonietta Maltana, nota a tutti come Etta,  comincia a confabulare con me. Sono il “giornalista”, sono quello che poi racconterà.

“La prego lo racconti che ho una equipe di Operatori socio sanitari meravigliosi. Lo racconti che malgrado i mille problemi, noi ci crediamo. Lo riporti che qui lunedì scorso quando c’è stato l’incendio in un vicino stabile di Quarto Oggiaro,proprio sul cambio turno, nessuno ha lasciato il lavoro malgrado la durissima mattinata. Lo racconti che tutti sono rimasti a lavorare fuori dal loro orario di servizio per prestare soccorso a chi aveva bisogno.”

È in quel momento che mi rendo conto perché anziché starmene con il culo su qualche comoda seggiola in albergo o in teatro ad ascoltare la fine campagna elettorale di qualche politico  sono invece lì dove i problemi la politica dovrebbe risolverli. Per ascoltare la parte migliore del Paese. Quella che lavora anche fuori orario ed ha un senso dello Stato e del servizio per gli altri, fuori dal comune. Anche se da contratto avrebbero potuto lasciare il proprio posto ai colleghi del turno successivo gli operatori socio sanitari in turno dal mattino hanno deciso di affiancare quelli del secondo turno.

Il clima, inizialmente cordiale, si surriscalda attorno alle 15.40. Per due ordini di motivi.

De Martino e il segretario Fials aziendale Davide Monterisi tecnico radiologico e il componente della Rsu Fials Michele Villani, infermiere, che ci hanno raggiunti, chiedono due cose. L’aumento del personale infermieristico, soprattutto notturno, perché sottorganico. E maggiore sicurezza poiché il pronto soccorso del nosocomio è  stato oggetto di alcuni raid di microcriminalità che hanno messo a rischio l’incolumità fisica e psichica di alcuni dei professionisti che lì ci lavorano. Il diverbio più acceso, in una ridda di parole durata quasi un’ora, vede protagonisti il Direttore Sanitario Saponaro (“non ho risorse, ma stiamo intervenendo” , continua a ripetere) e l’avvocato e consigliere Capelli il quale oppugna che almeno l’aumento del personale infermieristico richiederebbe semplicemente “la buona volontà anche solo per qualche mese” per venire incontro ai bisogni del personale. Monterisi, De Martini, Villani increduli nel trovare finalmente qualcuno che li sostenga accusano il Direttore di essere stati abbandonati. Sventolano una lettera in cui fanno vedere che dal 2016 è in corso la richiesta per l’incremento del personale. Poi attorno alle 16.30 fanno vedere che alle 16.00 è arrivata una lettera della Direzione Generale che garantisce che si sta provvedendo a risolvere la questione.

Etta, sorriso che non conosce confini, minuta, ma decisa come sanno essere le donne, si avventa sulla diatriba: “Però ditelo, scrivetelo che ho una equipe meravigliosa che lavora anche tra mille criticità”.

Il Primario già da un’ora ci ha lasciati mentre sul campo sono rimasti il direttore medico di presidio Pietro Olivieri, il direttore medico uscente Lucia Dolcetti responsabile del sistema qualità, il direttore del Sitra (Servizio infermieristico) Cristina Meroni. Quest’ultima cerca di mediare. Capisce le esigenze degli infermieri, ma deve anche tutelare il buon nome dell’ ospedale. Sta in mezzo al fuoco incrociato, tra incudine e martello. Ogni tanto sbircia i miei appunti. La Dott.ssa Dolcetti invece mi spiega che il problema è anche quello di trovare medici che siano disponibili a lavorare in Pronto Soccorso. Perché quello è il fronte. Lì si lavora in emergenza perenne e un medico ha il compito di rendere veloce lo smaltimento dei pazienti, stabilendo chi deve restare ed essere eventualmente ricoverato e chi invece può proseguire a casa la terapia. Sempre che, dentro questa complessità, ci sia a casa un supporto sufficiente per il singolo paziente.

Capelli nel frattempo fronteggia il direttore Sanitario: “Le conviene avermi qui come consigliere più che come avvocato: in questo ruolo se volessi cavillare sa perfettamente che troverei il modo di individuare diversi problemi su cui intervenire. Trovare una soluzione al problema degli infermieri è una questione di volontà che si potrebbe risolvere in un quarto d’ora. Uscito di qui e svoltato l’angolo. Si potrebbe risolvere anche con una rotazione interna, anche per tre o sei mesi”.

Sarà perché nevica forte e ho nel frattempo ritrovato l’uso delle dita. Sarà perché  c’è  un bergamasco prestato alla politica come Capelli che incontra un direttore Sanitario calabrese e un sindacalista napoletano, sarà perché ci sono le elezioni, sarà che un consigliere regionale uscente conta poco ma un avvocato penalista inficia di più; com’è che accade non lo so, ma dopo circa un’ora arriva questa dichiarazione di De Martino:

“Grazie all’intervento odierno del vicepresidente della Commissione Sanità e Politiche Sociali di Regione Lombardia la situazione si è sbloccata e abbiamo raggiunto un accordo di massima”

“Lunedì – aggiunge De Martino – saremo ricevuti dal dg Alessandro Visconti per l’ufficialità dell’accordo, che non consideriamo una soluzione definitiva ma il potenziamento dell’organico. Torneremo alla fine del prossimo mese, con l’avvocato Capelli, per fare il punto della situazione”.

Dunque i sei infermieri diventeranno almeno nove. Vedremo se aumenteranno anche gli operatori socio sanitari. Etta mi marca a donna e anche in fase di congedo ribadisce il suo mantra: “Mi raccomando, dica della mia equipe….”

L’intesa consiste dunque nell’avvio delle procedure per l’integrazione di tre unità infermieristiche  utili a potenziare l’organico, assicurate dal Direttore Sanitario e dal Direttore medico uscente, d’intesa col Direttore del Sitra, e nell’integrazione delle figure dei medici accettanti, unici in grado di accelerare le procedure di valutazione per la presa in carico dei pazienti che si presentano al Ps. La cui mancanza, allo stato attuale, comporta l’aggravio del lavoro del personale infermieristico col prolungamento del tempo di permanenza dei degenti e della densità di presenza di pazienti nel reparto.

“Un’integrazione – spiega Capelli – che non comporta un particolare aggravio per l’Azienda vista la contestuale presenza di un infettivologo e di un ortopedico in qualità di consulenti che potrebbero essere resi, magari a tempo, medici accettanti, e che pertanto ci si augura sia di immediata attuazione. Oltre che dell’aggiunta di Operatori socio-sanitari il cui lavoro nel reparto è molto apprezzato”. Quest’ultima frase, sugli operatori socio sanitari,  indovinate chi l’ha suggerita.

TAG: Angelo Capelli, infermieri, Ospedale Sacco, Tommaso Saponaro
CAT: Milano

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